mercoledì 4 aprile 2012

Il filo

Chissà se Günter Grass scriveva già poesie ai tempi in cui vestiva l’uniforme delle Waffen-SS, chissà se anche allora, come oggi, aveva tanto a cuore la pace mondiale. Se sì, avrebbe potuto scrivere già allora i versi che ci offre oggi: la pace mondiale è minacciata dagli ebrei, scrive, ed è quello che avrebbe potuto scrivere già allora, perché la tesi che gli ebrei fossero una minaccia alla pace mondiale era quella portante del Mein Kampf, che le Waffen-SS erano tenute ad avere in fondo allo zaino, tra due cambi di mutande e la maglia di lana pesante. La vita può trasformare un ragazzino della cazzuta gioventù hitleriana in un bonario cazzone socialdemocratico insaccato in amabile tweed e mite velluto a coste, può rivoltare un uomo come un guanto: di fatto non scompare il filo antisemita che ne cuce insieme le sagome. 

95 commenti:

  1. Se un pezzo di m. porta il crocifisso o il corano, è un pezzo di m. Ma se porta la chippà Malvino lo difende a prescindere. Che sia coda di paglia? Qualche idea di gioventù da farsi perdonare?

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    1. Molte inesattezze. Se un ebreo è un pezzo di merda, è un pezzo di merda. Ritengo tali, per esempio, gli ebrei ultraortodossi che in Israele sono quasi il 10%. Resta il fatto che Israele è al momento un paese democratico, la cui esistenza è messa in discussione da un gran bel mucchio di pezzi di merda. Mai stato antisemita, comunque. Tanti anni fa ero di destra, per esempio, e cercavo disperatamente di convincere i miei amici missini che Nietzsche non fosse affatto l'antisemita che sua sorella e suo cognato avevano costruito.

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    2. Il fatto che Israele sia democratico non lo scusa se commette delle malefatte. Gli USA sono un Paese democratico ma non per questo buona parte di quello che hanno combinato in Vietnam non e' crimine di guerra.

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    3. Non mi pare che Israele abbia commesso malefatte, punto.

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    4. Allora deve essere per i sensi di colpa dovuti all'endocoloniasmo antisemita che esistono associazioni come "Breaking the silence", formata da ex-soldati israeliani con l'obiettivo di rompere il muro di silenzio intorno alle violenze e alla politica di colonizzazione.
      Ah, di cosa è capace la propaganda, pure quelli che non hanno fatto che difendere il loro paese si sentono in colpa per malefatte che non hanno commesso.

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    5. tralasciando questioni di fondo, e come tali sempre opinabili (tipo ospitare milioni di apolidi sul proprio(?) territorio con pochissimi diritti civili), non ha mai notato una certa sproporzione tra l'offesa e la difesa? Banalmente leggendo due numeri, senza tornare ai tempi di Arafat bastano quelli di 'piombo fuso'.
      Perchè se l'essere minacciati è condizione sufficiente per ogni tipo di reazione, allora anche un Guantanamo è un capolavoro. Mandando magari in vacca secoli di 'civiltà'.

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  2. E' vero, e neanche Wagner forse.

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    1. Wagner, invece, sì. Ma è difficile sentire il suo antisemitismo ascoltando le sue composizioni: bisogna sapere che è Wagner e concentrarsi sul suo antisemitismo.

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    2. Voglio chiarire che non sono certo antisemita: uno scienziato non può credere alle razze. Però altra cosa è l'antisionismo, come dice Noam Chomsky, il mio maestro. Il progetto dello Stato ebraico si basa sul principio che la Palestina sia stata destinata da Dio a Israele.
      [L'intervistatore: Theodor Herzl, il fondatore del sionismo era un laico.]
      Non importa, il risultato è che oggi Israele è uno Stato fascista.
      (dall'intervista di Mauro Baudino, Piergiorgio Odifreddi: "Fieri di non credere", La Stampa, 1 marzo 2007, p. 42)

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    3. Non si può essere lucidi sempre. Su Israele, ahilui, Odifreddi spara cazzate.

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  3. ottimo post, malvino. le posizioni espresse da gunther grass fanno ribrezzo, e mi pare un'ottima cosa la tua sensibilità nel sottolinearlo. leggo su haaretz che der spiegel dedica più di 10 articoli fortemente critici, di aperta sconfessione delle tesi di Grass. e meno male..

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  4. Si trovi la differenza tra le seguenti affermazioni:
    -"Gli ebrei sono una minaccia per la pace mondiale".
    -"Lo Stato di Israele è una minaccia per la pace mondiale".

    La prima è una considerazione basata su assunti razzisti, la seconda su considerazioni politiche.

    Non credo si possa negare che Israele sia effettivamente un elemento destabilizzante nel quadro geopolitico del Vicino Oriente. Che abbia o non abbia diritto ad esserlo è tutto un altro discorso.
    Personalmente non ho simpatia né per i Palestinesi né per l'Iran, e credo che le politiche israeliane non siano ingiustificate.

    Però non è che ogni tentativo di critica sia mosso solo da nostalgici del terzo reich o da comunisti smidollati.

    Certo, nel caso del buon Günther Grass viene spontaneo sospettare che egli possa rientrare in entrambe le succitate categorie.

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  5. In questo caso e altri casi mi pare che lei caschi in un equivoco piuttosto comune. L'equivoco è esprimibile nell'equazione: "critica alla politica di israele"="antisemitismo". Questo non accade mai in nessun altro caso. Se io criticassi la politica dell'Iran nessuno si sognerebbe di accusarmi di razzismo nei confronti degli iraniani, per esempio.
    Accetto pur non condividendolo il suo punto di vista, cioè la difesa (aprioristica talvolta, mi pare) di Israele e delle sue scelte. Trovo errato invece ricondurre qualsiasi critica ad Israele all'antisemitismo.

    Non conosco il tedesco, ma cercando la stringa "jud" nel testo della poesia non trovo nulla, mentre trovo "isra". Se, come mi pare, il termine "ebreo" non è mai citato nella poesia e in essa si parla solo di Israele, è disposto ad ammettere che la frase "la pace mondiale è minacciata dagli ebrei" è un tantino imprecisa e dovrebbe essere "la pace mondiale è minacciata da Israele"?

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  6. anche dal comune amico GIANS ho fatto notare quello che giustamente osservi

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  7. Grass e quelli che hanno un passato come il suo dovrebbero avere la decenza di starsene zitti su certi argomenti.
    Una questione: è cavilloso distinguere tra ebrei e Israele?
    Mi sembra che siano proprio gli ebrei non israeliani ad insistere su questo eppure non se ne tiene quasi mai conto o se lo si fa si viene tacciati di antisemitismo, antisionismo e compagnia.

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  8. Guenter Grass è un vecchio trombone: credo non si sia più ripreso dalla bastonata che ha preso quando, lui da solo e pochi altri, si opponeva all'unificazione dei due stati tedeschi. Esponente della tipica sinistra paternalista che sa meglio dei diretti interessati quello che è bene per loro, è stato sorpassato da un referendum popolare che quell'unificazione l'ha voluta. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: non è stata la catastrofe che lui, paranoico, s'immaginava.
    Detto questo, ancora prima di constatare che per scrivere questa poesia non è occorso nessun "coraggio", come asserisce qualcuno, perché è semplicemente infarcita dei più ovvi luoghi comuni che costituiscono il patrimonio, ahimè, di gran parte della sinistra odierna e che in Italia un qualsiasi redattore mezzasega del "Manifesto" potrebbe snocciolare come un rosario, vorrei puntualizzare che è una poesia di merda, stilisticamente un aborto, e che al confronto le poesie più propagandistiche di Brecht sono veri e propri capolavori. Quello che mi sconforta di più, però, sono i commenti in calce nella pagina della Sueddeutsche Zeitung che hai linkato, da dove emana una certa puzzetta a malapena trattenuta. I pochi commenti dei lettori che tentano di spiegare come stanno le cose vengono indicati come sgraditi dagli altri - come quello che fa dell'ironia e mostra l'assurdità della furia anti-israeliana del vecchio tricheco: "Sì, la dittatura di Israele deve finalmente essere limitata, perché mette in dubbio il diritto all'esistenza dell'Iran democratico e finanzia, con i suoi petrodollari, terroristi ebrei che ogni giorno lanciano razzi su Teheran e minacciano l'annientamento dell'Iran". Per il resto sono banalità e lepidezze sconfortanti del tipo: non abbiamo il diritto di immischiarci nelle questioni dell'Iran solo perché ha una forma di stato e un'ideologia che a noi non piace (e giuro: un commento così c'è davvero).
    Grazie dell'ospitalità, Malvino.

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  9. Gunther Grass dimostra di essere della stessa pasta di Gabriele De Rosa, giovane autore (fascista) di "La Rivincita di Ario" e poi maturo barone universitario (cattolico), tra i cui allievi non se ne trova uno che parli in maniera accettabile di Israele. Per inciso, De Rosa non ha mai visitato lo Yad Vashem, che per uno storico contemporaneista e' una cosa quantomeno bizzarra.

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  10. Su Israele, per me, sbagli clamorosamente. Ma mi fa piacere leggerti pure quando, come stavolta, mi fai incazzare.

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  11. Ti darei anche ragione sul fatto che Israele è uno stato democratico minacciato da un grosso mucchio di pezzi di merda, ma poi mi chiedo cosa abbia portato dei russi degli americani, degli italiani e altro, accomunati dalla fede ebraica, a tentare un innesto nel cuore di quella terra popolata da pezzi di merda e cosa abbia portato la comunità internazionale ad avallare quella cosa folle della "creazione" dello stato d'Israele.

    Dovunque fossero andati quegli americani, russi, tedeschi di fede quelchel'è, coi loro soldi a "creare uno stato" avrebbero portato guerre, tranne forse sulla luna ma sicuramente in quel ginepraio che è il mediooriente.

    E adesso mi sembra folle dar ragione agli uni, o agli altri e perfino farmi i cazzi miei.

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  12. ot, conosci il sito pilloladei5giornidopo? sembra scritto apposta per disinformare!

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  13. Ma qualcuno ha letto lo scritto di Grass? Al di là dello scarso valore letterario, il contenuto è chiarissimo. Non vi si trova traccia di antisemitismo neanche a rigirarlo come un calzino, ma soltanto una opinione (discutibile e infatti discussa) condivisa da molti e regolarmente attaccata dalla cosiddetta "libera informazione".
    Devo dire che trovo penose queste strumentalizzazioni, che prendono spunto dal passato del diciasettenne Grass nella Gioventù Hitleriana (come dire che mio zio faceva parte dei Balilla ...).
    Affermare che Israele non ha mai commesso malefatte, farebbe ridere, se non ci fossero di mezzo migliaia e migliaia di morti e decenni di soprusi: è un segno di ottusità mentale o malafede.
    Se dire che Israele è una minaccia è per la pace mondiale (un sospetto che almeno una volta nella vita è venuto ad almeno il 70% delle persone senza pregiudizi) è antisemitismo, beh allora mi sa che sono antisemita anch'io. Oltre a essere un bonario cazzone socialdemocratico.
    Purtroppo però ci sono anche tanti cazzoni che non sono affatto bonari. E nemmeno socialdemocratici.
    Se dico che Netanyahu è un pezzo di m. guerrafondaio, che se gli Usa non gli mettessero a fatica un freno avrebbe già scatenato allegramente una guerra mondiale, tanto a lui che cazzo gliene frega, c'ha 400 testate atomiche, sono antisemita? Oooops, l'ho detto. Oh, come mi dispiace ...
    Poiché sono semiti anche gli arabi mi sa che i veri antisemiti sono proprio gli islamofobici.
    Con questo non voglio dire che gli islamici sono tutti bravi, anzi. Non me ne frega un granché degli islamici. Per me i tre monoteismi potrebbero sparire già da ora e sarebbe solo un bene per l'umanità. Gli è che il fanatismo mi fa schifo, da qualunque parte provenga ... e qui l'odore è abbastanza forte.
    Voglio vedere un mondo in cui la parola antisemita non vorrà più dire niente e si potranno definire i pezzi di m. per quello che sono. Voglio vedere un futuro in cui la parola democrazia non venga usata come un randello sulla testa dei poveri cristi.

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  14. Vorrei ulteriormente ribadire, a scanso di ogni equivoco, che un conto è dire che Israele è una minaccia per la pace mondiale (opinione discutibile, dunque discussa e in ogni caso condivisa da molti) un altro conto è dire che sono gli ebrei ad essere una minaccia.
    Se si guarda la traduzione del (come chiamarlo?) poemetto di Gunther Grass si vede bene che parla di Israele, sottinteso la politica di.
    Dunque l'antisemitismo c'entra poco, se non con il solito tentativo di colpevolizzare chiunque azzardi un punto di vista che non sia scrupolosamente filoisraeliano.

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    1. Dal momento che Israele è lo stato degli ebrei, è proprio la stersa cosa. Se parli della politica di Israle è lecito e doveroso criticarla, ma qui si finisce col sostenere coloro che ne mettono in dubbio il diritto all'esistenza. Se poi leggi lo statuto di Hamas e di Hezbollah c'è scritto proprio che lo scopo è di eliminare fisicamente tutti gli ebrei nel mondo

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  15. Che Israele, "al momento", sia un paese democratico, non sembra essere per tutti una buona ragione per non criticarlo.
    Nel suo ultimo libro "The crisis of Zionism", Peter Beinart teme che la politica di Israele di controllo della West Bank e di espansione degli insediamenti, ne stia mettendo seriamente a rischio il carattere di paese democratico, trasformando Israele in un regime illiberale fondato su un apartheid ai danni della popolazione palestinese. 
    A scanso di equivoci, Beinart e', come si definisce lui stesso, un Sionista. Tuttavia, per usare le sue parole "... la sopravvivenza fisica di Israele e' indissolubilmente legata alla sua sopravvivenza etica... ed alla promessa contenuta nella dichiarazione d'indipendenza di Israele, di un paese che persegua liberta', giustizia e pace...".
    Insomma, a prendere sempre e comunque le difese di Israele non gli si fa necessariamente un favore. Trovarsi, seppur di rado, d'accordo con un razzista come Avigdor Lieberman, qualche dubbio dovrebbe farlo sorgere.

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  16. Così, tanto per dire, mi sono un poco rotto il cazzo di tutte le belle ciance sulla non perfettissima democrazia di Israele. Da oggi in poi darò attenzione a questo genere di critiche, che certamente possono aver senso giacché nessuna democrazia è perfetta (la democrazia nasce imperfetta e lo rimane sempre) solo se in premessa saranno fatte le seguenti considerazioni: (1) Lo Stato di Israele ha diritto di esistere; (2) Chi nega questo diritto è di fatto dalla parte del torto. Che siano esplicite, sennò non le riterrò valide. Col cuore in mano, io ritengo sia un'infamia riuscire a trovare anche una sola ragione in favore dell'Iran contro Israele. Punto.

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    1. Fatte le premesse che a mio avviso Israele ha il diritto di esistere (anche se mi trovo in soggezione a riconoscere io, piccolo individuo, il diritto all'esistenza di uno paese che di fatto esiste e si difende assai bene) e che chi nega questo diritto è dalla parte del torto, ritengo che se dovesse esplodere un conflitto tra Iran e Israele la colpa sarebbe di entrambi, seppur in misura molto diversa.
      Israele occupa militarmente da 45 anni un territorio che non gli appartiene (status giuridico internazionale: "territorio occupato"). All'occupazione militare, eventualmente giustificata per ragioni di sicurezza è seguita una colonizzazione violenta e continua difficilmente comprensibile in termini di sicurezza. Possiamo, con modestia e senza arroganza, avanzare l'ipotesi che la politica espansionista di Israele non giovi alla stabilità regionale?
      O affermando ciò ci mettiamo automaticamente dalla parte dei fanatici islamisti e/o neonazisti vari?
      Sa Castaldi chi sono i più critici nei confronti di Israele?
      I media Israeliani, loro non hanno tabù e in una democrazia non si rinuncia al diritto di critica.

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    2. Israele occupa dal 1948 il territorio che gli spetta per decisione della comunità internazionale e lo difende dagli attacchi che fin da subito sono venuti a mettere in discussione questo suo diritto. Quello che lei chiama "territorio occupato" è quanto i ripetuti attacchi ad Israele hanno rivelato essere territorio da occupare a fini di sicurezza. Più brutalmente si potrebbe dire che sia la terra che i palestinesi hanno perso in una guerra che Israele non ha voluto.
      I media isrealiani sono critici nei confronti di questo o quel governo israeliano, questo è più che naturale accada in un paese democratico. Non accade per esempio nei paesi che vogliono la distruzione di Israele. Saluti.

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  17. "la democrazia nasce imperfetta e lo rimane sempre"
    Su questo siamo pienamente d'accordo. Le consiglio le opere di Canfora.

    Premesa:
    (1) Lo Stato di Israele ha diritto di esistere;
    (2) Chi nega questo diritto è di fatto dalla parte del torto.

    Con tutto ciò ora Lei non corregge l'equazione:
    "critica ad Israele"="antisemitismo"
    ma aggiunge un altro errore:
    "critica ad Israele"="sostegno all'Iran"
    Mi chiedo la popolazione palestinese (pertanto semitica, quindi si potrebbe accusare anche Israele i antisemitismo) nel suo modo di vedere che considerazione ha.

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  18. Lo stato di Israele ha diritto di esistere, non c'è dubbio, ma non ha diritto di essere colonialista e razzista.
    Ritenere un'infamia trovare una ragione in favore dell'Iran mi pare un tantino esagerato. Stiamo parlando, dopotutto, di uno stato sovrano, con un buon tenore di vita, una percentuale altissima di donne che lavorano, e persino una certa quantità di ebrei autoctoni che vivono e lavorano indisturbati da sempre.
    Poi, certo, c'è l'ipotesi del nucleare (tutta da dimostrare ma se anche fosse, rientra nel diritto degli stati sovrani ...), c'è l'incresciosa quesione delle condanne a morte degli omosessuali, fenomeni orrendi che però avvengono con molta meno frequenza di quanto i media vogliano far credere. Insomma l'Iran non è quell'inferno teocratico di cui si parla, ma un paese in evoluzione, come tutti del resto: così come Israele non è quel paradiso di democrazia. Insomma, bisognerebbe evitare estremismi da una parte e dall'altra.
    Solo che ormai gli animi sono troppo esacerbati per riconoscere che la distribuzione dei pezzi di m. sul pianeta è abbastanza uniforme.

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  19. Ma infatti. L'unico disturbo alla pace mondiale (una locuzione che fa ridere abbastanza) di Israele è forse il fatto stesso di esistere. Altrimenti quelli qui sopra che la accusano di esserlo, una minaccia, dovrebbero indicare come potrebbe Israele smettere di essere una minaccia. Dotandosi di calamite termiche, che indichino con precisione il bersaglio ai palestinesi incompetenti, o agli iraniani che tolgono le medicine ai propri bambini, pur di fare l'atomica? No, così, tanto per discutere.

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  20. Il diritto incondizionato all'esistenza dello stato di Israele non deriva, a mio parere, da ragioni peculiari alla sua storia, alla sua specificità etnico-religiosa o, persino, alla sua forma democratica di governo: esso si fonda sul semplice fatto che c'è una popolazione che ci vive e che vi si riconosce, le cui condizioni di esistenza sarebbero messe a repentaglio se questo stato dovesse scomparire.
    Israele ha lo stesso diritto all'esistenza dell'Italia, del Nepal o della Siria; che le politiche dei diversi governi possano essere criticabili, che sia persino necessario intervenire per rovesciarli quando massacrano il loro stesso popolo come avviene, per l'appunto, nel caso siriano, non credo significhi dire che possa essere sostenuta la distruzione dello stato stesso.
    Nel caso di Israele la discussione si impernia tutta, in modo abbastanza infantile, sulla scena primaria della sua fondazione, vista dagli uni come occupazione coloniale, dagli altri come riconoscimento di una legittima aspirazione: ma ci si trova, in entrambi i casi, di fronte a una fallacia cognitiva. Credo, infatti, che ogni diritto nasca non da un atto di conferimento singolo e irripetibile in una sorta di trascendenza, ma dalle condizioni reali; la realtà, in questo caso, è in primo luogo l'esistenza, qui e ora, di una popolazione israeliana.
    Proprio per questo parlo di popolazione e non di popolo: la prima, che in tedesco si chiama Bevolkerung, definisce l'insieme di individui accomunati effettivamente da una serie di elementi reali (cittadinanza, cultura, rappresentanza politica, infrastrutture economiche e sociali e così via), il secondo, vale a dire il nefasto Volk, indica un'essenza quasi metastorica, che prevale sugli individui e li inquadra in un'appartenenza necessaria. Proprio per questo, il diritto della Bevolkerung israeliana a continuare a vivere nel proprio stato è prevalente anche rispetto a quello del Volk palestinese di averne uno proprio, anche se non rispetto a quello della Bevolkerung dei campi profughi, di Gaza e della Cisgiordania di vivere in modo libero e dignitoso.
    Detto tutto questo, e scusandomi per la tirata, credo che la politica israeliana sia legittimamente criticabile senza essere accusati di antisemitismo, a patto che lo si faccia come per ogni altro stato: nel momento stesso in cui se ne mettono in discussione le peculiarità o la legittimità di esistenza, in quanto Israele è, nello specifico, lo "stato degli ebrei", allora si è ipso facto antisemiti.

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    1. "nel momento stesso in cui se ne mettono in discussione le peculiarità o la legittimità di esistenza, in quanto Israele è, nello specifico, lo "stato degli ebrei", allora si è ipso facto antisemiti."

      Concordo con buona parte di ciò che scrive, ma non con questa frase.
      Io penso che uno dei problemi di Israele sia proprio essere "lo stato degli ebrei". E non perchè io sia antisemita. Semplicemente perchè uno stato che si configura come stato di un solo popolo, di una sola delle razze che ne dividono la superficie è di per se un'aberrazione, si configura di per se come "stato razziale". Personalmente non lo ritengo giusto, qualsiasi sia la razza dominante o la razza esclusa.
      In questo momento lo stato "razziale", lo "stato degli ebrei" porta di fatto all'esclusione da molti diritti fondamentali una grossa fetta di popolazione che vive su un'area su cui Israele (non senza ragioni, ma nemmeno senza torti) non accampa diritti di sovranità (salvo permettere ai coloni di occuparne qualche fetta) ma esercita di controllo militare. Un'area in cui impedisce in qualsiasi modo (anche qui non senza ragioni nè senza torti) la creazione di uno stato.
      Aggiungo: diversi intellettuali israeliani ritengono che proprio questo atteggiamento finisca per essere controproducente per Israele, per la sua sicurezza e per la sua stessa esistenza futura.

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    2. ''perchè uno stato che si configura come stato di un solo popolo, di una sola delle razze che ne dividono la superficie è di per se un'aberrazione, si configura di per se come "stato razziale"''

      Ti riferisci allo stato degli Italiani, allo stato dei Francesi, allo stato degli Spagnoli, allo stato dei Cambogiani o allo stato dei Giapponesi?

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    3. beh, gli arabi israeliani esistono, sono comunque cittadini di serie A sulla carta. Di serie B, però, di fatto, esclusi da molti israeliani per il fatto di non essere ebrei e da molti palestinesi in quanto 'collaborazionisti'. Però anche i neri in texas negli anni '50 non erano proprio cittadini di serie A, puoi fare le leggi, ma cambiar le teste è più difficilotto.

      Diciamo poi che il diritto all'esistenza è sacrosanto. Forse non lo era affatto negli anni '50, ma ormai ci stanno da un po' su quella terra, l'han cambiata, è loro. Altrimenti salgo su un trattore e vado a riprendermi l'Istria, Nizza, e risarcisco gli eredi dei cartaginesi per quella spruzzata di sale.

      Sul secondo punto, però, ho qualche dubbio. L'espansionismo israeliano è innegabile, sono armati fino ai denti, mandano agenti del mossad a rapire/uccidere quelli che stanno loro sulle balle. Se fossi iraniano, Israele _sarebbe_ una minaccia.
      E il fatto che se fossi davvero nato in Iran sarei o esule o in carcere o impiccato, non vuol dire nulla.

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    4. La ringrazio per l'occasione di precisare meglio il contenuto di un'affermazione che, me ne rendo conto rileggendola, è ambigua.
      Dire che "Israele è lo stato degli ebrei" non significa definirlo uno stato razziale ma riconoscerne, direi tautologicamente, la natura sostanziale. Israele è lo stato degli ebrei esattamente come l'Italia è lo stato degli italiani o la Polonia lo stato dei polacchi, qualunque cosa siano ebrei, italiani o polacchi, e fermo restando che esistono ebrei italiani, italiani ebrei, polacchi che vivono in Italia e qualsiasi altra combinazione o doppia cittadinanza.
      Ora, dire che l'Italia non debba esistere significherebbe negare a tutta la popolazione italiana il diritto di essere tale, ossia discriminare gli italiani a priori e in quanto gruppo. Lo stesso, naturalmente, vale per Israele, che è dichiaratamente stato degli ebrei, anche se ovviamente non solo loro.
      Tra l'altro, dico "stato degli ebrei" e non "stato ebraico" proprio per constatare il banale fatto che chi ci vive è prevalentemente ebreo e che la sua popolazione si definisce in maggior parte a partire da questo dato, senza che ciò abbia un carattere confessionale o razziale. Uno stato come gli altri, insomma, con la peculiarità di essere uno stato in cui vive gente che viene da diverse parti di mondo e che si riconosce (prevalentemente) in una lingua, una cultura e una storia specifica.
      Quanto alla faccenda dei territori e dei confini, io sono d'accordo con lei, oltre che con tanti israeliani di varia denominazione: i coloni non hanno nessuna delle mie simpatie e sono convinto che Israele starà molto meglio, da tutti i punti di vista, quando smetterà di esserne ostaggio. Mi lasci dire, però, che in un discorso sulla legittimità dell'esistenza dello stato israeliano il tema dei territori occupati non c'entra proprio nulla: per fare un semplice esempio a contrario, non mi pare che gli indipendentisti irlandesi o scozzesi neghino il diritto all'esistenza dell'Inghilterra.

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    5. @Magar, mi scusi ma lei conosce la differenza fra i termini "ebreo" e "israeliano"?
      Se lei davvero pensa che
      "ebreo":"israele"="italiano":"italia"
      vuol dire che lei non conosce la storia degli ebrei dai tempi della diaspora nè la storia dello stato di Israele, vuol dire che non prende in considerazione molti degli aspetti del problema su cui stiamo provando a ragionare.
      @urzidil
      Lei si contraddice da solo, parlando di Israele come stato degli ebrei e citicando i coloni. Il problema è che la soluzione si troverà quando cessrà di esistere uno stato degli ebrei e un non-stato dei palestinesi, ma si crereanno uno, due o servisse anche cento stati indipendenti in cui ci siano più ebrei e palestinesi ma solo cittadini.

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    6. Il Nano, "ebreo: Israele = italiano: Italia" è una proporzione praticamente perfetta!
      Il nome "popolo d'Israele" è sinonimo di "popolo ebraico" nella Bibbia. Lo stato di Israele ha adottato tale nome mutuandolo dalla storia dell'etnia di cui voleva essere "focolare nazionale".
      Da'altra parte anche il demonimo "italiano" per indicare il popolo che vive al di qua delle Alpi è esistito per secoli, ben prima che il paese fosse unificato. Quando tale unificazione è avvenuta, il Regno d'Italia si è posto come "focolare nazionale" dell'etnia italiana.

      Il fatto che siano nati come stati nazionali, ovviamente, non esime questi due paesi dal dovuto rispetto per i diritti delle minoranze etniche, siano essi gli arabo-israeliani o i rom e sinti italiani (o i sudtirolesi, o gli sloveni del Friuli-Venezia Giulia, o i valdostani francofoni, o gli arbëreshë del Mezzogiorno...).

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    7. Mi dispiace ma non vedo affatto la contraddizione. I coloni, che sono un grosso gruppo di stronzi all'interno della popolazione israeliana ma che restano, appunto, una sua parte, esprimono una volontà espansionista e spesso razzista, il che non è affatto implicito nella semplice esistenza di uno stato degli ebrei, a meno che lei non voglia (e so che non è questa la sua intenzione) dire che gli ebrei sarebbero intrinsecamente espansionisti e razzisti e che pertanto non dovrebbe poter esistere un loro stato, "nell'interesse della pace mondiale".
      Tutti gli stati europei sono stati espansionisti e razzisti, in misura enormemente maggiore rispetto alle peggiori e più pretestuose accuse che vengono rivolte a Israele, eppure il loro diritto all'esistenza non ne è mai stato inficiato, mi pare.
      Quanto alla sua idea di tanti stati privi di specificità nazionale, la trovo una bella utopia, anche se non capisco perché, a questo punto, dovrebbero essere "uno, due o servisse anche cento": la ragione per qui si parla di più stati è data proprio dalle specificità nazionali. Io sono convinto della necessità e dell'opportunità di uno stato dei palestinesi accanto a quello degli ebrei, ma non vedo possibile, in tutta franchezza, uno stato solo di cittadini. Soprattutto, non vedo perché cominciare proprio dagli ebrei: perché non esprime le sue splendide vedute cosmopolite, per esempio, nel contesto europeo e non propugna la dissoluzione degli stati dei francesi, degli italiani, dei tedeschi e così via, che in fondo hanno pure loro una bella consuetudine a rapporti ben poco pacifici?

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  21. Non conosco il tedesco e quindi non ho letto la poesia. Tuttavia mi sembra davvero riduttivo il collegamento che dalla critica alla politica di Israele porta all'essere antisemita.
    A questo punto, criticare Bush implica odiare gli americani; criticare Berlusconi e i suoi governi, gli italiani.
    Mi sembra così dannatamente riduttivo.
    Ho capito male Luigi?

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  22. Concordo con il nano. L'anomalia di Israele non è nelle sue origini (tutti gli stati nascono più o meno nello stesso modo) ma nella sua natura assolutamente razziale.
    E'nell'essere stato di "soli ebrei" che sta il vulnus.
    Se tutti gli ebrei europei scampati al nazismo si fossero radunati in palestina senza espropriare gli autoctoni e anzi mescolandosi con essi al di là di religioni e puttanate del genere, Israele sarebbe un meraviglioso stato multiconfessionale: detto per inciso questo sarà in ogni caso il suo inevitabile futuro.
    E non ricominciamo con i soliti discorsi che gli arabi hanno attaccato per primi e bla bla bla, altrimenti andrebbe tirata fuori la storia del terrorismo ebraico, tra le cui vittime ci sono stati anche gli inglesi e non si finirebbe più. Di innocenti in questa storia non ce ne sono. Il pastrocchio nasce da una parola sola: fanatismo.Di tutte le parti.
    PS. Fantastica la storia degli iraniani che tolgono medicine ai propri bambini per fare l'atomica.
    E' proprio vero che un pregiudizio ti fa credere qualunque cosa, tipo che Israele usa il fosforo bianco, cosa non vera, no, ci mancherebbe. Una nazione così rispettosa dei diritti umani non si è mai vista ...

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    1. ok, creare in questo modo uno stato dopo la 2°GM è stata una minchiata. Ma io non riesco proprio a mettermi davanti a un 30enne nato e vissuto a Tel Aviv e dirgli 'sei uno stronzo, e se vuoi sapere il perchè devi chiederlo al tuo bisnonno'.

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    2. Bisognerà avvertire i preti delle chiese cattoliche di Nazareth e gli imam delle moschee di Tel Aviv che Israele non è uno stato multiconfessionale...

      Già che ci siamo, sarà anche il caso di spiegare perché Israele avrebbe "natura assolutamente razziale" e l'Italia (per dire) no.

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  23. Ma che coacervo di "razzismi" di destra, di sinistra e di centro... Nella "poesia" (non è tale, ma passiamo pure il termine) di Grass non si cita manco una volta la parola "ebreo" ("juden", in tedesco), ma soltanto la parola "israel"... e dunque siamo alle solite: la confusione che si fa tra l'essere "antisemiti" (riprovevole, e non sto qui certo a dirlo) e l'essere "anti-israeliani" (posizione politica che invece approvo, ma che, di per sé, non significa essere "filo-palestinesi").
    Insomma, non è per essere cerchio-bottisti, ma è possibile dire che - aperte virgolette - la politica israeliana verso i palestinesi ha ben poco (salvo forse i numeri) di diverso dalla politica hitleriana verso gli slavi - chiuse virgolette - senza per questo essere tacciati di razzismo? E nel contempo dire che - aperte di nuovo virgolette - la politica palestinese, nella sua componente ultra-hamasista, non è affatto diversa - chiuse di nuovo le virgolette - senza essere tacciati di filo-sionisti?

    P.S. Mi sarebbe piaciuto poter dire, come qualcuno qui prima di me che mio nonno era "balilla"; purtroppo, invece, mio nonno partecipò alla "settimana rossa" di Ancona e mio padre fu partigiano nelle campagne romane. Vissuto ed educato in una simile famiglia, spero che ciò non mi squalifichi agli occhi di molti "sionisti di destra" (ahi, Hertzl, dove sei???) che frequentano questo blog...

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    1. Anche Bentivegna era partigiano? Dalle mie parti (le marche), i partigiani li ho visti solamente a guerra conclusa e solamente per occupare posti nella pubblica amministrazione. Dopo i casini degli anarchici e comunisti delle settimane rosse, che tentavano di replicare la rivoluzione d' ottobre , abbiamo avuto il fascismo. Una bella dinastia.

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  24. Ma che bel coacervo di "razzismi", di destra, di centro e di sinistra! Vorrei capire da dove proviene questa famigerata equazione anti-sionista = anti-ebraico; come se l'essere contrari alla politica di un Paese fosse equivalente al considerare tutti gli abitanti di quel paese dei pezzi di merda (e diciamola quella parola, senza scriverne soltanto l'iniziale!). Senza voler fare del cerchio-bottismo, mi chiedo: è possibile affermare che Israele persegue una politica colonialista "simile" (attenzione alle virgolette, per carità!) a quella hitleriana verso i popoli slavi sena essere tacciati di razzismo? E, analogamente, è possibile dire che i palestinesi (per lo più la loro componente ultra- hamasista) perseguono analogamente una politica "razzista" verso gli ebrei senza essere tacciati di filo-sionismo? Oppure bisogna necessariamente essere schierati, catalogati e irreggimentati, senza possibilità critiche?

    P.S. Mi sarebbe piaciuto poter affermare, come qui qualcuno prima di me, che mio nonno era "balilla"; purtroppo non è possibile: mio nonno ha partecipato alla "settimana rossa di Ancona" del 1914 e mio padre è stato partigiano nelle campagne romane nel '44. spero che ciò non mi squalifichi defintiivamente agli occhi dei sionisti "di destra" (ahi, Hertzl, dove sei???) che frequentano questo blog...

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  25. Dotto', dica la verità che questi post li scrive per il piacere perverso di dare un calcio nel muro e vedere quanti ne spuntano fuori.

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    1. Probabilmente è lo stesso gioco che ha atto proprio Grassd:
      http://www.corriere.it/esteri/12_aprile_08/israele-dichiara-grass-persona-non-grata_f65ec19a-8167-11e1-9393-421c9ec39659.shtml

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  26. Le conseguenze della "democrazia"israeliana http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/mai-dire-israele-tel-aviv-dichiara-gnter-grass-persona-non-gradita-e-gli-rimette-37624.htm

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  27. Mi ha colpito questo post. Pensavo diverso il blogger Castaldi.. lo pensavo più laico.. non capisco questa reazione esagerata, che rievoca in modo piuttosto inutile le SS, all'inutile poemetto di Grass. Che a parte essere appunto brutto e inutile, non mi sembra così antisemita. Mi pare come sparare alle zanzare col lanciamissili.. una reazione un po' fuori scala no?

    C'è una differenza tra esprimere un'opinione critica su Israele, anche stupida, superficiale, poco fondata, un po' preconcetta, ed essere antisemiti. La reazione d'Isarele poi di dichiararlo cittadino non gradito, mi sembra ulteriormente cretina e squalificante per Israele stesso.

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  28. Scusate, ma quelli che dicono "non sono anti-semita, sono anti-israeliano" si rendono conto di cosa dicono? Che sono contro uno stato, ossia contro l'esistenza di uno stato - e quindi contro i diritti dei suoi cittadini, se non la loro esistenza? Uno può essere critico verso la politica di Israele, per essere più precisi: del governo israeliano, ma essere anti-israelita non mi sembra un gran miglioramento rispetto ad anti-semita.
    E poi anche i tanto citati israeliani che criticano il loro governo di sicuro non sono anti-israeliti e non vogliono la distruzione di Israele, quindi invocarli per giustificare il proprio anti-isrealitismo è proprio cretino, scusate.
    Alessandro

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  29. Resto sempre spiazzato dalle discussioni circa il "diritto ad esistere" di uno stato. A me è sempre parso che ogni stato esista perchè s'è imposto (o - che è più o meno lo stesso - è stato imposto) come dato di fatto. Nell'attesa che qualcuno falsifichi questa mia frettolosa "ipotesi di lavoro", rimango con l'impressione che questo "diritto" sia un qualcosa che venga riconosciuto al forte (risp. all'amico del forte) e negato al debole; ragion per cui, non riesco proprio a vedere che ragione o necessità vi siano di chiamarlo "diritto".

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    1. Beh, se la mettiamo così, se non ha senso parlare di "diritto all'esistenza" di uno stato, allora nessuno stato ha il diritto ad esistere, neanche quello palestinese (e neanche quello italiano, per dire).
      E poi, da un lato, si critica l'idea di diritto, visto come espressione di meri rapporti di forza; dall'altro ci si lamenta della cosa, ma non si sa bene su che base, visto che non ci si può appellare al "diritto" del più debole, perché sennò si ammette che esistono dei diritti e che non sono appannaggio del più forte. O sono solo i più deboli ad avere diritti? E quando diventano più forti o anche solo "pareggiano" con l'ex-più forte? Perdono entrambi il diritto ad esistere come stati? Mah...
      Alessandro

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    2. "Ipotesi di lavoro" mi sembra una definizione un po' generosa, in tutta franchezza, innanzitutto perché parte da un'accezione troppo generica dei rapporti di forza: per dire, sono rapporti di forza tanto quelli militari quanto quelli tra maggioranza e minoranza in un'elezione democratica. In secondo luogo, e ancora più determinante, perché mi sembra troppo feticisticamente legata alla scena primaria della fondazione ("a me è sempre parso che ogni stato esista perchè s'è imposto"), per arrivare subito dopo al punto centrale, ossia al dato di fatto.
      Ora, nessun dato di fatto regge in base a un decreto istitutivo, ma soltanto in virtù delle condizioni reali. Se è vero che queste condizioni reali possono esprimere il fatto di un'usurpazione, è altrettanto vero che esse possono essere del tutto legittime. Il punto della legittimità credo stia tutto qui: è legittimo uno stato nel quale si riconosca la popolazione che ci vive, il che nel caso di Israele significa che la sua legittimità è garantita dal riconoscimento di sette milioni e mezzo di israeliani. Non voler vedere questo fatto significa, nei fatti se non nelle intenzioni, dire che questi sette milioni e mezzo di persone non contano nulla, e che possono essere tranquillamente deportate o quant'altro; trattandosi, in questo caso, per il 78 per cento di ebrei, e dato che molti "anti-israeliani" sostengono la tesi dell'illegittimità per il solo stato di Israele, non è difficile ricavarne che, così facendo, si riallaccino a una robusta tradizione che ha sempre negato agli ebrei, e solo a loro, ogni diritto e ogni cittadinanza.

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    3. Credo che entrambi stiate assumendo del tutto arbitrariamente che tra le righe io abbia voluto negare o contestare la "legittimità" di qualcosa che abbia a che fare con l'esistenza dello stato di Israele.

      Niente di più falso: da parte mia si criticava l'intenzione più o meno consapevole di travestire dei rapporti di forza con altre categorie (opportuno, necessario, giusto, legittimo, etc.); e lo si faceva del tutto in generale (e, incidentalmente, qualunque sia la natura dei rapporti di forza; avere un uomo della provvidenza che provvede in tua vece può andar bene quanto vincere una guerra di indipendenza).

      Questo perchè Malvino da qualche parte ha detto che se il diritto ad esistere dello stato di Israele non è un presupposto comune, allora la discussione non può neppure iniziare; alchè io in definitiva domandavo: cos'è mai il diritto ad esistere di uno stato? [oppure, volendo stare al gioco: l'Iran ha o meno il diritto di bombardare Dimona? non ce l'ha punto? non ce l'ha qui ed ora ma lo acquisirebbe nel caso in cui un leader israeliano se ne uscisse con qualche dichiarazione farneticante? insomma: come funziona questa "giurisprudenza"?]

      Personalmente non ho alcuna difficoltà nel dire che un mondo senza Israele non mi piacerebbe affatto; per molti versi Israele è semplicemente ammirevole; per dirne una, nessuna delle sedicenti democrazie occidentali ha mai saputo mettersi in discussione tanto profondamente quanto Israele ha fatto con la nuova storiografia; ciononostante, per dirla un po' come Grass - che qui è stato spiacevolmente ridotto a macchietta - lo scenario del bombardamento dei siti nucleari iraniani non mi piace affatto.

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    4. Non ho presupposto nulla nessuna tesi nella sua "ipotesi di lavoro", ne ho semplicemente cercato di mostrare dove, a mio parere, essa fosse fallace: nell'ipostatizzare i rapporti di forza iniziali a sola ragion d'essere di uno stato di cose, che invece mi sembra fondarsi essenzialmente sulla sua realtà presente. In altre parole, e per fare esempi lontani dal Medio Oriente, la Repubblica d'Irlanda esiste dal dicembre 1921, senz'altro grazie ai rapporti di forza determinatisi durante la sua guerra d'indipendenza degli anni precedenti, ma il suo diritto all'esistenza è dovuto al fatto che la popolazione irlandese si è riconosciuta, e continua a riconoscersi, in quello stato e non in un altro. Al contrario, anche se i rapporti di forza in Tibet sono senz'altro favorevoli alla Cina, molti affermano il diritto dei tibetani all'indipendenza.
      Applicando questi stessi criteri al caso israeliano, ne evinco che il volere dei sette milioni e mezzo di israeliani mi sembra abbastanza chiaro e che esso mi sembra un'istanza di legittimità più che sufficiente.
      Le mie ulteriori considerazioni sulla matrice mentale, più o meno consapevole, di chi nega il diritto all'esistenza di Israele erano ovviamente generali e non potevano applicarsi specificamente a lei, non conoscendo in quel momento la sua opinione in merito.

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    5. Boh, avrò capito male io; però se in risposta ad una cosa detta da me qualcuno mi precisa che x di fatto implica y, da cui segue come immediato corollario l'antisemitismo, ecco a me viene da pensare che da qualche parte sia stato fatto un collegamento arbitrario.

      La sua precisazione sull'evoluzione temporale dei rapporti di forza mi pare persino banale: è del tutto ovvio che se il più forte smette di esser tale, poi avrà i suoi bei problemi ad imporre qualcosa.

      Ciò che continuo a non capire è cosa questo "diritto ad esistere" dovrebbe poi comportare: cosa mai legittimerebbe (ed in riferimento a quale legge) una nazione a bombardare i siti nucleari di un'altra?, come si stabilisce quando una minaccia è 'sì grave e concreta da necessitare una bella azione di pace preventiva?

      Ovviamente non posso neppure seguire il suo ragionamento conclusivo sulla legittimità delle aspirazioni del popolo di Israele: legittimo rispetto a quale legge?, ed a seguire: quando e perchè un'analoga aspirazione da parte di uno dei tanti popoli della terra che non ha uno stato sarebbe illegittima?

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    6. Sembra di parlare due lingue diverse: lei parla di rapporti di forza tout court, io di fattori che danno legittimità a questi rapporti, anzi di un fattore: il riconoscimento di uno stato come legittimo da parte della popolazione di questo stesso stato. Questa è la differenza, mi pare, tra il governo dell'Irlanda fino al 1921 da parte del Regno Unito e quello dopo il 1921 in forma di repubblica di Irlanda.
      Come lei non ha mai negato la legittimità dello stato di Israele (credo in base a considerazioni analoghe a quelle che ho cercato di esprimere), io non ho mai negato la legittimità delle aspirazioni della popolazione palestinese a un suo stato, che hanno preso la forma della rivendicazione di indipendenza almeno a partire dal luglio 1971, con il fallimento del tentativo di assumere il controllo del regno di Giordania.
      Altrettanto chiaro è che la legittimità di un'aspirazione non è sufficiente a tradurla in atto, e che per questo serve un adeguato livello di forza, sia essa propria, di un alleato o della "comunità internazionale". Allo stesso tempo, uno stato ha la necessità di difendersi, il che significa un ulteriore ricorso alla dimensione della forza, specie quando la sua esistenza viene messa in discussione. Il tema della legittimità è ovviamente fondamentale soprattutto quando riguarda la posizione di soggetti terzi, non direttamente coinvolti negli scontri in atto, che devono decidere quale posizione assumere: è per l'appunto il nostro caso, visto che non viviamo né a Gaza, né a Kiryat Shmona, né a Qom.
      Quanto all'eventualità e all'auspicabilità di un'incursione israeliana sui siti nucleari iraniani, è evidente che si tratta di tutt'altra questione, anche se è altrettanto evidente che vi possa essere collegata. Mi pare chiaro che, avendo ogni stato come primo compito quello di difendere la propria esistenza e quella dei suoi cittadini, Israele si senta autorizzato, se non obbligato, a fare il possibile per impedire all'Iran di disporre di armi nucleari. D'altra parte, queste considerazioni riguardano l'interesse di Israele e non fondano certo un diritto assoluto. Anche le opinioni di chi, come me, ritenga comunque opportuno agire in questo senso, restano al livello della Realpolitik e non in quello del discorso sulla legittimità, salvo il fatto, che non ritengo comunque poi così decisivo, della firma iraniana del trattato di non proliferazione.
      Insomma, dal criterio di legittimità che ho cercato di esporre derivano queste conseguenze:
      1. L'esistenza di Israele è completamente legittima
      2. Il diritto all'esistenza di uno stato indipendente della popolazione palestinese è legittimo, ma solo in quanto non sia in contraddizione con il primo punto
      3. Un eventuale attacco israeliano all'Iran, pur motivato da fondati motivi di sicurezza nazionale, non ne è, ovviamente, legittimato in via automatica, dato che si tratterebbe di una tipica operazione preventiva, e sappiamo bene quanto questo terreno sia ambiguo. D'altra parte, il principio di precauzione sembra in questo caso decisamente auspicabile, nell'interesse di Israele e di un bel po' di altri paesi.
      Spero, questa volta, di essere stato abbastanza chiaro.

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    7. Io non nego la "legittimità dello stato di Israele" solo perchè, in mancanza di una definizione chiara, quell'espressione mi suona priva di senso - e dunque non posso nè negarla nè affermarla.
      Spero possiamo convenire sull'idea che legittimo vuol dire in armonia o quantomeno non in conflitto con un dato riferimento di leggi; pertanto se lei non precisa qual è l'ambiente entro cui dar forma alle sue affermazioni (diritto interno? banale; diritto internazionale? non credo, visto pure quanto ha insistito su quell'idea di "mandato popolare" dello stato; etc.) temo che stiamo discutendo del nulla.

      Il problema del bombardamento dei siti nucleari iraniani non mi pare affatto altra questione bensì, almeno a mio modesto vedere, proprio la questione centrale posta da Grass.
      Sarà pure un'opinione del cazzo ma se ogniqualvolta che Tizio si senta minacciato da Caio deve essergli permesso di andarsene in giro col pistolone a fare un po' di pulizia, allora sì che la pace mondiale è rimandata ad altre epoche.
      E, aggiungo a margine: sarebbe anche un peccato per lo stato di Israele, che in quel modo finirebbe per recitare la parte degli americani.

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    8. Credo che il punto sia nella diversa definizione di legittimità: lei intende il concetto in senso giuridico ("in armonia o quantomeno non in conflitto con un dato riferimento di leggi"), io lo intendo più come il portato di una prassi di legittimazione, agita dal solo soggetto realmente legittimante: la popolazione di un dato territorio, in quanto partecipe del diritto universale all'esercizio della sovranità popolare.
      Soltanto a partire da questi presupposti, mi pare, si possa definire legittimo, ad esempio, il governo della repubblica d'Irlanda e illegittimo quello esercitato in precedenza dalla corona britannica sullo stesso territorio. Senza contare che, identificando la legittimità con la conformità a leggi, si finirebbe per legittimare, per l'appunto in quanto conforme alle leggi vigenti in quel contesto, la schiavitù degli stati americani confederati o la discriminazione antisemita del Terzo Reich, fino ai campi di sterminio (compresi).
      Quanto alla faccenda dei possibili bombardamenti iraniani, il punto non riguarda la legittimità dello stato di Israele ma i limiti del suo diritto all'autodifesa, che si giocano tutti su una questione pratica: è lecito o meno intraprendere un'azione preventiva, limitata nella sua portata e nelle vittime potenziali, a fronte di un rischio che va dall'annientamento nucleare a una fortissima recrudescenza del terrorismo? A mio parere, e a scanso di equivoci, sì.

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    9. Parlando schiettamente, mi pare che la sua definizione sia un bel po' problematica, ed in diverse direzioni.
      Se capisco bene, lei sta dicendo che uno stato è "legittimato" ad esistere nel momento in cui la sua esistenza stia bene alla popolazione che vive all'interno dei suoi confini.

      Ora: sperò vorrà ammettere che senza la guerra del 47-49, ed i conseguenti spostamenti di massa, neppure un Israele dai confini "minimi" (diciamo le linee armistiziali del '49) sarebbe mai potuto nascere "legittimamente".
      Questo punto mi pare estremamente delicato, ed in un senso del tutto generale; un territorio può essere reso etnicamente omogeneo in maniera "concordata" e "pacifica" (vedi partizione India Pakistan) ovvero forzosa (vedi la cacciata delle popolazioni germanofone dall'Europa Orientale nel secondo dopoguerra; in entrambi i casi parliamo di cifre a sette zeri); ma la sua definizione mi sembra ignorare completamente questo problema, il che può avere conseguenze non di poco conto, ad esempio legittimare uno stato nato a partire da pratiche di pulizia etnica.

      Immagino saprà che lo stato ebraico prefigurato da quello strano esercizio di gerrymandering che fu proposto dall'UNSCOP prevedeva una ratio ebrei/non ebrei pari a 55/45; e dunque volendo ammettere la "legittimità" di quello stato, delle due l'una: o lei sta supponendo che i non ebrei sarebbero stati entusiasti di far parte di uno stato ebraico, oppure la misura del consenso popolare previsto dalla sua definizione deve ridursi al proverbiale 50% +1 degli aventi [sic] diritto; ma in quest'ultimo caso direi che un qualcosa di non molto dissimile dalla schiavitù o dalle discriminazioni verso le minoranze le sta rientrando dalla finestra...

      Ancora: prima ha sostenuto di non volersi far ingabbiare nella giurisprudenza, poi però ha fonda tutto l'edificio sul "diritto universale all'esercizio della sovranità popolare"; non le pare contraddittorio?
      Eccetera.

      Non posso che ribadire il pensiero da cui muovevo all'inizio: che necessità c'è di parlare di "diritto"?

      Quanto alle sue conclusioni, l'idea dell'attacco difensivo mi ricorda troppo "la guerra è pace"; temo di non essere ancora pronto per la neolingua.

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    10. Continuo a dire di ritenere profondamente fuorviante questa fissazione per la scena primaria, vale a dire per l'atto istitutivo di uno stato di cose come la sua sola fondazione di senso. Ho detto più d'una volta, e spero che questa sia l'ultima che lo ripeto in questo contesto, che considero la legittimazione una prassi continua, vale a dire: a rendere legittimo Israele oggi sono i sette milioni e mezzo di persone che ci vivono e vi si riconoscono, esattamente come a rendere legittimi, per esempio, gli Stati Uniti oggi è l'esistenza di una popolazione statunitense, che comprende anche i discendenti di quelli che furono malamente espropriati nella fase di colonizzazione.
      In altre parole, trovo antistorico e puerile questo bisogno di risalire a un qualche punto originario nel quale ognuno stava a casa propria, anche perché non credo si sia mai dato qualcosa di simile in tutta la storia universale, al di fuori delle varie mitologie nazionali (non ho problemi ad annoverarvi anche quella sionista, tanto per essere chiari fino in fondo).
      Quanto al resto:
      1. La distribuzione del territorio da parte dell'UNSCOP è avvenuta in base a criteri astratti e burocratici, e ovviamente ci sarebbe stato, in ogni caso, un forte passaggio di ebrei verso il nuovo stato di Israele e di arabi dall'altra parte. In ogni caso, potrebbe essere utile ricordare che l'Agenzia ebraica, in procinto di insediarsi come governo provvisorio del nuovo stato, aveva predisposto tutte le misure e le linee guida per realizzare un modello multietnico, ferma restando la pari cittadinanza per tutti.
      2. Il concetto di "diritto universale alla sovranità popolare" non è giurisprudenziale e nemmeno giuridico, ma nomotetico: definisce a chi spetti la sovranità, vale a dire agli individui reali che formano le istituzioni e non al contrario. In altre parole, significa dire che ogni popolazione ha diritto a riconoscersi in un proprio stato e che nessuno può essere discriminato su base etnica o razziale. Rispetto a questo principio, il diritto formale segue.
      3. Quanto alle conclusioni, il problema è che tocca fare i conti con la realtà: se il nemico si prepara con ogni evidenza ad attaccare o ad acquisire armamenti distruttivi per il solo fatto di esistere, come appunto le armi nucleari, allora un'azione che miri a scongiurare il peggio può essere giustificata.
      PS: trovo divertente che lei giudichi "pacifica" la Partition di India e Pakistan, visto che dalle mie parti mezzo milione di morti non è esattamente la migliore definizione di pacifico. Meno male che, tra noi due, il guerrafondaio sarei io.

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    11. Per la verità io credo di essermi limitato ad applicare la sua "definizione" di "legittimità" ad un pajo di casi esemplari - al fine di mostrarne l'inadeguatezza.

      Pensi per prima cosa allo stato ebraico così come originariamente previsto nel piano UNscop; sarebbe stato abitato da 4 arabi ogni 5 ebrei [lei peraltro sembra sostenere che qualcosa di simile sarebbe accaduto anche per lo stato arabo; nel qual caso sappia che così non è: lì la proporzione tra arabi ed ebrei sarebbe stata di 99 a 1]; spero si possa convenire sull'idea che, dando implementazione al piano, all'interno del nuovo stato vi sarebbe stata un'enorme minoranza di scontenti; se a questo punto del ragionamento si vuole sostenere che quello stato sarebbe stato comunque "legittimato a nascere", allora si dovrebbe anche ammettere che quella "prassi continua di legittimazione" che tira in ballo così spesso può pure consistere nel fottersene bellamente di 4 persone ogni 9.

      Pensi, poi, ad un ipotetico stato creato a valle di un'opportuna pulizia etnica - chessò: un Libano senza musulmani o senza maroniti (scelga lei chi cacciare) - e quindi entusiasticamente sostenuto dalla popolazione residua (quella opportunamente selezionata e ripulita); se tanto mi dà tanto, in base alla sua "definizione" questo stato sarebbe pienamente "legittimo".

      Se a valle degli esempi forniti la sua definizione continua a starle bene così com'è, la tenga pure; poi, però, quando qualcun altro dirà "legittimo", non dia troppo per scontato che starà intendendo proprio quella roba lì.

      Lei troverà pure "antistorico e puerile" il bisogno di provare a ricostuire lo stato delle cose in un dato momento del passato; tenendo però conto del fatto che ha appena derubricato il massacro dei nativi del nordamerica ad esproprio, magari a ben guardare è proprio la sua concezione della storia ad essere un po' esotica.

      Da ultimo - perchè trovo inutile spiegare come e perchè la medesima parola cambi significato quando inserita tra virgolette, o domandarle dove le avrei dato del guerrafondajo - lei parla di "evidenza" della preparazione di un attacco nemico come se si trattasse di fare un riscontro oggettivo (viene da chiedersi: e l'incidente del golfo del Tonchino?); come se aver arricchito l'uranio implicherà necessariamente un attacco nucleare (viene da chiedersi: e l'arsenale nucleare sovietico?).

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    12. Non credo di aver mai sostenuto che nell'ipotetico caso di una piena e immediata attuazione del piano UNSCOP non ci sarebbero stati molti più arabi all'interno dei confini dello stato di Israele, e sono pronto a sostenere che probabilmente sarebbe stato meglio così, per quanto possano valere i controfattuali. I fatti sono andati in modo un po' diverso, e mi pare che oggi la popolazione israeliana abbia ogni diritto a stare dove sta (non a colonizzare e a vessare i palestinesi, ovviamente), per il semplice motivo che ha fondato la sua società e che modificare lo stato di cose attuali produrrebbe enormi sofferenze ad altri sette milioni di persone.
      Se ho fatto l'esempio degli Stati Uniti non era per derubricare il massacro dei nativi a esproprio, ma solo per ribadire che si tratta di un'entità statale perfettamente legittima, ancorché nata in modo criminoso - e quale stato non lo è, del resto? Mi pare chiaro, insomma, che spostare il tema della legittimità dal passato al presente abbia, se non altro, il vantaggio della concretezza, permettendo di affrontare problemi in qualche modo risolvibili.
      Infine, per la questione dell'atomica israeliana, e rimanendo nella stessa area: trovo che Israele avesse ogni ragione per sferrare il primo colpo nella guerra del 1967, visto che l'attacco siriano ed egiziano era, con ogni evidenza, imminente e riconosciuto da ogni esame storico successivo. Trovo che oggi sia imperativo, per la sicurezza di Israele, evitare che l'Iran si doti di armi nucleari: pertanto, mi sembrano giustificabili sia i diversi sabotaggi messi in atto finora sia, in caso di insufficiente incisività delle azioni internazionali, un possibile attacco molto specifico e limitato, come quello su Osirak nel 1981.

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    13. Con tutto il rispetto, immagino avrà notato come in questa sede a Grass venga dato del nazista per un punto interrogativo ed un album di fotografie di quando era qunidicenne; lei, invece, ha parlato di esproprio in luogo di genocidio; il punto, ci tengo a precisarlo, non è nemmeno tanto l'offesa soggiacente, quanto una inaccuratezza del tutto gratuita.

      Se tutto ciò che le interessa dire è qualcosa del tipo Tizio ha pieno diritto di fare tutto ciò che fa, data un'opportuna definizione della parola diritto, oppure è del tutto (auto?)evidente che le cose stanno così, laddove evidente=evidente a me allora sì che la discussione non può neppure iniziare.
      Aggiungo: purtroppo - perchè mi sembra che di cose da dire lei ne avrebbe più d'una.

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    14. Mi dispiace che la discussione abbia preso questa piega, sinceramente. Spero solo che la si possa riportare su binari più consoni.
      Già che ci sono, vorrei precisare che non ritengo che la poesiola di Grass lo qualifichi come antisemita, e tantomeno come nazista, anche se non ne condivido i contenuti.
      Quanto all'uso della parola esproprio, intendevo riferirmi soltanto al fatto che il territorio degli Stati Uniti sia stato acquisito in modo forzoso, anzi criminale. Che i nativi americani in tutto il continente siano stati oggetto di sterminio da parte di tutti i diversi colonizzatori, con una parziale eccezione per alcune aree del Canada, mi pare del tutto evidente, ed è superfluo parlarne.
      Per tornare al punto, lei continua a non rispondere al tema centrale del mio argomento: a rendere legittima l'esistenza di un dato stato su un dato territorio, sono a mio parere due elementi.
      Il primo è l'identificazione di una larga maggioranza della popolazione di quel territorio con quell'entità statale; il secondo, l'insieme di diritti che questa maggioranza garantisce a chi non ne fa parte.
      Così, per esempio, la Gran Bretagna occupava nel 1920 il territorio dell'Inghilterra con totale legittimità e quello dell'Irlanda in modo fortemente illegittimo. Allo stesso modo, il regime razzista sudafricano era illegittimo non perché occupasse indebitamente il territorio ma perché discriminava una parte della popolazione; in questo senso, non trovo decisivo che la parte discriminata fosse maggioritaria, visto che ogni forma di discriminazione è illegittima, tanto quella dell'apartheid sudafricano quanto, per dire, quella della segregazione in Alabama. Credo sia chiaro il punto 1 definisce la legittimità di uno stato, il secondo quella del suo governo (la Germania era un'entità statale legittima anche durante il Terzo Reich, il suo regime no, tanto per essere ancora più chiari).
      La ragione per cui continuo, con tanta pervicacia, a sostenere questa tesi è che permette di identificare degli elementi chiari in uno stato di cose presente, evitando di incappare nelle trappole logiche della controfattualità in cui ricade ogni discorso sulle origini. Al tempo stesso, definisce dei parametri abbastanza chiari per impostare un test di legittimità abbastanza attendibile. Per esempio, nel caso di Israele:
      Il punto 1 è evidentemente valido: la grande maggioranza di quelli che oggi sono cittadini israeliani si riconosce nello stato di Israele e si troverebbe in condizioni di grave pericolo che questo stato venisse a mancare.
      Quanto al punto 2, le minoranze in Israele non sono soggette a limitazioni delle libertà fondamentali, hanno gli stessi diritti politici ed economici degli altri cittadini, ecc. Se è vero che esistono comportamenti discriminatori, anche molto gravi, è anche vero che questi comportamenti non sono autorizzati dalla legge e che, anzi, gli organi dello stato israeliano sono più volte intervenuti contro queste discriminazioni.
      Naturalmente, ogni punto è contestabile, esibendo gli opportuni argomenti. Spero che, a questo punto, lei non trovi più ragioni per accusarmi di scorrettezze argomentative.

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    15. Guardi che io non la accuso mica di scorrettezze argomentative!, ho al più il dubbio che sia rimasto intrappolato in una sorta di loop; alle mie orecchie, senz'altro rozze, gran parte di ciò che lei dice suona un po' come "io sto con Israele", mentre la parte residua del suo discorso mi pare un tentativo di dare una veste formale ed elegante a quella posizione - che, proprio per la sua natura, nessuno ha il diritto di discutere - quasi potesse essere il risultato di un mero calcolo.
      Pratica con precedenti illustri, come quando certi musicologi o critici d'arte spiattellano definizioni astruse di modo che ciò che loro preferiscono possa avere anche la patente di "più complesso", "più difficile", ed in ultima analisi "superiore"; o quando si aggiornano periodicamente le definizioni di libertà e democrazia, di modo che possa risultare che gli USA ne abbiano sempre il magazzino pieno; pratica però da cui, se e quando riesco ad "esser lucido", mi tengo alla larga.

      Personalmente non trovo nulla di censurabile - nè moralmente nè politicamente - nel "voler stare con Israele" - a patto, naturalmente, che uno sia in grado di fare qualche distinguo minimale e condannare quantomeno gli episodi (fortunatamente "rari") di rappresaglia indiscriminata.
      Tuttavia, nel momento in cui quella simpatia diventa auspicio, quasi esortazione, a dare una bella lezione agli ayatollah, ho l'impressione che si voglia spingere Israele in una direzione che non mi piace e verso cui spero che non vada.

      Non creda che leggere di come Israele praticherebbe l'apartheid, tratterebbe gli arabi da subumani, o peggio si sarebbe ormai dantescamente trasformata in un regime nazista, non sia sconfortante anche per me (e, spero, altri).
      Però la mia impressione è che le cose da un po' di anni a questa parte (quindici? venti?) stiano peggiorando, ed in maniera preoccupante, su entrambi i lati del fronte: con le aspirazioni palestinesi che vengono progressivamente schiacciate con la forza entro il canovaccio dello "scontro di civiltà", e la società israeliana che inizia a cedere a quella retorica nazionalista che riduce tutto a bianco o nero, con me o contro di me, e conseguentemente a paredere alcuni dei suoi intellettuali migliori.
      Ed un Israele ossessionato da mille paure e che va a menare le mani quasi alla cieca non mi pare un passo avanti; in questo temo di trovarmi d'accordo col nazista.

      PS: preciso che tra le righe di ciò che scrive non ho mai ravvisatop alcuna accusa di antisemitismo verso chicchessia; peraltro (ma qui tiro un po' ad indovinare) lei mi sembra anche un po' troppo "kissingeriano" per farlo.

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    16. Mi trovo abbastanza a disagio nei panni dell'ultras filoisraeliano, dato che condivido praticamente tutte le posizioni da lei espresse. Le mie vaghe considerazioni sul concetto di legittimità non sono a posteriori ma sono la base stessa dei miei giudizi su Israele o su qualsiasi altro stato: credo che lo scontro di civiltà sia una bufala, aborro ogni retorica nazionale o nazionalista e sono fautore accanito del cosmopolitismo. Detto tutto questo, devo prendere atto dell'esistenza di diverse popolazioni che vogliono riconoscersi in una propria entità statale, per mille e un motivo, tra i quali molti mi sembrano condivisibili e altri meno.
      Per questo, ritengo, nello specifico, che la questione non sia quella di come Israele sia nato, ma quella di sette milioni e mezzo di israeliani esistenti oggi e di quattro milioni di palestinesi nei territori amministrati dall'ANP, senza contare quelli che si trovano altrove. Ritengo che non si possa dare legittima soddisfazione alle aspirazioni degli uni facendo torto agli altri, il che significa, a mio parere che:
      1. Israele debba continuare a esistere in piena sicurezza, entro confini accettabili;
      2. I palestinesi abbiano diritto a un proprio stato pienamente indipendente, auspicabilmente laico e democratico e necessariamente compatibile con il punto 1, per ragioni di fatto e di diritto;
      3. Che i nazionalisti, i fondamentalisti, i coloni e tutti i retori della propria superiorità etnica, culturale, religiosa, nazionale e così via debbano essere conculcati e non compiaciuti.
      Se partecipo alla noiosissima polemica su quanto siano stati cattivi gli uni o gli altri non è perché mi ci appassioni, ma perché mi infastidisce di molto chi cerca di sostenere le proprie posizioni a partire da interpretazioni partigiane del passato. In altre occasioni, mi capita di farlo con quei sostenitori a oltranza di Israele a cui, ahimé, mi ha assimilato.
      A queste condizioni, se sostengo un'azione decisa ma limitata contro l'Iran o, per meglio dire, se sostengo che non debba essere esclusa a priori, è semplicemente perché, a differenza di Grass, ritengo che la presenza di armi nucleari nell'arsenale iraniano porterebbe a un drastico consolidamento dell'attuale regime, a un'intensificazione della sua aggressività e a un ulteriore aggravamento della situazione israelo-palestinese. Diciamo che sostengo la possibilità dei bombardamenti come male minore.
      Detto tutto questo, kissingeriano proprio non direi, né per formazione, né per orientamento politico.

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    17. Per prima cosa le devo delle scuse, non la ritengo un ultras, altrimenti probabilmente non avrei neppure tentato di dialogare con lei, e se le ho comunicato questa impressione temo che ciò sia dovuto alla povertà dei miei mezzi cognitivi ed espressivi (il che è uno dei motivi per cui tendo ad astenermi dall'intervenire troppo spesso qui da Malvino). Ritiro, e con piacere, anche il "kissingeriano", visto pure la non eccessiva simpatia del personaggio in questione (sebbene lì non volessi presumere alcunchè sulle sue idee, ma semplicemente esprimere l'idea, sicuramente naïve, che lei mi pare innanzitutto un "realista", uno che per prima cosa "bada al sodo"). Ribadisco che "stare con Israele" non mi pare una posizione necessariamente meno razionale o meno matura di "stare coi Palestinesi" o "essere per la pace"; semplicemente non mi pajono posizioni che derivano da un calcolo asettico, tutto qui.

      Ciò detto, non ho la minima idea di come la questione israelo-palestinese possa risolversi ora (certo non con le alchimie diplomatiche tirate fuori dallo staff Clinton al fine di permettere a ciascun dio di rivendicare il possesso dei rispettivi sassi sacri; peraltro l'isteresi è tale che uno stato palestinese che sorgesse nel quadro attuale avrebbe le sue brave difficoltà a reggersi sulle proprie gambe).

      Però, e qui la mia idea diverge abbastanza dalla sua, considero la situazione del 1947 ancora interessante e viva; dunque non solo degna ma anche doverosa di attenzione.
      Ritengo la comunità internazionale uno dei principali responsabili del definitivo incancrenirsi della questione; per come la vedo io, la trasformazione di quei due vicini che "mal si sopportavano" in reciproche nemesi è in grossa, decisiva parte dovuta al comportamento delle organizzazioni internazionali.
      Non credo che la guerra civile fosse necessaria, già scritta nel libro della storia, destinata a scoppiare comunque. Tendo a pensare, forse ad illudermi, che almeno allora vi fosse terra in abbondanza per tutti, e che una proposta meno squilibrata e meno condominiale, che magari avesse contemplato per qualcuno l'abbandono definitivo della propria casa natale, ma senza far pesare i sacrifici solo su una parte e soprattutto andando a compensare quei sacrifici con qualcosa di sostanziale (un vero stato, con veri confini, risorse idriche, accesso al mare, ...), ecco forse una tale proposta avrebbe evitato qualche casino.
      Purtroppo decisioni come la AG 181 (la cui poortata sul piano giuridico m'è ancora tutt'altro che chiara; mi pareva di capire che generalmente le risoluzioni dell'AG vengano considerate non vincolanti (non binding)) possono avere un peso decisivo, ed andrebbero prese più responsabilmente.

      L'ultimo punto su cui penso che non siamo d'accordo è il nucleare iraniano; premesso che l'intenzione iraniana di dotarsi di armi nucleari è tutta da dimostrare - possibilmente con prove vere, a differenza di quelle a suo tempo rimediate su internet da Bush e Blair - e che accordi come quello di non proliferazione nucleare mi sembrano buffonate prim'ancora che atti di prepotenza (dunque tutto meno che un buon punto di partenza da cui muovere), personalmente non ho alcuna ragione per preferire che ad avere la bomba sia Israele; inoltre uno scenario in cui due attori abbiano entrambi la bomba non mi pare intrinsecamente peggiore di quello attuale.

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  30. Luigi, ma dov'è l'antisemitismo in quella poesiola? Indicami proprio il punto.

    Uno può avere opinioni del cazzo (o anche solo banalotte) senza essere antisemita.

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    1. Non ci hai messo i servizî segreti iraniani di mezzo. Non ti sta abbastanza antipatico.

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  31. La faccia dei pacifinti è sempre più merdosa.

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  32. (1) Lo Stato di Israele ha diritto di esistere
    Questa è anche la mia opinione.
    Spero di cavarmela solo con metà del credo, perché della seconda giaculatoria
    ((2) Chi nega questo diritto è di fatto dalla parte del torto)
    non riesco a comprendere l'espressione "di fatto". Articolo di fede? Ipse dixit? Vabbè, ma ipse, chi?
    Mi pare che noi sostenitori di israele dovremmo comprendere che l'argomento ad personam (grass non può parlare di israele perché è stato/è nazista) è penoso in sé.
    Non entro nel merito della poesia di grass perché non la ho letta.
    Sul diritto a possedere le armi atomiche, chi è che sarebbe autorizzato a rilasciare il relativo porto? Considerato anche che quelli che strillano più forte di tutti (gli stati uniti) sono gli unici che - per quanto ne so - le hanno incontrovertibilmente usate, almeno fino a oggi.

    Infine un chiarimento, per favore: io mi sono sempre sottoposto (mal)volentieri alla moderazione, perché sono in casa d'altri; sarei però curioso di sapere come fa un commento del tenore
    "graSSApr 9, 2012 05:42 PM
    La faccia dei pacifinti è sempre più merdosa."
    a sfuggire alla censura.
    grazie...

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    1. Beh, io non ho mai usato armi nucleari (almeno credo), quindi mi sento moralmente legittimato a dire chi è oltremodo pericoloso che le abbia...

      Non è che Günter Grass debba stare zitto per via dei suoi trascorsi giovanil-adolescenziali nelle SS. Semmai il fatto che dica boiate e rovesci la realtà a danno di Israele alimenta i sospetti che sia vittima di qualche senile rigurgito del proprio passato (ma in realtà le castronerie ideologiche le sparava anche a 50 anni, quando era contrario alla riunificazione tedesca). Tutto sommato la ricerca della fonte della cialtroneria di Grass (antisemitismo di ritorno? Antioccidentalismo sfegatato? Altro?) è poco importante, rispetto al dato centrale della cialtroneria stessa.

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  33. praticamente anonimomartedì, 10 aprile, 2012

    Per quelli che "Israele si sta solo difendendo": ieri era il 64. anniversario di Deir Yassin. Duiurimember?

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  34. 107 morti, massacrati dall'Irgun, quando Israele ancora non esisteva. Un'orribile strage, che per ovvi motivi non può essere addossata allo stato israeliano: tanto per chiarire, l'Irgun fu disarmato dallo stato israeliano subito dopo la sua formazione, anche facendo ricorso alla forza, come nel caso dell'affare Altalena nel giugno 1948, a ostilità ancora in corso (16 membri dell'Irgun uccisi e 200 arrestati).
    Come mai non ci si ricorda mai di Tel al-Zaatar o del Settembre nero, che furono massacri di palestinesi ben maggiori, rispettivamente tra 1.500 e 3.000 e tra 3.500 e 15.000 morti?Forse perché in questo caso furono gli eserciti regolari di Siria e Giordania?
    Iudunotrimember una sega, praticamente anonimo

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    1. "Un'orribile strage, che per ovvi motivi non può essere addossata allo stato israeliano". Vabbé, i motivi ti saranno anche ovvi, sta di fatto che il nascituro Stato d'Israele trasse il massimo profitto da questa e innumerevoli altre operazioni di "bonifica etnica" all'alba della spartizione della Palestina. Riguardo al Settembre nero "non ci si ricorda" perché si sta parlando d'Israele non della Giordania ;). urzidil, invece di sprecare tutto questo spazio dovresti limitarti a scrivere "Israele ha sempre e comunque ragione", il messaggio dei tuoi commenti rimarrebbe lo stesso. Stammi bene.

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  35. Lei ha compreso molto bene altrimenti non avrebbe messo le mani avanti (exusatio non petita....).
    Per quanto riguarda i rapporti di forza , questi vanno e vengono e solitamente il più forte impone la propria volontà. Ogni essere umano , ogni popolo ha il diritto ad esistere e se viene minacciato (e lo è ogni girno da quello stato criminale) ha anche il diritto di difendersi con ogni mezzo, anche con un attacco preventivo. In Israele, vivono in armonia ed hanno loro rappresentanti in parlamento più di un milione di arabi musulmani, In Iran non risiede neppure un ebreo e gli oppositori di quel governo guidato da un paranoico vengono impiccati in piazza, anzi sollevati lentamente da una gru perchè possano dare maggiore spettacolo e sofferenza all' impiccato.
    Neppure io posso seguire i suoi ragionamenti , cercherò di esporre alcuni fatti presenti e passati, che potrebbero attivare un giudizio meno condizionato da inquinamenti ideologici.Il popolo d' Israele è legittimato ad avere lì la sua patria, perchè è lì che nascque la sua gente, lì ha la sua storia , la sua cultura, perchè quella è la sua terra. Prima del 1948 in quella terra vivevano in armonia (da secoli) circa mezzo milione di ebrei e poche migliaia in più di arabi, dopo qulla data furono richiamati in quella terra egiziani , libici, giordani e da altre nazioni arabe (Arafath era di nazionalità egiziana). per impedire con la forza la nascita dello stato md' Israele , voluto dalle Nazioni Unite.
    Gli ebrei hanno tutti i diritti di vivere nella terra dei loro padri, come dovrebbero averla i curdi dell' Irak , della Turchia, e della Siria e gli Armeni e perchè nessuno parla di quella popolazione che vive fra la Sicilia e l' Africa e che parla una lingua che viene da lontano? (Malta).

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    1. In Iran non risiede neppure un ebreo?
      http://it.wikipedia.org/wiki/Ebrei_iraniani
      Magari leggendolo fino alla fine.
      Wikipedia si sa, è notoriamente filopalestinese e filoaraba.

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    2. Wikipedia?????? Prima della rivoluzione, gli ebrei in Iran erano centomila, ora sono solamente ventimila . Tutti sono cittadini molto controllati . Amadinejiad ha affermato , che gli ebrei saranno i primi a morire, se Israele attaccherà,

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  36. A proposito di ricordi: Menachem Beginl,leader di Irgun e' diventato il primo ministro di Israle: non solo i Palestinesi hanno avuto e hanno leader terroristi ma anche Israele....

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    1. Begin, che non sta certo nel mio album dei leader politici di riferimento, fu a capo dell'Irgun ma ne accettò lo scioglimento e non si dedicò ad alcuna azione terroristica dopo il 1948. Trovo normale che uno stato nato da una lotta armata abbia al suo vertice figure dal passato più o meno terroristico, e l'avrei trovato normale anche per l'ANP. Trovo decisamente meno accettabile che si organizzino azioni terroristiche mentre sono in corso colloqui di pace, per dirne una.

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    2. Ci sta dicendo che in alcuni casi il terrorismo, comprese azioni dinamitarde compiute in stati terzi, è una pratica accettabile se non addirittura legittima.

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    3. Sì, credo che una guerra di liberazione, asimmetrica per definizione, possa rendere necessari e giustificabili anche atti di terrorismo. Infatti non storco più di tanto il naso rispetto ai dirottamenti di aerei operati negli anni dall'OLP, per dirne una. Certo, bisogna accettarne le conseguenze: se lanci razzi contro gli insediamenti civili ti devi aspettare che ogni tanto un missile faccia fuori i tuoi vertici, che vengano compiute delle incursioni militari nelle aree dove hai le basi, che se lanci i razzi da postazioni in mezzo ai civili ogni tanto qualche attacco ne faccia fuori qualcuno, e così via.
      Senza contare che, anche lì, ci sono delle possibili misure: per esempio il dirottamento dell'Achille Lauro poteva avere un senso, l'uccisione a sangue freddo di Leon Klinghoffer solo perché ebreo decisamente meno, tanto per rifarsi a un caso specifico.
      Aggiungo anche, a mo' di ulteriore chiarimento, che la lotta armata dei palestinesi per avere un loro stato è legittima, in mancanza di altri mezzi, ma che non è legittima né la loro pretesa di distruggere Israele, né il loro continuo ciurlare nel manico in sede negoziale, inframmezzando il dialogo con attentati e lamentandosi in maniera indegna a ogni reazione.

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    4. te lo ripeto, limitati a scrivere "Israele ha ragione sempre e comunque", ci fai una figura migliore.

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  37. vabe', mi rispondo da solo.
    leggasi dunque:
    "I commenti ai post sono in moderazione e quelli anonimi o dal contenuto offensivo hanno scarse possibilità di essere editati, a meno che non provengano dal mio stesso bando/clan"

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    1. Chi di clan ferisce, di clan... vabbè, insomma, prende uno schiaffetto.

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  38. E il Piano Dalet?

    Thorgen

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  39. E quanti morti ha fatto il piano Dalet? Un conto è disporre, in linea di pianificazione generale, l'eventuale distruzione di villaggi una volta espulsi gli abitanti in caso di azioni ostili continue e generalizzate, un conto è farlo sul serio, un altro conto massacrare i civili.
    Noto che, tra tante reminiscenze storiche, manca sempre il nome di Hadassah. Sarà un caso?

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  40. Comunque è impressionante come qualunque discussione sul tema Israele e Palestina finisca inevitabilmente col creare due fronti che si rinfacciano reciprocamente malefatte e atti di terrore, per di più sempre pronti a fare mille distinguo per quelli della parte per cui si tifa e a dichiarare inaccettabili quelli dell'altra parte o a cercare di chiamarla cinicamente "pari e patta". E questo senza essere direttamente convolti nei fatti, immaginati gli Israeliani e i Palestinesi... E ancora c'è chi spera nella pace, se manco noi siamo in grado di parlarne senza fare i cori da stadio? Mai uno che dica: sono state commesse atrocità da tutti, ora cerchiamo di pensare una soluzione senza stare lì a rinfacciarci le stragi e le morti. Non si tratta di dimenticare, ma di smettere di rinfacciare. Noi mica siamo ancora lì a rinfacciare ai tedeschi Marzabotto e Sant'Anna di Stazzema, e se un etiope si facesse esplodere in Piazza del Popolo al grido di "ricordatevi di Amezegna Washa!", lo considereremmo un pazzo prima che un terrorista.

    Ale

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  41. dopo aver letto tanti pareri illustri, nessuno mi informa su cosa succede in Siria? o non interessa perchè non ci sono ebrei di mezzo? saluti Malvino! klingsor

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  42. Mi ricordo che si era resa disponibile una vasta porzione di territorio in Australia a pochi soldi, e che anche il Madagascar abbondi di terre e di povertà, quindi potrebbe valutare un'offerta.
    Io un euro per il trasloco, per la pace in MO, lo darei, a potrei non essere il solo.
    Solo gli stupidi non cambiano mai idea.

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  43. Ugolino, perchè non hai proposto il polo sud.? Li i musulmani non hanno storia se non la favoletta, che da quella roccia maometto salì in paradiso. Ma è solamente una fandonia.

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