venerdì 26 luglio 2013

«Mi pare che in Beethoven manchi il ritmo»

Albert Willem de Groot ha segnalato una cinquantina di significati diversi del termine «ritmo» (Der Rhythmus) ed Edgar Willems è arrivato a contarne ben quattrocento (Le rythme musical). E dunque a cosa fa riferimento, Giovanni Allevi, quando afferma: «Mi pare che in Beethoven manchi il ritmo»? Parla della strutturazione, dello sviluppo o della periodicità? Fa forse riferimento al «metro», che però è solo uno degli elementi dell’organizzazione della durata? «Il ritmo non è un concetto univoco, ma un termine generico – scrive Paul Fraisse (Le structures rythmiques) – sicché solo l’analisi del testo musicale può individuarne le componenti dando ad esse unità gerarchica», e Allevi non cita una composizione in particolare, dice «in Beethoven», come se la mancanza di «ritmo» sia una caratteristica di tutta la sua produzione: forse vuol dire che in lui non riesce ad individuare equivalenza di durata tra le parti che confluiscono nella linea melodica? Può darsi, perché aggiunge che «il ritmo è elemento che manca [anche] nella tradizione classica [complessivamente presa in considerazione(?)]» e che ha pienamente afferrato cosa sia, il «ritmo», solo dopo aver lavorato con Jovanotti. L’avesse detto Guia Soncini, la questione non si porrebbe, ma Allevi ha studiato in conservatorio e dovrebbe sapere che quel dum-dum che amplifica il tic-tac del metronomo è peculiarità di certa musica – volendola considerare tale – ma che ce n’è altra che il battito, il respiro, l’onda di vita che l’attraversa e la muove, l’ha dentro, e da lì dentro le dà forma e andamento, anche facendo a meno di una linea di bass & drum. E allora che cazzo significa – esattamente – «mi pare che in Beethoven manchi il ritmo»? Domande che nessuno gli ha rivolto. D’altronde la sua uscita fa il paio con le reazioni che ha suscitato in chi di Beethoven conosce tutt’al più le prime cinque battute della V Sinfonia, l’An die Freude della IX nell’arrangiamento di Wendy Carlos per Clockwork Orange (Stanley Kubrick, 1971) e forse – dico forse – l’attacco di Für Elise e qualche passaggio della Mondscheinsonate. Il tutto s’incastona a meraviglia in un’Italia in cui solo l’analfabetismo musicale è più diffuso della propensione a polemizzare senza argomentare: solo in Italia un compositore come Giovanni Allevi poteva essere dapprima salutato come un genio, e poi trattato peggio di un cane rognoso, per essere eventualmente riconsiderato un genio dopo la morte, se mai morisse presto, meglio se per leucemia o per overdose; e solo in Italia l’ignoranza riesce a farsi così bene scudo dei luoghi comuni, dichiarandoli territori sacri, intangibili e dunque impenetrabili, perciò da rispettare, ma tenendosene alla larga. Avesse detto che in Hummel manchi il ritmo, affermazione assai più temeraria di quella analoga che Allevi ha fatto per Beethoven, chi lo avrebbe contestato? Ma Beethoven è Beethoven: per la plebe cui da almeno vent’anni la scuola d’obbligo non dà più alcun rudimento di educazione musicale, Beethoven è intoccabile. Nessuno che abbia chiesto ad Allevi di spiegare cosa intendesse per ritmo, visto che si tratta di uno dei concetti più controversi e dibattuti nella storia della musica: tutti a saltargli addosso come furie, come se di Beethoven fossero consumatori a colazione, a pranzo e a cena. Peggio, come se fossero sentinelle di guardia al suo mausoleo. Il punto più basso, poi, si è toccato col video che il maestro Giuseppe Maiorca ha dedicato, in mutandoni da combattimento, «a tutti quei cretini che pensano che Beethoven non abbia ritmo»: un’esecuzione del quarto movimento della Sonata n. 18 che per svergognare Allevi sembrava suonata da Jovanotti. Roba che avrebbe fatto esclamare a Richter: «Basta! Questo Beethoven ha troppo ritmo!».  

23 commenti:

  1. Sono d'accordo con l'articolo. Spesso noi italiani ci affezioniamo all'idea del mostro sacro, del maestro, di qualcuno che è superiore solo perché... tutti lo dicono. Coloro i quali contestano lo status quo vengono derisi e trattati come cani rognosi (a meno che non si appellino ad un altro luogo comune). Salvo poi, se risultano vincitori, venire osannati come i nuovi maestri.

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  2. mi raccontò un (fu) musicista vero che un giorno Ravel assistette a una prova del Bolero, diretta da Toscanini, e la trovò troppo veloce. allora lo avvicinò e gli disse "Maestro, guardi che non è mica così". Toscanini rispose "capisco Maestro, ma io avrò pubblico in sala, non li posso mica far addormentare".

    quanto a Allevi, boh; ricerca di pubblicità. vorrei sentire anche la campana di liszt...
    http://www.youtube.com/watch?v=VT2llVyPmHg

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  3. Il ragionamento è come sempre affascinante e convincente ma ritengo sia sprecato associato ad Allevi che non è mai stato considerato un genio prima e non è considerato un cane rognoso ora. Nell'ambiente del jazz in particolare è semplicemente considerato per quello che vale e cioè molto poco. Ma non é certo il poco talento che gli viene rimproverato, quello non è mai una colpa, quando l'ambizione e la presunzione "leggermente smodate" alimentate  dalla sua casa discografica che da alcuni anni tenta in tutti i modi di affermarlo senza sostanzialmente riuscirci. L'uscita su Beethoven quindi è ragionevole pensare sia una semplice operazione per lanciare il suo tour dopo un paio di anni incerti e come tale vada banalmente considerata. Non credo dietro ci siano tanti sofisticati ragionamenti o studi approfonditi del diplomato Allevi. Il problema di Allevi non si chiama Beethoven ma Bollani che il ragazzo  pare patisca molto, quello sì un genio purissimo, che infatti si prende assai meno sul serio ma gode della stima di tutto il mondo musicale jazz e classico. Non è un caso che Allevi non argomenti citando Albert Willem de Groot ma quella cattiva persona di Jovanotti (quello che guarda caso lo scopre e lo lancia nel mondo della musica) che sarebbe un po' come se io dicessi che Lei scrive ed argomenta in modo sublime. Un po' come Susanna Tamaro.
    Con stima.
    Marco

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  4. Leggendo i commenti che mi precedono mi pare che non ti abbiano capito fino in fondo.Mi sbaglio?

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    1. ...ma perché, è una funzione religiosa?
      (e lei chi sarebbe, santagostino?)

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    2. cresciuti a papaveri e papere (o come me a cantare Perosi in schola cantorum al San Cassiano di Imola)lasciateci in pace ad ascoltare ed ammirare almeno Beethoven,visto che non riusciamo ad abituarci agli sgnic e sgnac, sia pure ritmati a dovere, venuti e mantenuti dopo.

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    3. @ riccoespietato
      Talvolta penso che lei dovrebbe aggiungere un altro aggettivo al suo nickname, così si offrirebbe a tutto tondo.

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  5. Capita anche di non comprendere Beethoven, o Richter, fino in fondo. Con Allevi, capire è più semplice.

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  6. Ciao.

    Non sopporto le sviste nei tuoi bellissimi scritti. Verso la fine c'è un 'che' di troppo.

    "a tutti quei che cretini che pensano che Beethoven non abbia ritmo»

    Saluti

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    1. Quel 'che' di troppo non è mio, ma giustappunto del maestro Giuseppe Maiorca, e saltarlo sarebbe stato tradirne lo stile.

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    2. Prima di farti l'appunto ho ascoltato più volte il maestro, ma non mi pare che dica "quei che cretini". Se lo dice ho bisogno di una visita, non c'è dubbio. Saluti

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    3. Chiedo scusa, pensavo ti riferissi al 2° "che": il 1° mi era sfuggito anche alla rilettura. Provvedo subito alla correzione.

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  7. Non ho studiato musica purtroppo, anche se da piccola mi affascinava anche la sola vista di un pianoforte, ma questo non mi impedisce di amarla(quasi tutta) e di goderne molto.
    In compenso di musica ne aveva studiata-e fatta- tantissima il mio compagno, posso dire che non c'è stato quasi giorno della nostra vita in comune che non lo abbia visto-e sentito- al pianoforte.
    Siamo cresciuti insieme anche in questo, nella comune passione per la musica.
    Amo molto Beethoven, e non solo.

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  8. Annamaria parlaci di Emma!

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  9. Post splendido. Capisco se Allevi avesse argomentato. Capisco se si fosse riferito a un altro 'Sakamoto non ha ritmo'. Beethoven è stato un genio indiscusso, una qualunque critica che gli venga mossa o va ben argomentata oppure l'anche l'ultimo degli sfigati che conosce il trio dell'arciduca solo perchè citato da Murakami può insultare il capelluto 'maestro'.
    E' come se dicessi 'Picasso non aveva capito che cosa fosse davvero l'arte'. O la argomento dicendo, tipo 'Secondo me a quel tempo solo Mondrian e i suoi adepti avevano capito che l'arte era solo fine a sè stessa e non doveva per forza narrare un fatto o uno stato d'animo, arriva quel gonfiato d'uno spagnolo, spara una Guernica e viene osannato', posizione opinabile come tutte le opinioni, ma sensata, oppure se sparo la prima frase diretta anche il panettiere qui sotto può dirmi 'impiccati'.

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  10. Forse voleva dire semplicemente questo (non so nulla di 'sto Allevi pero')

    http://www.youtube.com/watch?v=EkbpmFOuKrc

    fedopiazza

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  11. ma dico io, imbastire tutto 'sto agone intorno a una tesi esposta ad minchiam da un prodotto di mercato... è una mia personale ipotesi, ma non credo nemmeno sia farina di allevi ma del suo ufficio stampa.
    è un lustro e mezzo che il finto tonto segue lo stesso copione: fa le sue sparatone non argomentate, si becca le noccioline in testa e poi piange davanti al popolino osannante affermando di essere vittima dei soliti parrucconi che tengono in ostaggio la musiKa KlassiKa. Allevi è la logica conseguenza dell'analfabetismo musicale dominante in Italia.

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  12. Con questo suo post, caro Malvino, lei ha colto il mio doppio senso di spaesamento a fronte dell'affermazione di Allevi. Il primo perche' non riuscivo ad afferrare esattamente il significato del ritmo continuando a choedermi se Allevi non si fosse in realta' lamentato del fatto che Beethoven non usasse la batteria. Il secondo senso di spaesamento invece provocato da una oggettiva mancanza di dati. Conoscendo di Beethoven solo quelle quattro cose, per me, Allevi poteva (e invero puo') anche aver ragione. Allora ho riascoltato "Come sei veramente" ed ho sospeso il giudizio. Comportandomi, almeno per una volta, da saggio. Del perche' di Beethoven conosco solo quelle quattro cose lo devo essenzialmente alla diffidenza nei confronti delle note e dei pentagrammi che la mia triste (poverina pero') insegnante di musica mi instillo' alle scuole medie. Cinque anni dopo al liceo il mio insegnante di Italiano si presento' con un giradischi e fu la mia prima vera lezione di Musica. Eppoi la mancanza di tempo... scusante evergreen per ogni superficialita' e cialtroneria. Con stima.

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  13. Mi asterrò dall'abusata battuta che il cane rognoso dovrebbe offendersi.
    Però, è naturale, lo penso.

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  14. Questa di Allevi è l'ultima dichiarazione di una lunga serie, già segnalata da Tempi.it.

    http://www.tempi.it/blog/allevi-ma-che-stai-a-di-25-ho-copiato-la-posizione-eretta-da-riccardo-muti

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