venerdì 9 aprile 2021

L’analogia

 

Chaїm Perelman afferma che, «nei settori in cui il ricorso a metodi empirici risulta impossibile, l’analogia rimane ineliminabile, e l’argomentazione utilizzata tenderà soprattutto ad appoggiarla, a dimostrare che essa è adeguata» (L’empire rhétorique, 1977). Ma adeguata a cosa? A «chiarire il tema mediante il foro», e cioè a persuadere che sia ragionevole avere unanime parere su qualcosa che è controverso, perché quel qualcosa è analogo a qualcos’altro su cui un unanime parere è già acquisito e consolidato. Sì, vabbè, ma analogo vuol dire uguale? No, «è necessario interpretare l’analogia in funzione al suo senso etimologico di proporzione [che] differisce dalla proporzione puramente matematica in quanto non pone l’uguaglianza di due rapporti ma afferma una somiglianza di rapporti» (ibidem). Per esempio?

Per esempio, c’è un’epidemia, e su questa epidemia ci sono pareri discordi – su cosa esattamente sia, su come debba essere più opportunamente affrontata, su quale atteggiamento imponga, ecc. – ma ecco che per alcuni c’è un’analogia che può mettere tutti d’accordo: bisogna guardare all’epidemia come a una guerra. Cominciamo, dunque, col cantare dai balconi l’Inno di Mameli e a dirci che «andrà tutto bene». Poi, ficchiamoci bene in testa che una guerra è una guerra, con quanto ne consegue in sacrificio personale e collettivo. È uno stato d’eccezione, e come tale impone la sospensione di certi diritti, una catena di comando celere, svincolata dalle ordinarie procedure democratiche, in capo alla quale è opportuno stia il meglio della competenza tecnica, il meglio della gestione tattica e della visione strategica.

Se si accetta l’analogia con la guerra, sollevare dubbi sulle decisioni prese per contrastare l’epidemia è disfattismo, avanzare critiche è boicottaggio, disobbedire è tradimento. Neppure è lecito nutrire perplessità riguardo al modo in cui la guerra è narrata ai cittadini dagli organi d’informazione istituzionale, perché, quando si è in guerra, gli strumenti della propaganda sono indispensabili: l’analogia deve essere enfatica e martellante, non deve lasciar spazio al dubbio, di modo che già il metterla in discussione come argomento sia visto come disfattismo, boicottaggio, tradimento.

Ora, per dirla con Roger Money-Kyrle, «la propaganda sembra spesso un metodo per indurre una serie di psicosi temporanee, che spesso cominciano con la depressione e che, attraverso la paranoia, arrivano a uno stadio di beatitudine maniacale» (The Psychology of Propaganda, 1941). Nel caso di un’epidemia che deve essere sentita come una guerra, dirsi che «nulla sarà più come prima» torna indispensabile da depressi e da maniaci, nell’angoscia dinanzi a uno scenario di distruzione e morte e nella speranza che da quell’incubo si uscirà migliori, perché temprati dalla sofferenza e dalla rinuncia. Dar mostra di essere disposti alla sofferenza e alla rinuncia, allora, sarà segno di serietà e di responsabilità; al contrario, ogni indugio, nutrito dal dubbio che l’analogia non sia valida come argomento, sarà indizio, se non prova, di scarso attaccamento al bene comune, autorizzando al sospetto che negare che sia in corso una guerra sia solo un vile espediente per sottrarsi al dovere cui è tenuto ogni buon cittadino. Tanto enfatica e martellante è la propaganda, d’altra parte, che non subirne gli effetti rivela una resistenza che può trovare ragione solo in un cieco egoismo: la validità dell’analogia come argomento sarà comprovata dal fatto che solo un vizio morale può osare negarla.


5 commenti:

  1. Don Ferrante sarebbe fiero di te.

    RispondiElimina
  2. allora forse si dovrebbe cercare un'analogia migliore

    RispondiElimina
    Risposte
    1. se mi posso permettere: allora - senza forse - bisognerebbe farla finita con le "analogie" e ricorrere soltanto a metodi empirici. Ma esse fanno troppo comodo alla "catena di comando", agli ‘alcuni‘ che hanno deciso di sposare quella che paragona l'epidemia alla guerra. Un'analogia diversa, non migliore, sarà imposta se ci sarà una sorta di "liberazione": omaggio ai caduti e agli eroi della resistenza. Poi ci penseranno gli storici - e vedremo quale versione prevarrà.

      Elimina
  3. Qualcosa in grado di provocare tre milioni di morti in meno di due anni o è una guerra o è una pandemia. Non vedo altre analogie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti è una pandemia. L'analogia con la guerra può tornarle utile solo se intende proclamare lo stato di guerra. Con quanto ne consegue, ovviamente.

      Elimina