lunedì 12 aprile 2021

Sulla tolleranza

 

Nel discorso che tenne il 4 marzo 1801, inaugurando il suo primo mandato presidenziale, Thomas Jefferson esortò chi lo aveva sostenuto nella corsa alla White House a tollerare quanti di lì in poi avessero inteso avvelenare i pozzi dellopinione pubblica al fine di sovvertire le istituzioni democratiche: «Let them stand undisturbed – disse – as monuments of the safety with which error of opinion may be tolerated where reason is left free to combat it».

Di tutta evidenza si trattava di una tolleranza che traeva forza da un temerario atto di fede nella ragione, ma tornerà utile rammentare che la campagna elettorale dalla quale usciva vincitore aveva visto i suoi oppositori far largo impiego di quanto oggi diremmo fakenews, hatespeech, shitstorming: diciamo che quando vince la ragione – la tua ragione – ti viene facile concedere che «the minority possess their equal rights, which equal law must protect, and to violate would be oppression».

Concessione, questa, che potremmo dire «liberale», dove le virgolette qui invitano a cogliere il termine nella nudità delletimo, spoglio dogni accezione politica, in quel prepolitico «liberalis» che sta per «generoso dei propri averi», e che non a caso troviamo spesso a dar misura dellofferta sacrificale con la quale si esprime gratitudine alla divinità che ha accordato il suo favore alla riuscita dellimpresa: «oblatio liberalis», qui, alla Dea Ragione.

Non cè da dubitare, tuttavia, che se gli accoliti di John Adams – «the minority» – si fossero azzardati a tradurre in atti sovversivi il loro «error of opinion», le cose si sarebbero messe in modo assai diverso. Infatti, a dissuadere costoro anche dal solo provarci, e a tranquillizzare quanti ritenessero che «this Government is not strong enough» per potersi permettere tanta liberalità, Thomas Jefferson fece presente che, si fosse mai passato dalle parole ai fatti, «every man, at the call of the law, would fly to the standard of the law, and would meet invasions of the public order as his own personal concern». Un altro atto di fede, in buona sostanza, e altrettanto temerario, perché, se «every man» avesse egual concetto di «reason» e di «error», le guerre civili non avrebbero ragion dessere.

Lesempio di tolleranza che qui si è preso in considerazione dà piena copertura a tutte le opinioni, anche a quelle che possono mettere in discussione lo «standard of the law» che impone la tolleranza verso quelle altrui. Così, un secolo e mezzo dopo il discorso di Thomas Jefferson, accade che Karl Popper colga un grave limite in questa «unlimited tolerance»: «If we are not prepared to defend a tolerant society against the onslaught of the intolerant, then the tolerant will be destroyed, and tolerance with them».

Ma fin dove può legittimamente spingersi l’intolleranza verso gli intolleranti? Per dare a questa domanda una risposta che abbia senso, occorre far chiarezza su quanto fin qui è restato nel vago, per non dire nellambiguo. In primo luogo, cosa vuol dire «legittimamente»? E cioè: donde discende la legittimità che consente ai tolleranti di essere intolleranti verso gli intolleranti? E in quali «legittimi» modi essi possono agire contro gli intolleranti?

In secondo luogo, quando diventa «legittimamente» intollerabile, per i tolleranti, il «mettere in discussione» lo «standard of the law» che impone la tolleranza verso tutte le opinioni? Per Jefferson, abbiamo visto, diventa «legittimamente» intollerabile solo se e quando la messa in discussione passa dalle parole alle azioni. Ora è chiaro che le parole usate per formulare ingiurie, calunnie o minacce sono anchesse azioni, ma è evidente che per esse non ci sia alcun bisogno di scomodare il «paradosso della tolleranza», perché sempre penalmente rilevanti. Altra cosa, invece, sono le parole usate per formulare opinioni che non implichino ingiuria, calunnia o minaccia: quando diventa legittimo sanzionarle? Per meglio dire: se con Jefferson il limite è ben chiaro, ed è posto tra parole e azioni, dove queste ultime includono le parole usate per formulare ingiurie, calunnie o minacce, qual è il limite posto da Popper? In The Open Society and Its Enemies (1945), che è lopera da cui abbiamo tratto il succitato brano, il limite non è affatto chiaro.

Da un lato, infatti, egli afferma: «We should claim that any movement preaching intolerance places itself outside the law and we should consider incitement to intolerance and persecution as criminal, in the same way as we should consider incitement to murder, or to kidnapping, or to the revival of the slave trade, as criminal»; e questo sembrerebbe rendere legittimo sanzionare solo le opinioni che implichino unistigazione a delinquere.

Dallaltro, invece, afferma: «I do not imply, for instance, that we should always suppress the utterance of intolerant philosophies; as long as we can counter them by rational argument and keep them in check by public opinion, suppression would certainly be most unwise. But we should claim the right to suppress them if necessary even by force; for it may easily turn out that they are not prepared to meet us on the level of rational argument, but begin by denouncing all argument; they may forbid their followers to listen to rational argument, because it is deceptive, and teach them to answer arguments by the use of their fists or pistols».

Laddove sia realmente presente unincitamento alluso di «fists or pistols», è chiaro che ancora una volta saremmo dinanzi a un caso di istigazione a delinquere: legittima, in questo caso, lintolleranza dei tolleranti verso gli intolleranti. Ma quanto continua ad essere legittimo «the right to suppress them if necessary even by force», non già per il solo fatto che «they are not prepared to meet us on the level of rational argument», ma perché «they may forbid their followers to listen to rational argument»? In buona sostanza, chi fa da garante che un «argument» sia realmente «rational»? Si sarebbe tentati a credere che sia necessario ricorrere ad una autorità in grado di accertarlo volta per volta. Superfluo dire che, in tal caso, detta autorità dovrebbe avere massima competenza nel campo della logica.


[segue]

8 commenti:

  1. Che noia questo parlarsi addosso.

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  2. Sempre trovata autoreferenziale quella affermazione di Popper, autoreferenziale e ricorsiva.
    Questo è così perché lo dico io e il fatto che lo dico io lo dimostra.
    Ratzingeriano, nella sostanza.

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    1. Pienamente d'accordo. Infatti, se la riflessione che qui ho iniziato avrà seguito, vorrei tentare di dimostrare perché l'affermazione di Popper non regge proprio su quel piano razionale che egli afferma essere la base più solida per dare a qualcuno il diritto di impedire a qualcun altro di poter esprimere la propria opinione. In sostanza, l'intollerante potrebbe parlare solo fino a quando non fa un discreto numero di proseliti: di lì in poi dà diritto al tollerante di diventare intollerante nei suoi confronti.

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  3. si può permettere ad una squadra molto fallosa di vincere la partita intimidendo gli avversari? no. non sarebbe giusto.
    la posta in gioco è la difesa delle regole del calcio e non la salvaguardia di una squadra o dell'altra. si gioca una partita di calcio e se ne rispettano le regole. chi non rispetta le regole dovrebbe essere escluso dal gioco.

    chiaro che non è così semplice. la squadra campione in carica potrebbe impedire agli sfidanti di scendere in campo ricorrendo a metodi pretestuosi, approfittare del proprio blasone per forzare le regole ed impedire l'accesso al gioco agli antagonisti etc

    non è un problema di facile soluzione.

    qual è il limite?

    il limite, secondo me, è dato dalla minaccia alle istituzioni democratiche: in quel momento è giusto mettere all'angolo gli intolleranti, censurandone il loro libero pensiero ed inibendone l'azione.
    chiaro che chi è già al comando, chi è già dentro a quelle istituzioni democratiche gode di un certo vantaggio.
    la speranza è che non ne approfitti troppo.

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    1. Si fischia ogni fallo, si ammonisce, si espelle, si attribuisce la vittoria a tavolino, si comminano punti di penalità, si retrocede la società, si radianti giocatori e dirigenti.
      Io, quello che non capisco di Popper e di altri anche qui è pensare alla tolleranza come mancata applicazione delle regole sanzionatorie.
      Se violo la legge vado perseguito ai sensi di legge. Se dico o faccio cose che non piacciono a Popper o ad altri senza violare la legge, se ne facciano una ragione.
      La tolleranza in uno stato di diritto è uno stato emotivo personale, non un fatto giuridico.

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  4. "Si può permettere ad una squadra molto fallosa di vincere una partita?.. Chi non rispetta le regole dovrebbe essere escluso dal gioco."

    Sacrosante parole, c'è chi è convinto che barando o non rispettando le regole tutto sia lecito.

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