«Quale
esiste nelle nostre società, la famiglia coniugale non è
l’espressione
di un bisogno universale, né è inscritta nelle radici della natura
umana: è una soluzione intermedia, uno dei possibili stati
d’equilibrio
tra formule che ad essa si oppongono, e che altre società hanno
effettivamente accettato».
Chi sarà mai ’sta
bestia che osa mettere in discussione la trascendenza della famiglia tradizionale? È presto detto: si tratta di Claude
Lévi-Strauss.
Se stamane avete letto Il
Foglio,
sono certo che vi chiederete se per caso non si tratti di un omonimo
del Lévi-Strauss cui Antonio
Gurrado ha attribuito la «formidabile arringa in favore della “famiglia
naturale”» che ha pensato di poter cavare da La famiglia (ne Lo guardo la lontano, il Saggiatore 2010).
No, si tratta dello stesso Lévi-Strauss.
Un po’
manipolato, diciamo, ma questo non dovrebbe far troppo scandalo, in
fondo stiamo parlando di un articolo pubblicato su Il
Foglio,
per giunta a firma di chi qualche tempo fa provò a rifilarci un
«Voltaire
cattolico» (Lindau,
2013), e poco mancava
che «écrasez
l’infâme»
diventasse
il motto da apporre sotto la statua della Vergine
che col piede schiaccia il Serpente,
tutto a partire da un «grazie
a Dio, sono buon cattolico»
palesemente ironico (Proscritto al Trattato sulla tolleranza).
Stavolta?
Una robina senza troppe pretese: Gurrado dà valore di domanda
retorica a una domanda che non l’ha
per niente. «Se
l’universalità della famiglia non è effetto di una legge
naturale, come si spiega che la si trova dappertutto?»:
isolandola da ciò che viene prima e ciò che viene dopo, nel testo,
torna buona ad attribuire a Lévi-Strauss esattamente il contrario di
quanto afferma; e comunque, come vedremo, per «famiglia»
non si intende affatto «famiglia
tradizionale»
(intesa come relativa alla tradizione dell’occidente
cristiano).
Già
l’assunto
di partenza tende a scoraggiare ogni tentazione a postulare un
modello ideale cui la natura tenderebbe per sua intrinseca tendenza:
«Sarebbe
un errore addentrarci nello studio della famiglia con spirito
dogmatico».
E infatti: «Quando
si ripercorra l’immenso
repertorio delle società umane su cui abbiamo informazioni, tutto
quello che si può dire è che la famiglia coniugale vi è
frequentissima, e che, dove essa sembra mancare, si tratta in
generale di società molto evolute, e non, come ci si sarebbe potuto
aspettare, delle più rudimentali e semplici. Peraltro, tipi di
famiglie non coniugali esistono; e basta questo per convincerci che
la famiglia coniugale non proviene da una necessità universale».
Come si può fare di Lévi-Strauss un testimonial per il Family Day?
Impossibile. Impossibile da usare per spacciare la «famiglia
tradizionale»
come modello superiore. Impossibile da usare per sostenere la tesi
che i modelli alternativi ad essa siano «contronatura».
Ma impossibile da usare pure per dimostrare che il principio
coniugale possa necessariamente realizzarsi tra persone di sesso
diverso. Ed ecco, allora, che dopo un ampio ventaglio di modelli
familiari quanto mai distanti dalla «famiglia
tradizionale»,
si arriva a ciò che consiglia di tenere Lévi-Strauss a debita
distanza dal Circo Massimo: «Per
quanto strani ci appaiano, questi matrimoni tengono ancora conto
della differenza dei sessi, che ai nostri occhi è la condizione
essenziale (per quanto le rivendicazioni degli omosessuali comincino
a contestarla) per la fondazione di una famiglia. Ma in Africa donne
d’alto
rango avevano spesso il diritto di sposare altre donne, ingravidate
da amanti autorizzati; la nobildonna diventava “padre”
legale dei figli».
Ma Gurrado non si limita a questo: scrive che per Lévi-Strauss la famiglia è «fenomeno praticamente universale» (anche qui lasciando intendere che per «famiglia» sia da intendersi «famiglia tradizionale») per sostenere che debba necessariamente ritenersi fondata «sull’unione più o meno duratura, ma socialmente approvata, di due individui di sesso diverso che fondano una convivenza, procreano e allevano figli». Bene, questa definizione è solo quella che Lévi-Strauss pone in antitesi a quella di una «famiglia quale si osserva nelle società moderne» come «fenomeno relativamente recente, frutto di un’evoluzione lunga e lenta», per dire che in entrambi i casi si tratta di «posizioni estreme» che «peccano per semplicismo».
Ma Gurrado non si limita a questo: scrive che per Lévi-Strauss la famiglia è «fenomeno praticamente universale» (anche qui lasciando intendere che per «famiglia» sia da intendersi «famiglia tradizionale») per sostenere che debba necessariamente ritenersi fondata «sull’unione più o meno duratura, ma socialmente approvata, di due individui di sesso diverso che fondano una convivenza, procreano e allevano figli». Bene, questa definizione è solo quella che Lévi-Strauss pone in antitesi a quella di una «famiglia quale si osserva nelle società moderne» come «fenomeno relativamente recente, frutto di un’evoluzione lunga e lenta», per dire che in entrambi i casi si tratta di «posizioni estreme» che «peccano per semplicismo».
Sì, vabbè, ma chi volete che vada a controllare cosa davvero abbia scritto Lévi-Strauss? Si mandi in pagina.
[Si ringrazia Urzidil per la revisione.]
[Si ringrazia Urzidil per la revisione.]