«Hegel
nota in un passo delle sue opere
che
tutti i grandi fatti e i grandi personaggi
della
storia universale si presentano
per,
così dire, due volte. Ha dimenticato
di
aggiungere: la
prima volta come tragedia,
la
seconda volta come farsa»
Karl
Marx, Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte
Uomo
di Sinistra, il Depretis. È con la nascita del suo V governo, il 19
maggio 1883, che il trasformismo diventa esplicito programma
politico. Senza scrupoli di sorta, perché il termine non ha
acquistato ancora l’accezione
negativa che acquisterà dopo, molto dopo (al momento è solo
quell’anima
bella di De Sanctis a storcere il muso), ed è sinonimo di
evoluzione, «la
legge generale delle cose viventi»,
come dirà il Minghetti, uomo di Destra, per dichiararsi – potenza
dell’eufemismo
– disponibile a discuterne.
Il trasformismo non è il cambio di
casacca: a trasformarsi devono essere i partiti, perché Destra e
Sinistra sembrano categorie superate, per giunta logoranti. Ad essere
logorata, in realtà, è solo la Sinistra, e Depretis cerca di darle
una base più solida in Parlamento, in nome di qualcosa che unisca
gli eletti di là dalle ideologie. Il bene comune? Senza dubbio, ma
cosa è comune agli uomini dei fin lì opposti schieramenti?
«In
buona coscienza fanno prima di tutto e soprattutto gli interessi loro
propri, dei parenti, dei congiunti, degli amici, dei protetti,
facendovi entrare, quando si possa senza proprio incomodo, anche
quelli del pubblico»: qualunquista ante litteram, padre Carlo Maria
Curci, ma, nel concedere che «Destri e Sinistri si dividevano e si
dividono ancora così per i riguardi personali, per divergenze in
particolari opinioni, ma quanto al principio generale l’uno vale
sostanzialmente l’altro», ammette che il programma di Depretis
abbia una solidità di fatto nell’evidenza
che ormai Destra e Sinistra sono termini «arcaici». Sbarazziamoci
delle ideologie, si faccia largo a un sano pragmatismo che porti a
confluire tutti gli uomini di buona volontà e di solido appetito in
un bel Partito della Nazione.
Vabbè, qui sono andato un po’
oltre, perché Depretis e Minghetti non si azzardarono a immaginare
di poter far confluire Sinistra e Destra in un partito unico. Uomini
dell’Ottocento,
c’è
da capire.
Dovendo sbarazzarsi delle ideologie per poter meglio
conciliare i traffici e le spartizioni, era necessario liberarsi
degli abiti che si erano indossati fino ad allora per officiare ai
riti dello scontro tra chi era al governo e chi all’opposizione.
L’appartenenza
ad una tradizione culturale diventava d’impaccio
e chi ne coltivava il culto – si noti dal bisticcio che occupazione
stronza – diventava un solenne rompicoglione, un idealista del
cazzo, un seccante brontolone.
Quel gufo del Carducci, per esempio:
«A questa nazione, giovine di ieri e vecchia di trenta secoli, manca
del tutto l’idealità...
Uomini e partiti non hanno idee, o per idee si spacciano affocamenti
di piccole passioni, urti di piccoli interessi, barbagli di piccoli
vantaggi: dove si baratta per genio l’abilità,
e per abilità qualche cosa di peggio; dove tromba di legalità e
alfiere dell’autorità
è la vergogna sgattaiolante tra articolo e articolo del codice
penale». Peggio di uno Zagrebelsky,
via, quasi un Davigo.
Per fortuna non mancò chi seppe dare una copertura culturale all’operazione. Provate a indovinare. Bravi, fu quella merdaccia di Benedetto Croce: non importa se il politico sia onesto o meno, l’importante che è sia bravo. Bravo a che? Che domande, bravo a far politica, che è scienza dell’utile. Utile a chi? Basta con le domande, ché Sua Eccellenza ha cose più importanti a cui pensare, ha da scrivere un saggio sulla poesia barocca e non può perdere tempo a battibeccare sui social. Date tempo al tempo, aspettate che tutto questo schifo diventi fascismo e vi concederà di venerarlo come iconetta dell’antifascismo. Riempitelo di like, ché ci tiene tanto.
Per fortuna non mancò chi seppe dare una copertura culturale all’operazione. Provate a indovinare. Bravi, fu quella merdaccia di Benedetto Croce: non importa se il politico sia onesto o meno, l’importante che è sia bravo. Bravo a che? Che domande, bravo a far politica, che è scienza dell’utile. Utile a chi? Basta con le domande, ché Sua Eccellenza ha cose più importanti a cui pensare, ha da scrivere un saggio sulla poesia barocca e non può perdere tempo a battibeccare sui social. Date tempo al tempo, aspettate che tutto questo schifo diventi fascismo e vi concederà di venerarlo come iconetta dell’antifascismo. Riempitelo di like, ché ci tiene tanto.