lunedì 12 settembre 2016

Una droga, praticamente


Quando chiudeva a questo modo quella che nel sottotitolo presentava come Unautobiografia politica (Dal Pci al socialismo europeo – Editori Laterza, 2005), chi avrebbe potuto sollevare il sospetto che Giorgio Napolitano non fosse sincero? Aveva appena compiuto 80 anni, verosimile si fosse posto già da tempo proprio quella meta a scadenza del suo lungo impegno politico, comprensibile si sentisse come un pesce fuor dacqua in «unepoca di sfrenata personalizzazione della politica, di smania di protagonismo, di ossessiva ricerca delleffetto mediatico».
A sentirlo oggi – parlo dellintervista concessa a Mario Calabresi (la Repubblica, 10.9.2016) – un sospetto, però, viene. Di lì a qualche mese, infatti, il settennato di Carlo Azeglio Ciampi sarebbe giunto a termine, si sarebbe dovuto cercare un nuovo inquilino per il Quirinale, la scelta si sarebbe inevitabilmente ristretta alla cerchia di quanti fossero più super partes, o almeno apparissero tali in modo convincente: col ritratto offerto di sé in quelle memorie, e ancor più col momento per mandarle in stampa, non è più probabile che Giorgio Napolitano stesse lanciando la sua candidatura a Presidente della Repubblica?
Certo, non si nascondeva che il tentativo di restare in campo potesse risultare «difficile e ingrato», ma il «sapiente precetto di Plutarco» consentiva che si ricorresse a qualche «expediency». Se così fosse, dovremmo riconoscere che quella di dichiararsi ormai extra partes, pronto a darsi interamente ai nipotini, sortì il risultato. «Non ho mai cessato di sentirmi legato alla politica», scriveva, e il decennio successivo avrebbe dimostrato che non poteva farne a meno. Una droga, praticamente.
Ricorrendo allormai logora metafora calcistica – il lettore chiuda un occhio, «limpoverimento culturale che la politica ha subìto» lha resa insostituibile – diremmo che solo da arbitro, e dopo una lunga carriera da grigio mediano, attento quasi esclusivamente a non riportare infortuni e a non perdere il posto di titolare, Giorgio Napolitano fosse destinato a scoprire in sé la vocazione di centrocampista, capace di pennellare cross precisi al centimetro.
Dismessa la casacca da arbitro, eccolo in tuta da allenatore. Mai seduto in panchina, sempre a bordo campo, ora a segnalare un fuorigioco inesistente («Le firme per chiedere il referendum le hanno raccolte i fautori del sì mentre quelli del no non hanno avuto la forza di raggiungere il numero minimo», ma non si sarebbe dovuto tenere comunque, il referendum, visto che la riforma costituzionale non è passata coi voti dei due terzi del Parlamento?), ora a pretendere lespulsione per un fallo di reazione ad un’assassina entrata a gamba tesa sulla quale invece si può chiudere un occhio («Non ho condiviso la iniziale politicizzazione e personalizzazione del referendum da parte del Presidente del Consiglio, ma specie all’indomani del sia pur lento sforzo di correzione di questo approccio da parte di Renzi, nulla può giustificare la virulenza di una personalizzazione alla rovescia operata dalle più diverse opposizioni facendo del referendum il terreno di un attacco radicale a chi guida il PD e il governo del Paese»).
Il gioco non gira nel modo giusto, puttana Eva, «non c’è respiro, non c’è visione ampia, manca lo sguardo lungo...». Poi, visto che la partita non mette bene, andrebbe rivista la regola dei 3 punti a chi vince: «Rispetto a due anni fa lo scenario politico risulta mutato in Italia come in Europa. Ci sono nuovi partiti, alcuni dei quali in forte ascesa che hanno rotto il gioco di governo tra due schieramenti, con il rischio che vada al ballottaggio previsto dall’Italicum e vinca chi al primo turno ha ricevuto una base troppo scarsa di legittimazione col voto popolare. Si rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40% dei voti», ma non era così anche prima, quando ai sondaggi il ballottaggio era dato tra centrodestra e centrosinistra?
Niente da fare, l«expediency» ce lha nel sangue, il gioco è tutta la sua vita, troverà pace solo nella tomba. 

17 commenti:

  1. Napolitano è un box to box, cambia l'inerzia delle partite

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  2. Quello che non ho mai capito però è come un fine allenatore come Napolitano abbia potuto pensare di blindare una coppia riforma costituzionale + legge elettorale basandosi sui sondaggi a quattro anni dalle politiche. Soprattutto dopo una tornata elettorale che ha visto il terzo incomodo a quasi il 30% dei consensi.
    E' come scegliere la formazione della finale di Champions a settembre.

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    1. Il fatto è che l'illusione di imporre politicamente un sistema elettorale a proprio esclusivo vantaggio è un'antica pericolosa fissa dei partiti, che non imparano mai la lezione. Il sistema elettorale, cioè (qualunque esso sia), è da sempre una sorta di Frankenstein che usa uccidere il suo cratore. La DC dominava grazie al proporzionale quasi puro, nonostante una sua certa ricorrente insofferenza a quel metodo, ma fu spazzata via prima ancora di passare a un nuovo sistema e sarebbe sparita qualunque esso fosse stato. Berlusconi spopolò grazie al semi-maggioritario (il mattarellum) che pure non gli rimase mai granché simpatico e col maggioritario puro avrebbe spopolato anche di più. Invece, nel 2005 pensò di imporre un nuovo sistema, a listoni nazionali e senza collegi, per fregare Prodi (il porcellum). E nel 2006 ne rimase fregato lui, sul filo di lana, mentre si accertò che col vecchio mattarellum e gli stessi voti avrebbe invece rivinto lui(a dirla tutta, anche grazie ad "abbiamo una banca" e a "le televisioni non servono"), alla faccia dell'ignobile operato suo personale e dei suoi governi.
      Poi Renzi e Mago Merlino si sono inventati l'italicum pensando con esso di fregare tutti. Ora però s'accorgono, durante il periodo di incubazione del mostro, che con esso il padulo potrebbe volare nel loro di ricettacolo. Motivo per cui, incuranti della miserana figura di rubagalline, stanno ora meditando un'altra "porcata". Ma non si scappa: rimane assai probabile che saranno ancora una volta gli autori del nuovo congegno a rimanere schiacciati sotto i suoi ingranaggi.

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  3. L'anima nera (sì, più nera di quella di Andreotti) della storia politica italiana. Senza aver mai pagato il minimo dazio per le sue innumerevoli infami scelte, è stato trinariciuto della più bell'acqua, sostenitore della ferocia sovietica in Ungheria, perfido aspide oppositore di Berlinguer, fautore dello scioglimento del PCI nel PSI di Craxi, amico e supporto dei tangentari milanesi e non di PSI e PCI, mestatore con la mafia, Presidente spergiuro e e poi ancora Presidente, contro la Costituzione, intimidatore di Cassazione e magistratura, burattinaio malefico ...
    Un Cincinnato del cazzo che, lungi dall'averlo zappato, un orto non l'ha mai visto in vita sua. Un vampiro che, nonostante i suoi anni e alla faccia delle scelte poltiche condivise, continua a nutrirsi del sangue altrui, non sognandoselo nemmeno di frequentare campi e vivere di ortaggi.

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    1. All'ottimo, esauriente curriculum dell'"anima nera"c'è da aggiungere solo un bell'inizio tutto 'nero'.
      Perché il Napolitano di oggi è diverso solo fisicamente da quello che già nel 1941 era iscritto al GUF della Gioventù Universitaria Fascista e scriveva cose di questo tipo:
      "«L’Operazione Barbarossa civilizza i popoli slavi: dato che il nostro sicuro Alleato [è] lanciato alla conquista della Russia vi è la necessità assoluta di un corpo di spedizione italiano per affiancare il titanico sforzo bellico tedesco, allo scopo di far prevalere i valori della Civiltà e dei popoli d’Occidente sulla barbarie dei territori orientali.»
      (GIORGIO NAPOLITANO, in “BÒ”, giornale universitario del GUF di Pa- dova, Luglio 1941).
      Bello, eh? sembra quasi roba di oggi, settembre 2016.
      Ieri bisognava scongiurare la 'barbarie dei territori orientali', oggi la 'furia iconoclasta'dei populismi ed euroscetticismi. Ma lì siamo.

      Napolitano, nel suo infinito curriculum di frequentazione del potere ha cambiato solo etichette, nomi, targhe, facciate. Ma lui è rimasto quello di sempre: uomo di potere e di profondissima, dura destra totalitaria.

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    2. Per Anonimo.
      Vero, invano mi danno, io.

      Per Annamaria.
      Vero, avevo dimenticato la storia del GUF, cosa non da poco e che contribuisce molto a definire il losco personaggio. Sebbene il GUF fosse in realtà - secondo lo stesso aspide (che avrebbe fatto meglio a tacere al riguardo) - "un vero e proprio vivaio di energie intellettuali antifasciste, mascherato e fino a un certo punto tollerato". Sì, insomma, un covo di sovversivi perseguitati e braccati dall'OVRA.

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    3. @Annamaria
      il giullare del Movimento (no, non il capo, quell'altro a cui hanno dato pure un Nobel) la Resistenza la fece con la casacca nera.

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    4. Me l'aspettavo, anche se speravo che non arrivasse...invece è arrivata la replica:'e allora le foibe?'
      A questo punto che si fa? Al suo 'e allora Dario Fo?'mi metto a controreplicare 'e allora Eugenio Scalfari, grande sponsor del "tirannello-stai-sereno", immortalato in foto mentre, da perfetto fascista, riceve la benedizione e l'imposizione delle mani del compagno Mussolini?' Oppure decido di rammentarle la lunga amicizia tra Pietro Nenni e il compagno Mussolini? O magari la collaborazione di Ernesto Rossi con il giornale diretto dal compagno di cui sopra?
      E via così di questo passo, di foiba in foiba? No grazie, non la seguo su questa via: perché mi annoia, perché non mi va e perché questi 'dettagli' lei li conosce benissimo, anche se li cita in modo selettivo.

      Qui si parla di Giorgio Napolitano, della sua indole e della sua storia, intrecciata purtroppo con la storia del nostro Paese.
      Napolitano nel 1941 scriveva, con stile drammaticamente sovrapponibile a quello odierno, cose a mio avviso agghiaccianti.

      Quei contenuti non appartengono a me, che mi limito a riproporli, ma a Giorgio Napolitano.
      Che ne pensa? Che impressione le fanno?

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    5. Virtuoso, il divieto di benaltrismo. Consentito, però, quando si parli dei cinquestelle a Roma. Allora è tutto un "e allora il PD"?

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    6. Non mi interessa difendere Napolitano, ma mi sembra strano che scrivesse sul giornale del Guf di Padova, dal momento che lui è di Napoli , oltretutto nel 1941 quando aveva solo 16 anni. Altri magari potranno andare a verificare la veridicità di quanto riportato da Annamaria, non è questo il punto.
      Piuttosto il punto è : a 16 anni, chi di noi non ha scritto (pensato, creduto) un sacco di cazzate?

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    7. Per Stefano.
      Vede, secondo me l'aver avallato in qualche modo il regime fascista rimane una vergogna personale che caratterizza, anzi marchia il soggetto che se ne sia reso responsabile. Personalmente poi non credo neanche un po' ai cosiddetti errori di gioventù, tanto meno alle conversioni sulla via di Damasco. Ferrara, ad esempio, era sempre Ferrara quando guidava la FGCI e quando regegva la coda a Craxi, quando dava man forte e consigli a Berlusconi come quando baciava le pile e il culo di Bertone. Una testa di cazzo, un opportunista, un trasformista, nel loro animo, se tali sono tali rimangono per il resto della loro vita. L'importante sarebbe - ma chissà perché ai più risulta sempre difficile - saperli riconoscere.
      A gente come Dario Fo o Giorgio Albertazzi, però, occorre riconoscere la notevole attenuante di aver raggiunto (poi) la loro notorietà in un campo comunque molto diverso dalla politica di professione, cui praticamente abdicarono da ragazzi, per darsi subito al teatro, settore cui dobbiamo ascrivere in via esclusiva le ragioni della loro notorietà, acquisita cioè solo grazie al loro oggettivo talento artistico.
      Diversissimo è invece il caso di camaleonti come Scalfari e soprattutto Napolitano, che hanno continuato a incidere (negativamente e pesantemente) sull'evoluzione politica del Paese, nonostante la seguela di cazzate che sono andati facendo e ripetendoci nel corso di 70 anni di storia. Napolitano in particolare non ne ha azzeccata una. La cosa però si spiega, eccome, e non esattamente con l'inettitudine, quanto piuttosto con la sua intima, segreta ideologia: lui ha sempre badato esclusivamente al suo di culo di potente, combattendo delibaratamente e puntualmente il bene comune e l'affermazione della libertà, da qualunque scranno abbia avuto modo di farlo. In questo senso non ne ha sbagliata una, assicurandosi così, ogni volta più comoda, la permanenza a cavallo.
      La cosa più triste di tutte è infine che proprio da questo losco signore (e dai suoi degni tirapiedi al governo e in parlamento) ci siamo fatti confezionare una nuova costituzione.

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    8. se promettete di non accendere il frullatore

      http://goofynomics.blogspot.nl/2014/07/improntare-il-giornale-ottimismo.html

      perchè a me la faccenda ha turbato parecchio, parecchio, visto che il giornale privato di De Benedetti laRepubblica girava per casa assieme ad altri giornali. Girava per casa, aveva vita autonoma

      a dire il vero avevo già cominciato a sentire una puzza leggendo un ebook, un capitoletto intitolato "Il Giornalista" di Miriam Mafai che parlava del direttore di laRepubblica come di un monarca assoluto e già capivo che le parole cominciavano a stonare parecchio, come il furto di "Forza Italia"

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    9. Ineccepibile, sì questo tipetto fa parere Andreotti un vero Divus e ho detto tutto, mi associo alla richiesta alla Nera Signora armata di falce, dove si firma?
      Caifa.

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  4. Certo. a novantun anni mi pare assennato iniziare a prepararsi a fare il conto alla rovescia per il sepolcro, e ciò se non da parte di chi ne è il portatore, dacché in costui potrebbero prevalere magari anche comprensibili ragioni scaramantiche (tanto più essendo lui nativo di Napoli), perlomeno ad opera di coloro, ed io tra tra questi, che invece ritengono sia giunto a maturazione il momento in cui la grande falciatrice abbia a continuare alacremente, dopo il meritorio lavoro svolto nei confronti di Pannella, l'attività di disinfestazione della sfera politica italiana. Emilio

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  5. Certo che lei Castaldi legge, ma soprattutto, compra qualsiasi libro.

    6iorgio

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  6. Piccola correzione: il referendum si sarebbe dovuto fare solo e soltanto se si fossero raccolte firme o se avesse fatto richiesta un quinto dei parlamentari di una camera, sennò no. I parlamentari di maggioranza e opposizione, ciascuno per suo conto (prima quelli di opposizione però), hanno fatto richiesta.

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