Non gli mancherebbe niente per essere occasione di polemica anticlericale, basterebbero le interviste rilasciate a Pontifex.roma.it (1, 2), e poi il suo ruolo a dir poco ambiguo e reticente nella vicenda di Elisa Claps (3, 4), le accuse di aver protetto un sacerdote che aveva commesso abuso su un disabile (5), la sua fiera opposizione alla sperimentazione della Ru486 nella città di cui è vescovo (6), i suoi intrallazzi con i politici locali per scroccare denaro pubblico (7)... E infatti Sua Eccellenza è stato per anni oggetto delle puntute critiche dei radicali lucani (8), che nelle sue pastorali sentivano addirittura «l’eco del Sillabo» (9), la minaccia di uno «tzunami clericale» (10)... Per le ingerenze di monsignor Agostino Superbo, la Basilicata correva «il rischio di diventare una sorta di repubblica islamica» (11). Sua Eccellenza, insomma, era un bersaglio perfetto, perfino il suo cognome si prestava al vizietto radicale di inchiodare gli avversari al nomen omen (12)... Poi, d’un tratto, la catarsi: Sua Eccellenza annuncia che aderisce alla marcia per l’amnistia del 25 aprile (13) e i radicali proclamano le sue virtù eroiche e lo beatificano. Manca poco a farlo santo, perché ha fatto anche un miracolo: una sua telefonata ha convinto Pannella a bere un bicchiere d’acqua.
Niente di nuovo. Quando torni utile ai radicali – puoi essere una pornostar, un boss della ’ndrangheta, un terrorista rosso o nero, perfino un vescovo – sei una persona eccezionale. Paola Turci accetta di candidarsi nelle liste radicali? Vedrete, sarà paragonata a Maria Callas. Aprisse gli occhi e capisse di aver fatto una cazzata, ridiventerebbe Paola Turci. Lo dichiarasse pubblicamente, si direbbe che canta come una cagna. Questo, ovviamente, puoi farlo con Paola Turci, non con Sua Eccellenza. Sua Eccellenza è Sua Eccellenza, è lui che ti usa fino a quando gli fa comodo. E a monsignor Agostino Superbo, al momento, torna di grande utilità questa insolita joint venture: ad aprile, quando annunciava la sua adesione alla marcia per l’amnistia, scadeva il suo quinquennio di vicepresidenza della Cei (14), aveva bisogno di qualcosa, qualcuno, che lo mantenesse sulla ribalta, e lo ha trovato in un cinico e spregiudicato par suo.
La regione è già gestita dai vescovi e dai preti, che distribuiscono la risorsa più preziosa da queste parti, il lavoro, molto più oculatamente di quanto facciano con l'eucaristia.
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