martedì 6 agosto 2013

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La Corte di Cassazione si pronuncia sulla legittimità e non sul merito di una sentenza. Silvio Berlusconi «sapeva» o «non poteva non sapere»? È questione che attiene al merito e le motivazioni della sentenza di primo grado, del tutto recepite da quelle della condanna in appello, dicono: «Sapeva». Pag. 91, 2° capoverso: «Vi è la piena prova, orale e documentale, che Berlusconi abbia direttamente gestito, ecc.». Stessa pagina, dal 6° all’8° capoverso: «Berlusconi rimane al vertice della gestione dei diritti, posto che, come ha dichiarato il teste Tatò, Bernasconi rispondeva a Berlusconi senza nemmeno passare per il C.d.A. e nessuno ha riferito che tra Bernasconi e Berlusconi vi fosse un altro soggetto con poteri decisionali nel settore dei diritti, neppure dopo la quotazione in borsa e la c.d. “discesa in campo” di Berlusconi. Lo stesso ha dichiarato il teste Tronconi. Inoltre Berlusconi aveva rapporti diretti con Lorenzano, che operava a fianco di Agrama e Cuomo, come risulta dalla deposizione di vari testi che hanno riferito di incontri tra i due che non potevano che riguardare questioni attinenti ai diritti». Tizio, Caio, Sempronio… Ben più che prova logica, dunque. Ma tutto questo, dicevamo, attiene al merito.
È del tutto pacifico, dunque, che, quando il presidente della sezione della Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso presentato dai difensori di Berlusconi si intrattiene al telefono col giornalista de Il Mattino sul merito, non sta parlando della sentenza che ha pronunciato il 1° agosto, ma delle due che l’hanno preceduta in primo e in secondo grado: in pratica, non c’è neppure la possibilità che in qualche modo la infici palesando un qualche vizio di pregiudiziale parzialità. Probabilmente avrebbe fatto meglio a non concedere l’intervista per non prestarsi alle polemiche, che non era difficile prevedere sarebbero esplose comunque, qualunque cosa avesse detto, ma il tono colloquiale e assai poco formale col quale si intrattiene con chi lo intervista è prova che sul punto sia stato guidato con malizia.  


21 commenti:

  1. Che un giudice possa farsi guidare con malizia da un "semplice" giornalista è cosa preoccupante. Non ci credo.

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    1. Sopravaluti i giudici, sottovaluti i giornalisti. E poi abbiamo a disposizione poco più di un minuto della telefonata, che è stata assai più lunga. E il quel minuto si discute sul merito: in pratica, un giudice commenta le due sentenze di primo e di secondo grado. Come potresti fare tu o io.

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  2. Concordo con la prima frase. Sul "non ci credo", considerato il livello medio dei nostri magistrati nonché il fatto che procedano per anzianità, non sarei così categorico.

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  3. A quanto pare c'è il tarocco: la domanda delle cento pistole è stata aggiunta nel testo scritto dopo la conversazione, e non durante.

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  4. Ma allora perché mai, dopo, non si è limitato a dire: commentavo le prime due sentenze e non la terza, che riguardava solo il metodo?

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  5. Sig. Castaldi, lei mi raddrizza il particolare asse terrestre che regola la rotazione dell'Italia.

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  6. Cosa (non) ha realmente detto il giudice Esposito sulla sentenza Mediaset Confrontando l’audio con la versione cartacea è evidente che le parole virgolettate riportate dal giornalista de Il Mattino non corrispondono al vero. E questo è un fatto indipendentemente dall’opportunità o meno di rilasciare un’intervista da parte del giudice.

    http://www.valigiablu.it/cosa-non-ha-realmente-detto-il-giudice-esposito-sulla-sentenza-mediaset/
    Licenza cc-by-nc-nd valigiablu.it

    Mescalito

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  7. Temo che a farne un discorso di puro rigore formale, si perda il punto centrale della questione: un giudice può essere così tanto sprovvisto di senso dell'opportunità, o vogliamo chiamarlo realismo, diciamo lungimiranza, facciamo senso della realtà, da non comprendere cosa avrebbe scatenato quella telefonata, pur formalmente ineccepibile?
    E non lo dico rispetto al suo ruolo, che uno può anche rispondere che in quanto magistrato può anche fregarsene di tutte quelle cose tanto umane e limitarsi ad interpretare la legge nel migliore dei modi, lo dico rispetto a quanta acqua al mulino di chi vuole riformare la magistratura per sottoporla al controllo della politica ma usando come facciata la necessità di arginarne i protagonismi, avrebbe certamente portato con quella telefonata.
    Una scelta talmente stupida e superficiale che alle olimpiadi della dietrologia chi la definisse un omaggio al cavaliere per scusarsi della sentenza, piglierebbe non dico l'oro ma almeno l'argento.
    Dopo gli Ingroia, i Woodcock e ieri quest'altro genio, al Cavaliere converrebbe quasi che questi continuassero ad averne sempre di più di rapporti con la stampa, altro che interromperli.
    Il problema magistratura in Italia è enorme e lo dico da una posizione piuttosto lontana da quella del cavaliere.
    Ma quando ha ragione ha ragione.

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    1. Se ne fregano del "senso dell'opportunità, o vogliamo chiamarlo realismo, diciamo lungimiranza, facciamo senso della realtà".
      Tanto, sono intoccabili.

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    2. Temo che anche lei perda il punto centrale della questione: se il giudice stava parlando di altre sentenze gli strepiti del PDL sono ragli al cielo, al di la dell'opportunità o meno dell'intervista.

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    3. Non so se si riferisca a me (il secondo anonimo del 8 Agosto), ma se è così mi tocca ribadire quanto precisato nel mio commento: gli strepiti del PdL sono riferiti a questa sentenza mentre io ne ho fatto un discorso riferito al problema magistratura in generale e riforma annunciata e come tale è discorso che sopravvive alla questione ragli, anche fossero i più intonati della stalla.
      AL contrario la questione dell'opportunità continua a essere il cuore del mio discorso, dal momento che non è affatto marginale l'esser stata o meno una scelta opportuna, soprattutto in un periodo storico che ha regalato alle urne il preziosissimo nome di Ingroia, quello che ha promesso l'onere della prova a carico dell'accusato e che non mancò di dichiarare candidamente che le intercettazioni sono eccome uno strumento usato a fini politici.
      Temo insomma che ci troviamo d'accordo sui ragli ma non su chi li emetta, o comunque non su chi emetta quelli meno dannosi.

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  8. Maledizione al diritto di replica, voglio tuttavia dirti che dei giudici ho una visione "dèandreiana". Nessuna sopravvalutazione semmai detestazione.

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    1. Anch'io.
      Come il compianto Maestro, credo che spesso abbiano cuore e buco del culo troppo vicini e avverto la necessità che ogni tanto venga data loro una bella ripassatina da parte di qualche grossa scimmia antropomorfa.

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  9. Spero che L'ordine dei giornalisti intervenga più presto e cacci via il direttore el'articolista che sono degli infamoni

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  10. ma la cosa più buffa è che mia nonna buonanima ha sempre chiamato Berlusconi "Bernasconi".

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    1. lei per caso è il nipote di Mills?

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    2. chi, mia nonna o lei "io"? se è per questo con lei, mia nonna, ci si facevano crassissime risate, Berlusconi lo si pronunciava Bernasconi, Craxi era Crakis e poi..., niente solo loro due. Ah, le matte risate...

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    3. La mia era una battutaccia. Mills, nella versione n.18, quella che raccontava ai giudici quando la luna era calante e le ciliegie copiose sugli alberi, sosteneva che il suo corruttore 'B.' non fosse Berlusconi ma il suo manager Bernasconi.

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    4. capito, mi scusi, sono un po' lento di comprendonio.

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    5. Forse non ve ne siete nemmeno resi conto, ma voi due avete appena aperto uno spazio dove far infilare le prossime strombazzanti veline del Persemprepresidente: «dieci milioni di nonne scambiano comunemente Berlusconi per Bernasconi, e per noi questa è indubbiamente prova sufficiente per dimostrare che Mills dicesse il vero e che Berlusconi è innocente». Ci vedo bene una certa stridula voce femminile a pronunciarla.

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  11. erano mesi, forse un anno che non passavo di qua ma quando passo, oh, quando passo è sempre una festa. tipo che condivido ancora ogni parola

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