lunedì 25 gennaio 2016

Un contributo

Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, scrive una lunga lettera al direttore del Corriere della Sera, che domenica 24 gennaio la manda in pagina titolandola Diritti tradizionali e valori fondanti.
«Dopo mesi di discussioni intorno alle unioni civili – scrive il successore di don Luigi Giussani – il disegno di legge Cirinnà approda in Parlamento, scatenando una nuova manifestazione di piazza, anzi due, una a favore e una contraria. Chi sostiene il progetto reclama il riconoscimento di nuovi diritti; chi vi si oppone lo fa per difendere diritti tradizionali».
È un incipit che fa pensare ad una riproposta degli pseudoargomenti cari a chi si oppone al disegno di legge, perché è evidente che i «diritti tradizionali» non sono affatto messi in discussione dai «nuovi diritti» (neppure il matrimonio tra due persone dello stesso sesso toglierebbe valore a quello tra maschio e femmina, non si capisce quale sia lattacco che gli sarebbe sferrato dal riconoscimento delle unioni civili), e tuttavia qualcosa lascia intuire che nelle intenzioni vi sia dellaltro, perché la posizione che chi scrive si ritaglia sembra voler essere terza rispetto a quella dei contendenti in campo, e di ciò pare esservi conferma nella preoccupazione che viene espressa nel successivo capoverso, dove lo scontro tra favorevoli e contrari al ddl Cirinnà è detto foriero di «fratture sociali e conflitti politici che sembrano insanabili».
«Sembrano insanabili», dunque non è detto lo siano davvero: vuoi vedere – ti chiedi – che questa terza posizione di Carrón ha in sé il rimedio per sanarli? Se non sei prevenuto verso Cl, non puoi far altro che continuare a leggere. E sbagli – meglio chiarirlo subito – perché Carrón non offre soluzione: si limita a dire che loggetto del contendere è un falso problema (vedremo quale sia, a suo dire, quello vero), e che dunque non ha senso stare a litigare.
Si ha la sensazione che Carrón voglia interporsi tra i due litiganti perché smettano di darsele, e invece non si tarda a scoprire che lintenzione è quella di bloccarne uno, fingendo di abbracciarlo con affettuosa premura, perché laltro possa menarlo meglio.
Ecco allora «la testimonianza, in cui mi sono imbattuto di recente, di un omosessuale, che si occupa di moda, ha un bel lavoro e una relazione con un compagno. A una coppia di amici incontrati per caso confida che non è felice e dice loro: È come se mi mancasse qualcosa, è come se vivessi la mia vita a partire da una reazione, da una difesa. Ciò mi rende inquieto. Inquieto, come tutti. Tutti tendiamo continuamente a ridurre il nostro desiderio a una immagine creata da noi, perché così pensiamo di avere la soluzione a portata di mano. Ma l’uomo reale non si accontenterà mai. Anzi, il prezzo da pagare è molto alto: soffocare dietro le sbarre della prigione che ci si è costruiti. L’insoddisfazione può essere risanata con l’approvazione di una legge? Tanti credono di sì. Questo spiega la lotta accanita per approvarla. D’altra parte, chi ritiene che questo mini le basi della società si oppone spesso con lo stesso accanimento, senza riuscire a sfidare minimamente, anzi, alimentando, la posizione che combatte».
In soldoni, Carrón cerca di scoraggiare chi si batte in favore del ddl Cirinnà cercando di fargli capire che quandanche ottenesse di vedersi riconosciuta dallo Stato l’unione col proprio compagno – ma che dico, ammesso pure gli si consentisse di sposarlo – non avrebbe certo trovato la serenità, come d’altronde non è detto che un eterosessuale riesca necessariamente a trovarla nel matrimonio.
È chiaro che la ricerca della serenità sia un lavoraccio che spetti a ciascun essere umano, omosessuale o eterosessuale che sia, ma non dovrebbe essere altrettanto chiaro che a entrambi debbano essere date le stesse possibilità? Quando entrambi ritengono di poterla trovare nel riconoscimento da parte dello Stato dell’unione con chi amano, negarla a uno e concederla all’altro non pone qualche problemino?
Chissà quanto intenzionalmente, a Carrón sfugge il problemino: «Solo Cristo, come avvenimento presente nella vita delle persone, è in grado di liberare l’uomo dalla sua riduzione e di fargli desiderare e sperimentare quella pienezza per cui è fatto. Sarebbe bello vivere il lavoro e i rapporti come li vivete tu e tua moglie. Senza una simile esperienza di liberazione, qualunque risposta cosiddetta concreta sarà sempre insufficiente. Ciascuno di noi ne ha prova diretta nella sua vita».
Bene, ma questo basta a liquidare come superflua la richiesta di parità di trattamento da parte dello Stato? In sostanza, sì, o almeno così parrebbe, perché quale sarebbe il «contributo che ciascuno di noi cristiani è chiamato ad offrire al dibattito in corso»?
Prima di copiarlo dal Corriere della Sera per incollarlo qui, via, cercate di indovinare quale possa essere, sto contributo. Non riuscite a immaginarlo? Eccolo: «Noi sappiamo che la migliore risposta alla conflittualità dell’essere umano del celebre homo homini lupus di Thomas Hobbes è l’Ecce homo di Gesù che non recrimina, ma accoglie e, pagando di persona, salva».
Come so brutti sti lupi che ululano nelle piazze per il riconoscimento di un diritto che, quandanche fosse riconosciuto, sarebbe sempre insufficiente a dar loro l’agognata pienezza. Orsù, prendessero esempio dal Gesù flagellato e coronato di spine, che non recrimina.

4 commenti:

  1. Comunque, bisogna dire che sta cercando di non fare il becero, perché da persona esperta e navigata quale sicuramente è si rende conto che certe battaglie sono retrograde. Suvvia, non potresti paragonarlo ad un Marione Adinolfi qualsiasi.

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    1. Sarà, ma è che, mettendomi nei panni del gay che non sono, non vedo alcuna differenza tra il becero che mi dicesse "non puoi pretendere alcuna equiparazione tra il matrimonio e l'unione tra te e il tuo compagno" e la "persona esperta e navigata" che invece mi dicesse "pretendi qualcosa che comunque non ti renderà felice: rinunciaci, prendi esempio da Gesù e soffri". Il primo sarà un pezzo di merda, ma il secondo lo è di gran lunga di più.

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  2. Per rompere veramente le scatole ad un omosessuale non si dovrebbe vietargli/le di sposarsi, ma di divorziare.

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  3. Divertente sta cosa che a forza di ispirarsi a quello che paga di persona questi vogliono limitare i diritti degli altri, mica i propri. Fanno i cristi con le stimmate degli altri.

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