lunedì 6 giugno 2016

La rete ci renderà stupidi?


Wikipedia dice che watchdog significa cane da guardia, ma trascura di affrontare la questione della risemantizzazione del termine nelluso che se ne fa per definire il ruolo che la cultura anglosassone assegna al giornalista. Watch, infatti, significa guardare, che in senso estensivo copre adeguatamente laccezione del tener docchio e dunque anche quella del far la guardia, ma più generalmente sta a indicare un osservare cui venga posta quella particolare attenzione che trascende dalla mera sorveglianza in funzione di difesa della casa o del gregge (comè nel caso di «watch out!», che è un «fai attenzione!» non necessariamente finalizzato al «keep guard» di un bene o di un territorio) e che dunque, riferito a dog, non rimanda necessariamente al cane che abbaia o morde il postino, e neppure a quello che coadiuva il pastore, assumendone la stessa qualifica. Watchdog, perciò, è più propriamente il cane da caccia, nella sua variante da ferma o da punta: il cane che si limita ad avvertire il cacciatore della presenza della selvaggina. Nelluso che il termine assume in ambito giornalistico, dunque, assume il significato del soggetto che svolge il ruolo di richiamare lattenzione dellopinione pubblica su ciò che questa può essere interessata a mettere nel mirino e a colpire.
Niente a che vedere, insomma, col cane riguardo al quale ci sarebbe da chiedersi, come si chiede Luca Sofri, se sia chiamato a «protegge[re] il potere dai malintenzionati», ipotesi che tuttavia tende a scartare, o a «protegge[re] qualcosa dal potere» (ritenendolo tendenzialmente «malintenzionato», pur «rimuov[endo] i dubbi sul diffuso uso generico e demagogico della parola “potere”»), per finire con lo scartare anche questa e perdersi in congetture prossime al delirio: «Quello che si vuol dire [col termine watchdog] è che un giornale, o il giornalismo in genere, deve essere una specie di sorvegliante nei confronti di qualcuno: di secondino nel peggiore dei casi, di guida e controllore nel migliore. Bada al singolo ladro (tant’è vero che lo ha già individuato, “il potere”), non alla potenziale refurtiva. Non è lì per impedire un attacco di nemici esterni, ma per tenere a bada che nessuno all’interno si comporti male. Non è un cane da guardia, ma piuttosto una via di mezzo tra un cane da cieco e uno di quei cani usati per intimorire i prigionieri: insomma, non è la metafora giusta – volendo rimanere nello stesso ambito, forse “tenere al guinzaglio il potere” avrebbe più senso – ma evidentemente a qualche punto della storia qualcuno l’ha introdotta e poi nessuno si è più fatto domande. Anche perché per fare il cane da guardia, devi avere avuto un’investitura: qualcuno ti deve avere mostrato la casa e averti detto “bada che nessuno la tocchi”: un giornale che si vede “watch dog” invece si nomina protettore di un’idea arbitraria di bene comune dagli attacchi del “potere” (che viene descritto malintenzionato e malfattore per definizione). Con due rischi. Il primo è quello che riguarda ogni ruolo poliziesco: di vedere ovunque il male e dare per scontato di essere il bene (un giornale “sinonimo di battaglia politica e civile” difficilmente aiuterà a capire il mondo). Il secondo è di trasformarsi esso stesso – molto più pretestuosamente del potere politico, che almeno è legittimato democraticamente – in un potere assai maggiore: come sanno i postini, che la posta la devono consegnare».
Un gran bellimpiastro di meditabonda chiacchiera, insomma, per giunta a contestare quanto nelluso del termine è attribuito a chi, usandolo, ha dato spunto a tanta cataratta di spropositi (Carlo De Benedetti intervistato da Salvatore Merlo, per Il Foglio), e tutto a partire da un approccio paurosamente acritico con quanto Wikipedia spiattella ai suoi fruitori. In tal senso sembra che Luca Sofri possa tornarci utile almeno a trovare una risposta alla domanda che si fa Derrick de Kerckhove (La rete ci renderà stupidi? - Castelvecchi, 2016): non necessariamente, direi, però già dà una mano a chi ci è portato di suo. 

15 commenti:

  1. > «watch up!», che è un «fai attenzione!»
    credo tu intenda "watch out" :)

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  2. Sono un po' sorpreso. Non tanto per i giudizi sul sig.Sofri, che sostanzialmente condivido, quanto per la traduzione di watchdog, che ho sempre inteso come "cane da guardia", anche nel senso traslato. Mi conforta il Merriam Webster:

    - a dog that is trained to guard a place

    - a person or organization that makes sure that companies, governments, etc., are not doing anything illegal or wrong


    E' chiaro che ogni metafora ha i suoi limiti, e se si scende alla corrispondenza letterale un giornalista è diverso per funzione (e spesso per aspetto) da un cane da guardia, però certamente un watchdog non è un cane da caccia.

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    1. Non è in discussione che "watchdog" sia letteralmente "cane da guardia", ma come possa definirsi la funzione cui il "dog" è chiamato, dal "punto della storia [in cui] qualcuno l’ha introdotta [la metafora] e poi nessuno si è più fatto domande [riguardo cosa dovesse rappresentare]". "Una via di mezzo tra un cane da cieco e uno di quei cani usati per intimorire i prigionieri", ritiene Luca Sofri, che contesta debba essere questa la funzione del "dog", e dopo aver dichiarato impropria sia quella di "guardia", sia quella di "guida", di "secondino", di "controllore", sia di cane che morde il postino, sia di cane che sorveglia il gregge. E' perciò che parlavo di risemantizzazione, richiamando al "ruolo di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica su ciò che questa può essere interessata a mettere nel mirino e a colpire", che del "dog" cui spetta il "watching" fa un "cane da punta". Può darsi non sia stato abbastanza esplicito, ma non intendevo mettere in discussione quel c'è scritto sul Merriam Webster e su Wikipedia: "watchdog" è "dog" che "watches", senza dubbio, tutto sta nella finalità che assume il "watching".

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    2. "Watch" in inglese significa letteralmente guardia. In questo caso, l'etimologia non deriva dal guardare ma dallo stato di veglia: dall'antico inglese wæcce, da cui il moderno awake, quindi turno di guardia, "vigilia", e da lì, e solo a quel punto, il guardare intento, nel senso di osservare (cfr. http://www.etymonline.com/index.php?allowed_in_frame=0&search=watch).
      Quindi, cane da guardia nel senso più proprio, di sentinella che abbaia e nel caso morde; se cane da pastore, pastore maremmano o kangal che difende il gregge e non pastore bergamasco o border collie che lo conduce. Detto questo, per diventare stupidi, nel caso di Luca Sofri, bisognerebbe prima non esserlo, sempre per dare retta all'etimologia.

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    3. Come sopra: quando dico che "watchdog è più propriamente il cane da caccia, nella sua variante da ferma o da punta", non ne contesto l'etimo, che d'altronde, mai come in questo caso, è evidente. Dico solo che la risemantizzazione del termine, così come indotta dall'uso che se fa quando si parla di giornalismo, non consente di fare della metafora un'allegoria. Dove, infatti, la metafora si limita a sostituire un termine proprio con uno figurato, l'allegoria pretende che a quest'ultimo sia consentito uno sviluppo narrativo adeguatamente coerente a quello che è del termine proprio. Di qui il chiedersi da chi il cane abbia avuto l'"investitura" (sic) di sorvegliante della casa, e chi sia il ladro, e in cosa consista la refurtiva. Cose, queste, che forse avrei fatto meglio a scrivere nel corpo del mio testo, evitando così di essere frainteso. Ma ho pensato che bastasse quel cenno alla risemantizzazione perché tutto fosse chiaro. Alla seconda obiezione che mi viene mossa col richiamo al fatto che un "watchdog" è letteralmente un "cane da guardia" (cfr. Erasmo), m'avvedo di non aver spiegato bene quel che intendevo dire. E non mi resta che fare ammenda.

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    4. Sì, però qui la risemantizzazione è di seconda o terza mano. Perché la prima risemantizzazione è talmente invalsa nella lingua originale che viene tranquillamente data come secondo significato nei dizionari americani (non ho controllato quelli britannici). Mi pare che lei, per opporsi alla cervellotica accezione di Sofri, lo segua sul suo stesso terreno. Cosa che il saggio Sun Tzu consiglia di non fare mai.

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    5. Sì, ha ragione.

      È (anche) per risposte di questo tenore che apprezzo questo blog.

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  3. Pensavo,leggendo oggi Sofri,di avere un mio limite a capire il senso dell'articolo. Il fatto che anche lei abbia avuto perplessità mi rincuora.

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    1. Guardi che nemmeno io ne ho compreso il senso ultimo. Credo volesse dire che il giornalista non è un cane. Non del lettore, in ogni caso:
      https://www.youtube.com/watch?v=1tFvuw-3F1k&index=39&list=PU_YaRMaHiFPVoufqC_katvw

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  4. La farei molto più semplice, al posto di Sofri, ma sarà che vivo in un paese, in campagna.

    Qua praticamente in ogni cortile c'è un watchdog, per lo più cagnolini di taglia media, per nulla addestrati e per nulla temibili pronti a scoppiare ad abbaiare per qualsiasi cosa: quasi tutti abbaieranno al malintenzionato che tenta di scavalcare, ma molti anche al postino e al gatto del vicino di casa.
    Probabilmente la grande maggioranza di questi cagnetti di fronte a un vero malintenzionato scapperebbe con la coda fra le gambe al primo calcetto o si ritirerebbe soddisfatto a rosicchiare l'osso che il malintenzionato gli ha lanciato per distrarlo. Altri sono talmente docili che scodinzolerebbero al malintenzionato in attesa di una carezza. Altri ancora troppo vecchi o pigri, non farebbero nemmeno la fatica di alzarsi o si limiterebbero a uno svogliato abbaiare a mezza voce.
    Qualcuno è interessato solo ai palloni che piombano dal cortile vicino per un calcio troppo vigoroso, altri concentrano le proprie attenzioni sulle cagnette in calore che passano davanti al cancello.

    Direi che come metafora del giornalista medio italiano e delle sue varie manifestazioni calza a pennello.

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  5. Il termine inglese usato fuori dai contesti cinofili ha un significato preciso. E' un qualcosa che _notifica_ un certo cambiamento di valore di una variabile in maniera _agnostica_.
    Un allarme che suona se la temperatura della stanza supera i 25 gradi è un watchdog.
    Le due caratteristiche chiave sono importanti, una è la funzione di _notifica_ che può intendere anche retroazione (applicata in chiave giornalistica è sempre verificata, un giornale può solo notificare eventi, non certo mandare i poliziotti, a quello ci pensa il PM dopo aver letto l'articolo), l'altra però è che il controllo deve essere agnostico, in modo da essere realmente efficace.
    Nell'esempio di prima, l'allarme suona se la temperatura passa i 25 gradi: non importa se non c'è nessun incendio e semplicemente un tizio sta preparando la carbonara. Impostare un allarme analizzando in maniera complessa un sistema porta a errori, non ci si deve chiedere _perchè_ una evento sta accadendo, ma solo notificare il fatto. Giornalisticamente vorrebbe dire che se il mio cronista Tizio è sempre molto solerte nel riportare ogni rinvio a giudizio per corruzione di tutti i pubblici ufficiali, dovrebbe farlo sempre, senza discriminare se è un 'atto dovuto', se è della parrocchia dell'editore o la preferenza politica del direttore.

    (scusate il pippone, ma è forse la prima volta che le mie conoscenze ingegneristiche sono utilizzabili in questo blog di maledetti umanisti)

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  6. A parte il biforcuto Sofri (soffochi pure nel suo irrumare!), che chissà quale messaggio avrebbe voluto far passare e a chi...
    (o meglio quale recita le suorine gli avrebbero imposto di inscenare) e noi qua' a discettar di cani...
    Peggio è aver avuto modo di leggere il pensierone dello Jacob Ben Baruch: più volte ho avuto la nausea per la sua strafottente impudicizia, poi ho ripreso a bere e m'è passata...

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