martedì 7 febbraio 2017

Luciano Canfora, La schiavitù del capitale, il Mulino 2016


Per qualche decennio si è commesso l’errore di credere che con la caduta del Muro di Berlino si fossero chiusi i conti con Marx, come col Prozac quelli con Freud, e con Internet quelli col Piccolo mondo antico della marchesa Maironi. È stata la stagione in cui ci si era illusi di essere arrivati alla «fine della storia», stessa illusione di quando la Belle Époque ci fece credere che scienza e tecnica ci avrebbero fatto chiudere i conti con Dio o, per guardare ancora più addietro, di quando ci si illudeva che bastasse un Roi Soleil a guarire gli scrofolosi e un Colbert ad addomesticare il debito di stato per aspettarsi che il bourgeois si sarebbe comportato sempre da gentilhomme.
Sembrerebbe non esserci scampo: non ci basta immaginare una «età dell’oro» dove in realtà la vita media non superava i trentacinque anni, ogni volta vogliamo ricrearne una che ci faccia vivere più a lungo, possibilmente in eterno, e questo naturalmente vale anche per quanto ci dovrebbe fare da carburante, possibilmente per sette, nove, quindici miliardi di individui. Ovvio che si finisca per sgomitare, ovvio che qualcuno intravveda nello sgomitamento la vera essenza della vita. Repellente solo fino a un certo punto, dunque, Gordon Gekko, e si capisce l’entusiasmo che esalta l’assemblea dei piccoli azionisti, la cui sorte è comunque segnata: ci sarà sempre qualcuno più avido di te, qualcuno la cui avidità vincerà la tua.
Porsi il problema di quanto possa reggere un sistema mosso da queste illusioni – anche solo porsene il problema – impone la scomoda tunica di Cassandra, il ridicolo peplo di Spartaco o, peggio, il cappello a cono con le orecchie d’asino di chi sta in castigo dietro la lavagna.

No, questa non è una recensione, spiacente se col titolo del post vi ho tratto in inganno. In realtà, il libricino di Luciano Canfora – un centinaio di pagine densissime, bellissime – qui sta solo come oggetto di scena: lo leggo dietro la lavagna, dove sto in castigo per aver espresso su queste pagine qualche timida riserva sulla globalizzazione così come è stata fin qui concepita e realizzata da un capitalismo che non sa darsi limiti, né riesce a imporsi regole – per questo qualche giorno fa su Twitter mi hanno marchiato a fuoco come «hubbertiano, malthusiano e luddista», e in una pagina dei commenti qualcuno si è chiesto che fine avesse fatto il liberale – e mi consolo a ritrovarmici dentro, naturalmente in assai più bella copia.
Leggendolo, riesco a cavare consolazione pure per l’eventuale biasimo di opposta parte, perché è chiaro che pure alle serali tenute da un Diego Fusaro finirei dietro la lavagna: «Non sono più attuali – infatti leggo – le prospettive operative che Marx propugnò, tutte alla fine contraddette dalla realtà» (pag. 81). A dirlo io, mi becco un cazziatone: «Marx non ha niente a che vedere coi regimi cosiddetti comunisti». Stessa cosa che si potrebbe dire di Gordon Gekko e del liberalismo, ma solo in un regime cosiddetto comunista.

14 commenti:

  1. L'argomento è di un'attualità spinosa. Il capitalismo matematicamente può funzionare solo in un contesto espansivo, ma tutti hanno sempre ignorato il problema perchè tanto di spazio vitale ce n'era in abbondanza, come si omette di applicare la fisica quantistica a un treno in corsa visto che la differenza tra ciò che appare e ciò che è veramente è minima.
    Ora lo spazio è finito, le risorse sono diventate improvvisamente scarse, anche 'acqua' e 'aria', non platino e iridio.
    Il Marxismo, pur partendo con altri presupposti e motivazioni, di fatto avrebbe risolto il problema, visto che la redistribuzione totale ha come effetto collaterale quello di non richiedere un modello a crescita infinita: per quanto alto possa essere lo stipendio di dirigenti o funzionari si tratta sempre di uno scalare o di una percentuale, non di una rendita che cresce di per sè.
    Credo che nei prossimi vent'anni sarà opportuno pensare a un altro modello economico, o saranno grandissimi cazzi per tutti. Anche per i padroni, come la storia insegna.

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  2. Bè, sì. Nell'Urss, per esempio, venne attuata una politica generale che altro non era se non l'interpretazione di Lenin degli scritti di Marx e Engels. I quali in effetti avrebbero avuto orrore del totalitarismo sovietico, nonostante avessero (Marx) vaticinato una rivoluzione nelle terre dello Zar.

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  3. Lo so che non c'entra niente, ma la cosa più bella del post è la foto di Canfora che sembra disegnata da Magnus o forse la foto è una foto normale ed è lo stesso Canfora che è stato disegnato da Magnus?

    Antonio

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  4. Beh, per capire nel merdaio in cui si prospetta il futuro ,non è necessario scomodare Marx : (Così si evitano figuracce) :
    Bastava leggere una decina d'anni fa, anzi forse di più Prem Shankar Jha ,oscuro economista indiano,od anche Giovanni Arrighi (altrettanto oscuro economista italiano della Johns Hopkins University .
    All'epoca Prem apre la sua disamina del suo : "Il caos prossimo venturo" citando J.S.Mill : ....confesso di non essere attratto dall'ideale di vita di chi ritiene che la condizione naturale degli esseri umani sia la lotta per la sopravvivenza ;che schiacciare, sgomitare e calpestare i piedi ,ossia ciò che fa parte dell'attuale forma di vita sociale, sia l'aspetto più desiderabile dell'umanità, o nient'altro che il sintomo sgradevole di una delle fasi del progresso..(così facciamo contenti i liberal )
    Per il resto meglio lasciar stare il buon vecchio di Treviri,poco letto e spesso citato a sproposito..non lo so,non ho letto il libro di Canfora, ma temo fortemente che pure lui lasci a desiderare.. !

    caino

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  5. I margini per l'espansione, e quindi per una ripresa del ciclo di accumulazione, potrebbero, domani, ampliarsi nuovamente attraverso la guerra, oppure attraverso una nuova scoperta che renda funzionale alla produzione di nuovo valore ciò che oggi viene considerato inutile o utile entro certi limiti: fino a qualche secolo fa, per fare un esempio, il minerale d'uranio (o derivati) veniva utilizzato per dare certe sfumature di colore a certi manufatti in vetro mentre oggi quella pietra costituisce una risorsa molto importante per la produzione. Ovviamente, ahimé, e come tutto il resto, quella che avrebbe potuto (e dovuto) essere una ricchezza per la specie è divenuta proprietà privata: merce tra le merci. Il capitalismo potrà trovare ancora nuovi "modi" per rilanciarsi anche se ha di fronte un limite invalicabile dato dalla composizione tecnica di quello che un tempo (quando ero giovane) si chiamava ancora "Il Capitale"...e la storia dirà la sua. Un modo diverso di produrre, cioè un nuovo modello economico, è pensabile solo sulla base di rapporti sociali diversi o avremo sempre la riproduzione delle stesse magagne perché poi il capitalismo è questo che fa: vuole sempre nuovo valore e riproduce sempre gli stessi rapporti tra gli individui. Ma come si diceva è la storia che deve fare il suo corso ed io sono troppo vecchio.

    Red

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    1. La guerra non amplia, semplicemente distrugge le rendite, lo spazio creato è a scapito di qualcosa di già esistente.
      Sulle nuove scoperte, credo che siamo di fronte a qualcosa di più strutturale: agricoltura e industria erano già meccanizzate, ora sta accadendo lo stesso ai servizi, un quarto settore su cui spostare la popolazione come accadde tempo fa semplicemente non esiste. E lo spazio fisico a causa della sovrappopolazione sta finendo, forse l'unica scoperta che potrebbe eliminare il problema sarebbe un nuovo pianeta, con annesso il modo per raggiungerlo.

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  6. "Il Marxismo, pur partendo con altri presupposti e motivazioni, di fatto avrebbe risolto il problema, visto che la redistribuzione totale ha come effetto collaterale quello di non richiedere un modello a crescita infinita"

    dimentichi che per la corrente largamente maggioritaria del marxismo il fine supremo era (ed è) rappresentato dallo sviluppo delle forze produttive. Siamo dunque assolutamente entro un modello a crescita infinita, dove semplicemente si da la priorità alla produzione invece che al consumo. E' sostanzialmente per aver adottato questo modello che l'esperienza sovietica non è riuscita a garantire un minimo di partecipazione democratica e che alla fine è fallita.

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    1. Mi sono espresso male: non intendevo che il marxismo, quantomeno quello 'classico', non mira allo sviluppo della produzione, ma che il modello a crescita infinita non è necessario al mantenimento del sistema, come invece succede per il capitalismo visto che il trasferimento fisiologico della ricchezza verso l'alto impone che senza un +X% di PIL le fasce più basse si impoveriscono naturalmente.

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    2. Per mia informazione e forse anche per curiosità di altri, quale sarebbe la "corrente largamente maggioritaria del marxismo" che ha statuito dover essere "lo sviluppo delle forze produttive il fine supremo"? Se si riferisce all'Urss, paese semifeudale che aveva subito le devastazioni della prima guerra mondiale e di una lunga e aspra guerra civile, che esso puntasse allo sviluppo delle forze produttive, pare abbastanza ovvio. Che poi, in seguito, nella competizione con l'occidente, puntasse ancora allo sviluppo delle forze produttive, pare confermato. Tuttavia questo avveniva in un contesto storico ben diverso dal nostro, e non mi sogno di definire quel sistema "marxista". In tale prospettiva credo sia d'interesse conoscere anche il punto di vista di Marx e di Engels a riguardo dello sviluppo. C'è molto da scegliere e ho scelto questo:

      "Dal punto di vista di una più elevata formazione economica della società, la proprietà privata del globo terrestre da parte di singoli individui apparirà così assurda come la proprietà di un uomo da parte di un altro uomo. Anche un’intera società, una nazione, e anche tutte le società di una stessa epoca prese complessivamente, non sono proprietarie della terra Sono soltanto i suoi possessori, i suoi usufruttuari e hanno il dovere di tramandarla migliorata, come boni patres familias, alle generazioni successive" (Il Capitale, III, cap. 46).

      "Ad ogni passo ci viene ricordato che non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo da essa, ma che noi le apparteniamo […]; tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di adoprarle nel modo più opportuno […]. Questo richiede una completa rivoluzione […] del nostro intero ordine sociale contemporaneo" (Engels, Dialettica della natura).

      Sempre Engels: "“È importante sancire il divorzio tra produzione materiale di riproduzione della società e logica geometrica che sta al centro della crescita”.

      E ancora Engels in un altro luogo della Dialettica della natura:
      "Solo un’organizzazione cosciente della produzione sociale – scrive Engels in un altro luogo della Dialettica della natura – , nella quale si produce e ripartisce secondo un piano, può sollevare gli uomini al di sopra del restante mondo animale sotto l’aspetto sociale di tanto quanto la produzione in generale lo ha fatto per l’uomo come specie. L’evoluzione storica rende ogni giorno più indispensabile, ma anche ogni giorno più realizzabile una tale organizzazione. Essa segnerà la data iniziale di una nuova epoca storica nella quale l’umanità stessa, e con essa tutti i rami della sua attività, in particolare la scienza della natura, prenderanno uno slancio tale da lasciare in una fonda ombra tutto ciò che c’era stato prima".

      Tutto ciò, su di lei non può avere alcuna influenza, ma non è per soddisfare il suo pregiudizio che ho riproposte qui queste citazioni. Lei mi ha solo offerto lo spunto, e dio non voglia che me ne debba pentire ...

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    3. Voglio un Olympe vs Fusaro. Adoro il sangue.

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    4. secondo la vulgata a cui anche lei aderisce il capitalismo ad un certo punto viene soppiantato dal comunismo perché non riesce più a sviluppare le forze produttive ( secondo la nota e sbagliata interpretazione della caduta tendenziale del saggio di profitto ). In Marx e nella maggior parte dei marxisti (inclusa lei) lo sviluppo delle forze produttive viene considerato non solo come il principale motore della storia ma anche come fine ultimo dell'umanità.

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  7. dai vetri delle stanze universitarie si vedono cose che noi normali non vediamo. pure trabant in fila per rientrare a berlino est. marx si era sbagliato? aveva visto giusto ma hanno ciccato i russi? non si sa. anche se canfora ha sempre quell'idea in testa: che il barbuto ci avesse visto giusto e che il capitale schiavizzi.
    chiamatemi quando a schiavizzarvi sarà un bel burocrate, uscito da qualche acuta visione notturna di qualche prof universitario (finora pagato in euro e in lire e pure bene) con la nostalgia dei tempi della falce e del compasso.
    del resto non ho mai capito perché il capitale schiavizzi eppure lasci i suoi eventuali nemici (per mancanza di indizi) con un bel reddito e con la libertà di parola.

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    1. abusando della sua "normalità" lei è venuto qui a togliersi le caccole

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  8. Ella abusa del copia e incolla quanto engels abusa degli appunti di marx nel terzo tomo del capital. E' sempre engels, anche il primo copia e incolla citato.Torno a scaccolarmi che e' meglio.

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