lunedì 20 maggio 2019

La tragica fibrillazione, la farsesca tachicardia




Nell’intervista che Jean Ziegler ha concesso ad Aline Wüst e che Blick ha mandato in pagina la scorsa settimana («Die Kinder müssen nun das System angreifen») cè un passaggio che mi ha inflitto un blando riverbero della fibrillazione che lanno scorso massalì alla rilettura delle ultime pagine del secondo di tre libroni della Utet che non toccavo da decenni. Solo un riverbero, stavolta, e blando, ripeto, ché con gli epigoni dei Grandi Vagolitici accade che la tragica fibrillazione si ripresenta come farsesca tachicardia, e tuttavia la mano a un certo punto è corsa al petto.
Un pugno di multinazionali fa la metà del pil mondiale, dice lo Ziegler, siamo a uno strapotere che ci mette davanti a bivio: o distruggiamo il capitalismo o il capitalismo ci distrugge. Ok, dice la Wüst, vada per distruggerlo, ma poi? E qui lo Ziegler: «Boh, si vedrà! In fondo, la mattina che fu presa la Bastiglia nessuno aveva idea di cosa sarebbe venuto dopo...».
Bellesempio del cazzo, faccio tra me e me, nessuno lo sapeva quella mattina, certo, ma noi lo sappiamo, eccome: al posto di un re si ebbe un imperatore. E sempre tra me e me: se è lecito inferire, dove siamo andati a finire tutte le volte che siamo partiti per distruggere il capitalismo? Vertigine, affanno, m’è d’uopo un controllino: 182/84, frequenza 102, meno male, va’, pensavo peggio. Comunque è meglio prendere qualcosa, chessò, qualche milligrammo di Prezzolini... Dove ho messo quell’appunto? Ah, sì, sta nel librone della Utet.

Non fa una previsione, Prezzolini, quando dice – siamo alla fine degli anni Sessanta – che, «se il progressista è luomo del domani, il conservatore è luomo del dopodomani»: non dice che a una stagione di entusiastica adesione a un moto di rinnovamento ne segue necessariamente una di disillusione e di pentimento (eventualmente di resipiscenza, semmai pure operosa): niente di tutto questo (peraltro tiene a precisare che il «conservatore» – il «vero conservatore», dice – non è un «reazionario», né un «tradizionalista»): no, Prezzolini si limita a evocare lobiezione che è in radice alla sfiducia nel progresso, quella basata sulla convinzione, espressa in forma di timore saldamente motivato, che da un domani migliore del presente (sospesa la questione se poi lo sarà davvero o no) possa discendere un dopodomani che ne risulti assai peggiore, peraltro dandola come ipotesi altamente probabile, se non certa: è la sfiducia che non fa mistero di trovare ragione in una visione dichiaratamente pessimistica della natura umana, stolta più che malvagia (la via che porta allinferno, eccetera), considerata ineluttabilmente incline a far guai: visione che però implica anche un giudizio di merito sul presente, qualunque esso sia: quandanche sembri pessimo, perfino al punto da far credere che qualsiasi domani diverso non possa che essere migliore, il peggio è sempre possibile, anzi è così gravemente incombente da essere pressoché sicuro: dal progredire, insomma, si avrebbe sempre qualcosa da perdere e, se pure non si avesse altro da perdere che le proprie catene, se pure questo fosse assicurato per il domani, cè il caso – probabilità che per il «conservatore» abbiamo visto essere prossima alla certezza – che dopodomani ci si possa ritrovare molto più strettamente avvinti in catene molto più pesanti, e tutto questo – dice il «conservatore» trova conferma nellesperienza: l’esperienza mostra che alla lunga ogni progresso tradisce sempre le sue promesse, e spesso in modo tragico: tanto gli basta per poter vantare merito di una lungimiranza protetta dallinsidiosa minaccia degli entusiasmi che menano a rovina il «progressista», sempre incapace di vedere oltre la punta del proprio naso, e perciò incline allavventura, fonte d’ogni genere di disastro.

Gesù, come m’è uscita ’sta glossa? Sembra una parafrasi speculare del Totò che sbotta: «Poi dice che uno si butta a sinistra!». Basta, basta, devo tenermi alla larga dagli Ziegler, sennò il 26 maggio finisco per votare +Europa.

*       *       *

«Nelle cose economiche e sociali, la via diritta,
salvo eccezioni rarissime, è la via falsa.
Solo la via storta, lungo la quale gli uomini cadono,
ritornano sui propri passi, esperimentano,
falliscono e ritentano e talvolta riescono,
è la via sicura e, di fatto, più rapida»

Luigi Einaudi,
Prediche inutili

6 commenti:

  1. Ma certo. Einaudi pensava a uno come Tabacci.

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    1. Questa è di una cattiveria imperdonabile. Mi stia in castigo per due turni elettorali.

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    2. Hai facile vittoria: tutti i seppellitori del capitalismo hanno dovuto fare i conti con la testarda legge dello sviluppo storico. Diceva quel tizio: “Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione”. Quanto alle “catene”, pensi fosse meglio conservare quelle non metaforiche delle epoche passate? Gesù, questi liberali che a suo tempo sono diventati democratici solo perché gli faceva paura il comunismo e il fascismo era troppo statalista.

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    3. Questa è di una cattiveria imperdonabile. Stammi in castigo per due turni elettorali.

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  2. «se il progressista è l’uomo del domani, il conservatore è l’uomo del dopodomani»

    e il terzo giorno resuscitò

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