venerdì 7 giugno 2019

Che invidia!


Ero troppo preso dal ricostruire le circostanze che mi hanno mandato fuori strada circa lidentità del «rivoltoso sconosciuto» di piazza Tienanmen, per poter prestare la dovuta attenzione, ma anche e soprattutto la necessaria disposizione danimo, alle circostanze che qui in Italia e, primancora, in mezzo mondo, a partire dal Regno Unito, hanno mandato fuori strada molti organi dinformazione circa la morte di Noa Pothoven, sicché solo in queste ultime ore ho recuperato gli estremi della faccenda per come realmente ha avuto svolgimento, e preziosi in tal senso mi sono stati gli interventi succeditisi nelle ultime 48 ore sulla pagina Facebook di Marco Cappato, tra i primi a smentire la notizia che in un ospedale olandese fosse stata praticata leutanasia su una minorenne perché depressa, e con tanto di placet clinico e legale, tra i primi a chiarire che invece si era lasciata morire di fame e di sete, e a casa sua, proprio perché quel placet era mancato.
Reduce da un infortunio che in sostanza era della stessa natura (superficialità nel trattamento delle fonti), potete immaginare con quanta curiosità mi sia interessato al modo col quale vi mettevano riparo le prestigiosissime testate e le autorevolissime firme che ne avevano subìto uno uguale, constatando che però tutto andava come al solito, con chi faceva finta di niente, passando subito a parlar daltro, chi dava conto dellerrore, ma en passant, come si fosse trattato di un refuso tipografico, e chi se ne assumeva la responsabilità, ma solo per lasciar spazio a giustificazioni ed attenuanti che in sostanza la rigettavano: nessuno che ammettesse lerrore, chiedesse scusa e si impegnasse a non ripeterlo. In generale, mi è parso che si intendesse dire al lettore: «Guarda che nel rilanciare la bufala non sono stato vittima meno di quanto lo sia stato il lettore che se lè bevuta, perché la storia dava corpo a quellipotesi di piano inclinato che è tra più suggestivi espedienti retorici di chi si oppone a una legislazione che riconosca il diritto alleutanasia, e che dà sostanza anche alle riserve di non vi si oppone per ragioni di principio, ma solo perché ne teme le derive. Cerca di essere indulgente, dunque: cascarci era facile, e in fondo anche in te lorrore ha lasciato poco spazio allincredulità». Sempre meglio di un «ci hai creduto, faccia di velluto», e già è tanto.
Poi cè Il Foglio, ma si sa che Il Foglio fa categoria a parte. Mercoledì 5 giugno: «La morte on demand è realtà, l’Olanda pratica l’eutanasia su una minorenne depressa. Una ragazza olandese di 17 anni, Noa Pothoven, ha ottenuto l’eutanasia, legale nei Paesi Bassi, a seguito di una violenza sessuale subita all’età di 11 anni». Notevole è quell«a seguito», che lega violenza a violenza, stupratore ad assassino. «Qui c’è una riflessione da fare. [...] L’eutanasia era iniziata come metodo estremo per porre fine alle sofferenze dei malati incurabili, condannati a morte certa, per abbreviarne il calvario. “Compassione”, si disse. Gli oppositori avevano evocato lo slippery slope, il tema del piano inclinato. Non ci saremmo fermati ai malati incurabili. [...] La vicenda di Noa questo ci dice: una volta che si accetta di camminare sul piano inclinato si finisce contro il muro della “death on demand”. La morte su richiesta. Come un qualunque altro servizio sanitario».
Giovedì 6 giugno? Ok, Noa non ha ricevuto leutanasia, ma «avrebbe potuto riceverla». Anche se sè saputo che le era stata negata? Poco importa, la ragazza aveva deciso di lasciarsi morire di fame e di sete e «lo stato olandese aveva acconsentito alla sua morte decidendo, in accordo con la famiglia, di non intervenire». E questa è eutanasia? Non stiamo troppo a sottilizzare: la notizia era una bufala, ma in fondo, in fondo, in fondo, non lo era.
Come non restare incantati di fronte a tanta disinvoltura nel trattare i propri infortuni? Averne almeno un po, di tanta faccia tosta, che invidia!

2 commenti:

  1. perdoni, Malvino, ma il paragone non mi sembra calzante. I giornalisti vivono del loro lavoro e ammettere platealmente i propri errori potrebbe pregiudicare il loro reddito. Tutti quelli che lavorano sbagliano, ma non si può pretendere che un avvocato, un idraulico o un dottore pubblicizzino i propri errori...

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  2. Il giornalista ha dei doveri di altra natura, soggetti a procedimenti disciplinari anche di una certa entità (azione intrapresa non necessariamente in seguito ad epistole europee puntate; non minacce ma consigli s'intende). E rischia anche l'istituzione che non si attiva nel far rispettare i doveri, anche perché in molti casi i doveri di alcuni sono diritti negati ad altri.

    Anticipo per chi non continua la lettura del testo dell'ODG: ultimamente qualcuno ha escogitato un modo furbesco per forzare il sistema, per sfangarla col sacco di soldi come nei film, cioè passare dallo status di giornalista a quello di showman (un noto personaggio televisivo progressista ha ormai fatto scuola). E' il progresso, bellezza! O il regresso in bruttezza?

    Testo unico
    dei DOVERI del giornalista
    Approvato dal Consiglio Nazionale nella riunione del 27 gennaio 2016

    Articolo 9
    Doveri in tema di rettifica e di rispetto delle fonti
    Il giornalista:

    rettifica, anche in assenza di specifica richiesta, con tempestività e appropriato rilievo, le informazioni che dopo la loro diffusione si siano rivelate inesatte o errate;
    non dà notizia di accuse che possano danneggiare la reputazione e la dignità di una persona senza garantire opportunità di replica. Nel caso in cui ciò si riveli impossibile, ne informa il pubblico;
    verifica, prima di pubblicare la notizia di un avviso di garanzia che ne sia a conoscenza l’interessato. Se non fosse possibile ne informa il pubblico;
    controlla le informazioni ottenute per accertarne l’attendibilità;
    rispetta il segreto professionale e dà notizia di tale circostanza nel caso in cui le fonti chiedano di rimanere riservate; in tutti gli altri casi le cita sempre e tale obbligo persiste anche quando si usino materiali – testi, immagini, sonoro – delle agenzie, di altri mezzi d’informazione o dei social network;
    non accetta condizionamenti per la pubblicazione o la soppressione di una informazione;
    non omette fatti, dichiarazioni o dettagli essenziali alla completa ricostruzione di un avvenimento.

    TITOLO V
    SANZIONI

    Articolo 15
    Norme applicabili
    La violazione delle regole e dei principî contenuti nel «Testo unico» e integranti lo spirito dell’art. 2 della legge 3.2.1963 n. 69 comporta per tutti gli iscritti all’Ordine dei giornalisti l’applicazione delle norme contenute nel Titolo III della citata legge.

    Articolo 16
    Norma transitoria
    Il «Testo unico» entra in vigore il 3 febbraio 2016. I procedimenti disciplinari avviati prima di tale data sono definiti mantenendo il riferimento ai precedenti documenti deontologici.

    ---
    legge 3.2.1963 n. 69

    TITOLO III. Della disciplina degli iscritti

    48. Procedimento disciplinare.
    Gli iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro, che si rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionali, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell’ordine, sono sottoposti a procedimento disciplinare.
    Il procedimento disciplinare è iniziato d’ufficio dal Consiglio regionale o interregionale, o anche su richiesta del procuratore generale competente ai sensi dell’art. 44.

    51. Sanzioni disciplinari.
    Le sanzioni disciplinari sono pronunciate con decisione motivata dal Consiglio, previa audizione dell’incolpato.
    Esse sono:
    a) l’avvertimento;
    b) la censura;
    c) la sospensione dall’esercizio della professione per un periodo non inferiore a due mesi e non superiore ad un anno;
    d) la radiazione dall’albo.

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