Ho scritto che il leader carismatico risponde ad un bisogno che va dalla più bassa frustrazione dinanzi ad ostacoli che i suoi seguaci ritengono insormontabili alla più alata speranza che essi ripongono nell’essere il sale della terra e di essere destinati a fecondarla col meglio del loro meglio. Parlavo di Beppe Grillo, che di lì a poco avrebbe cominciato ad affermare che il M5S non fosse da intendere più come un movimento, ma come una comunità. Un motivo in più per fare a meno del termine antipolitica, che d’altronde è un assurdo, perché era finalmente chiaro che il leader carismatico del M5S chiamasse i suoi seguaci a darsi struttura organica e a farsi cosa prepolitica, nella quale, come è noto, gli individui sono chiamati a restare essenzialmente uniti nonostante i fattori che li separano, proprio al contrario di ciò che si realizza in un partito, dove invece gli individui rimangono essenzialmente separati nonostante ciò che li unisce (cfr. Ferdinand Tönnies, Gemeinschaft und Gesellschaft).
A tal riguardo ho scritto che con ciò il grillismo assumeva i caratteri di una minaccia: fascismo allo stato nascente. Di lì a poco seguiva la dichiarazione dell’onorevole Roberta Lombardi, capogruppo del M5S alla Camera, che lodava il Manifesto fascista del 1919, dal quale ha attinto a piene mani pure Casa Pound Italia per il suo programma. Qui, con la dottrina sociale dello stato che è del fascismo quando ancora non si è fatto regime e con le analogie programmatiche tra M5S e Casa Pound Italia che sembrava dovessero trovare una piattaforma comune, mi pare possa chiudersi il cerchio.
Di fatto, le crisi producono miraggi di società e di stati organici.
Cosa deve fare il leader carismatico che intenda produrre un miraggio del genere? Innanzitutto deve fanatizzare i suoi seguaci. «Il comportamento fanatico è semplicemente uno sfogo collettivo per lo scontento generale. Nella fase meno visibile, questo comportamento è fatto di speranza, fede, attesa e simili, che si originano dalla credenza in una particolare via di fuga dalle cause dello scontento. Nel loro aspetto palese, questo comportamento consiste in un’azione diretta su questa credenza» (Richard T. Lapiere, Collective Behavior).
Come? «Concentra la folla, che altrimenti sarebbe facilmente dissipata nell’attenzione e nello spazio. Aiuta, cioè, a polarizzare la massa. Dà un nome ai vaghi atteggiamenti e sentimenti della gente e offre loro dei simboli comunicati, che, ripetuti e diffusi, servono in seguito come motivi di stimolo ad agire. […] Utilizza credenze, miti, leggende e dà una interpretazione dei fatti per suscitare emozioni e provocare all’azione. […] Indica la direzione in cui deve orientarsi l’azione di massa, […] anche se in qualche caso preferisce lasciare questa responsabilità a un’altra persona» (Kimball Young, Social Psychology).
Un comico, perché no?
«Il comportamento di chi si scatena clamorosamente verso qualcosa onde pensa ricavare piacere lo attribuiremo al craze. Questo comportamento, a prima vista contrario al panico, che implica una fuga precipitosa da qualcosa, non è al cento per cento il suo contrapposto. Formalmente è possibile analizzare il craze secondo lo stesso schema utilizzato per il panico: propensione, tensione, credenze generalizzate, fattori di precipitazione, ecc. In pratica, molti fatti che hanno come conseguenza il craze sono simili, se non identici, ai fatti che portano al panico. Inoltre non è raro vedere il panico accompagnato dal craze» (Neil J. Smelser, Theory of Collective Behavior).
Impossibile ogni previsione sul piano temporale, tanto meno sugli effetti di lunga durata che questa epidemia procurerà, ma l’andamento del fenomeno è noto: «Il decorso di ogni craze è segnato da certe fasi, che a volte si possono distinguere molto chiaramente e che seguono rigorosamente lo schema di una malattia a carattere epidemico. Prima di tutto si presenta un periodo di incubazione, durante il quale l’idea, benché presente nella mente di alcune persone, non tende a propagarsi. Segue una fase in cui l’idea si diffonde rapidamente. Il numero di persone che accettano l’idea aumenta così velocemente, da presentare talvolta un carattere quasi esplosivo. Appena il numero massimo delle persone influenzabili viene raggiunto, la velocità di diffusione dell’onda incomincia a diminuire. Questa è la terza fase. La quarta fase è caratterizzata dal formarsi di una resistenza all’idea, paragonabile all’immunità acquisita contro un’infezione. Durante questo periodo il craze decresce: nelle persone già colpite l’entusiasmo si indebolisce, mentre si verificano solo pochi casi nuovi. Se dura ancora, nella quinta e ultima fase, l’idea resta stazionaria o viene conglobata nelle usanze occasionali di molte persone o rimane fissa nella mente di alcuni entusiasti. In circostanze favorevoli, essa può rimanere per fiorire di nuovo in qualche epoca futura, quando l’immunità sia scomparsa» (Lionel S. Penrose, On the Objective Study of Crowd Behaviour). Senza dubbio, l’immunità dal fascismo era andata assai scemando in Italia, e da tempo. C’era bisogno solo di una crisi, ma di una crisi grossa, per risvegliare la spora.
A parte
Analogo riferimento a una leadership carismatica che tenda a trasformare un movimento in una comunità è stato fatto più volte, su queste pagine, a Marco Pannella e ai suoi seguaci. Più che ovvia si pone la questione della sostanziale differenza tra la «cosa radicale» e il M5S, almeno per ciò che attiene agli epifenomeni storici, culturali e politici. Essa va riconosciuta nel diverso modello di comunità prepolitica e nei meccanismi che concorrono a determinare quella che in Kimball Young è definita «polarizzazione di massa». Dobbiamo servirci di ciò che Elias Canetti scrive in Masse und Macht riguardo a ciò che distingue una
«massa aperta» da una «massa chiusa»:
«Fenomeno enigmatico quanto universale è la massa che d’improvviso c’è là dove prima non c’era nulla. Potevano trovarsi insieme poche persone, cinque o dieci o dodici, non di più. Nulla si preannunciava, nulla era atteso. D’improvviso tutto nereggia di gente. Da ogni parte affluiscono altri; sembra che le strade abbiano una sola direzione. Molti non sanno cos’è accaduto, non sanno rispondere nulla alle domande; hanno fretta, però, di trovarsi là dove si trova la maggioranza. […] Ci saranno parecchie cose da dire sulla forma estrema della massa spontanea. Ove nasce, nel suo nucleo essenziale, essa non è così genuinamente spontanea come appare; ma per tutto il resto, se si prescinde dalle cinque o dieci o dodici persone da cui ha avuto origine, è spontanea davvero. Da quando esiste, vuol essere di più. La spinta a crescere è la prima e suprema caratteristica della massa. Essa vuole afferrare chiunque le sia raggiungibile. Chiunque si configuri come un essere umano può unirsi a lei».
È quanto pare in corso. «In contrasto con la massa aperta, che può crescere all’infinito, si trova dovunque, e perciò appunto pretende interesse universale, si pone la massa chiusa. La massa chiusa rinuncia alla crescita e si preoccupa soprattutto della durata. Di essa spicca innanzitutto il confine. La massa chiusa si insedia. Nell’atto in cui si confina, crea la propria sede. […] Forse è necessaria una cerimonia particolare per essere accolti; forse bisogna versare una certa tassa d’ingresso. […] Il confine impedisce un incremento sregolato, ma in compenso ostacola e ritarda il deflusso. La massa guadagna in durata ciò che sacrifica in possibilità di crescita». Chi ha passato anche solo qualche mese in Via di Torre Argentina non ha bisogno di ragguagli. Chi non vi ha mai messo piede può comunque ricavare la differenza che c’è tra un corpo elettorale del 25,5% e dello 0,19%.