Mercoledì scorso ho scritto che “le sorti di Silvio Berlusconi e del suo governo sono ancora lontane dall’essere prevedibili, checché ne pensi chi lo ama e chi lo odia”, chi spera che regga e chi spera che cada; che, “fino a quando non sarà possibile capire come butta, la linea ufficiale della Chiesa non potrà che mantenersi ambigua”, evitando di scoraggiare troppo l’una o l’altra speranza; che, “fino a quando Silvio Berlusconi avrà la forza di restare in piedi per dare al Vaticano ciò che il Vaticano chiede, prevarranno la condanna del peccato e un occhio di riguardo per il peccatore”; e insomma invitavo a non aspettarsi molto dal cardinale Angelo Bagnasco. È andata proprio così, anzi, a potersi dire soddisfatto della prolusione che Sua Eminenza ha tenuto al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana è più chi vuole Silvio Berlusconi in sella che chi lo vuole sotto gli zoccoli.
Che accade, in pratica? “Si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci – veri o presunti che siano – di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine”. La soluzione indicata da Sua Eminenza va “oltre ogni moralismo ma anche oltre ogni libertarismo”: una tirata d’orecchie a Silvio Berlusconi se è vero – ma chissà se poi è vero – che va a puttane, e una tirata d’orecchie a chi gli tende “tranelli”, ricambiato, “in una logica conflittuale che perdura ormai da troppi anni” e che vede gli uni e gli altri “contribui[re] al turbamento generale, a una certa confusione, a un clima di reciproca delegittimazione”.
Sembrerebbe che la soluzione offerta della Cei (si tratta di un vero e proprio lodo Bagnasco) sia in questi termini: Silvio Berlusconi promette di tenere in gabbia l’uccello e di non dare pretesti ai suoi detrattori; le opposizioni promettono di rinunciare a spallate e a ribaltoni; la magistratura chiude un occhio e archivia tutto.
Intanto, mentre Silvio Berlusconi nega di aver mai pagato prestazioni sessuali, tanto meno a minorenni, molti di quanti gli rinnovano fiducia e stima continuano a ripetere: “Ciascuno a casa propria fa quello che gli pare”, aggiungendo per la parte penalmente rilevante: “Pensava che Ruby avesse 24 anni”. È evidente che ritengano lecito l’andare a puttane, e non hanno torto, perché in Italia non è illegale, come non lo è il fare la puttana. Diciamo che la legge dello Stato non recepisce la severa condanna della prostituzione che sta nella dottrina morale della Chiesa, che la definisce “piaga sociale” (Catechismo, 2355). Diciamo che il presidente della Cei non ha chiesto una legge che dichiari illegale tout court la prostituzione.
Era in oggetto la salvezza del Paese, non delle anime dei cittadini: Sua Eminenza ha a cuore il Paese, al di là del bene e del male, e soprattutto pare conoscerlo assai bene. Mezza Italia, infatti, quella che tifa per Silvio Berlusconi, ritiene che indagare sull’ipotesi di un reato grave come la prostituzione minorile sia da considerare una lesione della privacy, un grave attacco al prestigio del Presidente del Consiglio e un odioso tentativo di impedire all’individuo, soprattutto se in grado di poterselo permettere, che sia il cazzo a dettargli la legge morale quando è a casa propria. Non c’è dubbio che Sua Eminenza pensi a questo quando parla di “debolezza etica”, ma come può liquidarla chiamandola “libertarismo”, mettendola in contrapposizione a un “moralismo” che qui si limiterebbe a pretendere da Silvio Berlusconi meno della metà di quello che la Chiesa chiede a tutti? Sul piano morale, rispetto alla prostituzione, in cosa si traduce questa posizione moderata di Sua Eminenza tra “moralismo” e “libertarismo”?Intanto, mentre Silvio Berlusconi nega di aver mai pagato prestazioni sessuali, tanto meno a minorenni, molti di quanti gli rinnovano fiducia e stima continuano a ripetere: “Ciascuno a casa propria fa quello che gli pare”, aggiungendo per la parte penalmente rilevante: “Pensava che Ruby avesse 24 anni”. È evidente che ritengano lecito l’andare a puttane, e non hanno torto, perché in Italia non è illegale, come non lo è il fare la puttana. Diciamo che la legge dello Stato non recepisce la severa condanna della prostituzione che sta nella dottrina morale della Chiesa, che la definisce “piaga sociale” (Catechismo, 2355). Diciamo che il presidente della Cei non ha chiesto una legge che dichiari illegale tout court la prostituzione.
Ecco che nello smalto brillante della dottrina morale della Chiesa si intravvede il buchetto marcio dell’ipocrisia: “Passando da una situazione abnorme all’altra, è l’equilibrio generale che ne risente in maniera progressiva, nonché l’immagine generale del Paese”. La prostituzione non è il vero problema, il vero problema sta nell’immagine generale del Paese.