Nei giorni scorsi ho ricevuto un invito che mi ha molto lusingato, ma che non ho potuto onorare per improrogabili impegni di lavoro. Si trattava di un dibattito pubblico sull’ultimo libro di Piergiorgio Odifreddi (Caro papa, ti scrivo – Mondadori, 2011), che si è tenuto oggi, a Milano, e insieme ad altri due o tre blogger, che stimo molto e che mi avrebbe fatto piacere conoscere di persona, era presente l’autore, al quale mi avrebbe fatto piacere stringere la mano. Peccato, speriamo ricapiti l’occasione. Tuttavia mi rimane un obbligo verso chi mi ha rivolto l’invito e mi ha inviato il libro: questo post cercherà di toccare in sintesi i punti che mi sarebbe piaciuto sviluppare nell’incontro che ho dovuto disertare.
Non sarà una recensione, perché ne uscirebbe un lunghissimo paginone e dovrei ripetere ciò che ho scritto in altre occasioni. Il libro di Odifreddi, infatti, analizza un testo di Joseph Ratzinger (Introduzione al Cristianesimo – Queriniana, 1969) al quale ho dedicato molti post tra il 2005 e il 2009, mettendo in evidenza molte delle debolezze logiche e delle incongruenze argomentative che il “matematico impertinente” qui mette sotto la sua lente: in gran parte sarebbe una recensione laudatoria, perché in molti punti di questa lettera aperta a Benedetto XVI ho ritrovato molte delle mie obiezioni, ma sviluppate con una chiarezza invidiabile, e che infatti mi ha mosso a invidia. Mi limiterò, dunque, solo ad alcuni aspetti di Caro Papa, ti scrivo, che poi sono gli stessi che hanno colpito Amedeo Balbi, del quale tuttavia non condivido l’obiezione di fondo.
Balbi ha ragione: Odifreddi sembra sprecare le sue straordinarie doti di scienziato nel “compito faticoso e ingrato” del “provare a districare i grovigli di un ragionamento naturalmente denso di circoli viziosi, contraddizioni e fallacie logiche di ogni tipo, con il solo scopo di dimostrarne l’inconsistenza”; è evidente che “si ostini a dissipare il suo talento nella trita e ritrita polemica con la religione, e in particolare con la chiesa cattolica romana”; non c’è dubbio che tra le righe dell’ateo che ha studiato in seminario e che da giovane voleva diventare Papa si possa leggere “il cavalleresco riconoscimento – celato dietro la facciata dell’ennesima schermaglia letteraria – di chi concede al proprio antagonista il merito di una parte sostanziale della propria fortuna”; ed è altrettanto vero che in molti passaggi sia manifesta una “irrefrenabile ossessione per lo stesso argomento” che ossessiona “un collega accademico di cui contesti le posizioni e le metodologie”. Ma questo porta davvero al rischio – come Balbi sembra essere convinto – che la logica stringente che smonta a pezzettini la teologia di Ratzinger possa creare un altrettanto mostruoso “sistema di credenze che cerca di imporre la propria supremazia assoluta sulla verità”? Io penso di no, penso proprio di no.
Ritengo che quanto emerge incontestabilmente da una ricerca che si attenga scrupolosamente al metodo scientifico non abbia in sé il pericolo di un’“altra religione”, ma abbia ogni buon diritto di essere prodotto in sede polemica come argomento contro la verità di questa o di quella religione: non veritas contra veritatem, ma razionale contro irrazionale, dimostrabile contro indimostrabile. Poi, certo, la scienza si dichiara umile e pronta a correggersi, ma questo non può e non deve renderla timida dinanzi all’assurdo che si traveste di mistero. E dunque, a mio parere, Balbi rivolge una critica infondata a Odifreddi, perfino un poco ambigua quando afferma: “Non saranno certo gli argomenti logici – pur interessanti e meritori di diffusione, per carità – a far cambiare idea a coloro che hanno deciso di trovare il centro della propria esistenza in una confessione religiosa. Così come, specularmente, ho sempre trovato bizzarri i tentativi di chi cerca, in questa o quella scoperta scientifica, o in qualche lacuna nelle nostre conoscenze attuali, una sponda per il proprio credo religioso”. Infatti un argomento logico che dimostri l’esistenza di un trascendente è sempre dimostrabilmente fallace per intrinseca tautologia, mentre uno che la metta in discussione fino a negarla è spesso ragionevolmente accettabile: può essere respinto, ma non smontato.
E allora cosa possiamo rimproverare ad Odifreddi, se proprio vogliamo rimproverargli qualcosa? Io penso sia il cercare un dialogo con chi non ne ha ultima possibilità: al Papa non si scrive una lettera aperta, gli si rispedisce la sua Introduzione al Cristianesimo smontata a pezzettini, accompagnata da un laconico biglietto: prova a rimontarla, non ti riesce.