Su queste pagine ho citato Dominique Strauss-Kahn in una sola occasione, e per dire che “diversi elementi nella vicenda che lo vede protagonista sono almeno degni di una qualche perplessità e, se non sono validi a supportare l’ipotesi di un complotto, lasciano adito almeno all’eventualità che egli possa essere vittima di un’ingiusta accusa, a fine presumibilmente estorsivo” (Può darsi, 20.5.2011). Con la piega che ha preso la vicenda, sarei tentato di far mia la soddisfazione di chi fa notare che “in un colpo viene rintuzzata la foga popolare che lo aveva portato alla gogna” (Il Foglio, 2.7.2011). Già, ma come fu trattata la vicenda da Il Foglio? Bisogna riandare al numero del 17 maggio.
Strauss-Kahn colpevole? Chissà, fatto sta che “tutto si tiene, e il pansessualismo affermatosi in occidente ha un risvolto politico. Gli uomini hanno sempre peccato. Sempre hanno peccato, spesso con un di più di prepotenza, gli uomini che dispongono di forte autorità sugli altri. Ma hanno sempre avuto una remora che ha consentito di custodire i loro torti in una zona grigia abitata da un qualche ritegno: il senso del peccato, il sentimento di un limite congenito al quale è sottoposta la loro libertà. La zona grigia è cancellata. Il senso del peccato anche. Resta un libertinismo moralmente autorizzato, il cui risvolto è il puritanesimo selettivo e politicamente corretto, senza bellezza e significato, con esiti atrocemente nichilistici quando la libertà pansessualista si fa violenza. All’origine del tutto c’è la consegna dell’amore al sentimento, la sua scissione dall’eros procreativo, la pillola, la distruzione della famiglia, l’aborto e l’indifferenza di genere e le mille altre chicche dei baby boomer. Che è successo al Sofitel, lo vedremo. Cosa è successo a noi, lo sappiamo”.
Vibrante, la prosa del signor direttore, tuttavia viene il sospetto che, adottando una linea difensiva che mirasse a dirottare l’accusa di stupro al libertinismo moralmente autorizzato, adesso Strauss-Kahn era fottuto. C’è da immaginarselo, l’avvocato, a farsi forte degli argomenti di Giuliano Ferrara: “Signor giudice, il mio cliente è innocente: avrà pure stuprato la cameriera, ma è tutta colpa del Sessantotto! E poi, via, tutti i potenti hanno un di più di prepotenza: che facciamo, condanniamo il potere?”. Per fortuna, invece, l’avvocato era Ben Brafman. Per intenderci, “quello che difende gli indifendibili” (Giulio Meotti). Che sarà un complimento all’avvocato, ma una mezza condanna all’imputato.
Più ellittica, Marina Valenzise: “L’arresto di DSK travolge politica e media francesi che da sempre accettano con nonchalance i vizi dei potenti”. Pietrangelo Buttafuoco: “Tanto c’è di Boccaccio in Berlusconi, quanto di De Sade in Strauss-Kahn”. Da Camillo Langone arrivava una difesa della quale possiamo esser certi che Strauss-Kahn avrebbe fatto volentieri a meno: “Mon semblable, mon frère!”. E tuttavia come dubitare delle buone intenzioni di Langone.
Ma il meglio del garantismo, un vero e proprio antidoto alla foga popolare sempre pronta al giudizio sommario e incline alla gogna, veniva dalla strip di Emanuele Fucecchi: se non proprio innocentista, quasi.