È da quando Leone XIII rimosse il «non expedit» di Pio IX che i cattolici italiani partecipano attivamente alla vita politica del paese, naturalmente da cattolici, fieri di dichiararsi tali, anche perché c’è sempre da ricavarci qualcosa, obbedientissimi agli ordini impartiti loro dalle gerarchie ecclesiastiche, con numeri considerevoli, con forze straordinarie, riuniti in un partito o strategicamente posizionati in pressoché tutti i partiti, ma sempre in maggioranza. Se siamo nella merda, giacché siamo nella merda, sarà mica pure colpa loro? Domanda impertinente, perché ad ogni generazione di italiani si preferisce porne un’altra, sempre la stessa: quale ruolo per i politici cattolici in Italia? Fateci caso: ogni volta la domanda è posta come se fin lì i politici cattolici non avessero mai messo mano in politica, e chiedessero di contare di più, come se non avessero mai avuto quanto spettava loro secondo merito, peso e consenso.
In realtà, governano l’Italia da sempre, fatta eccezione per la troppo breve stagione liberale postunitaria. Appena si rassegnarono all’idea che non fosse restaurabile lo Stato Pontificio, si servirono della rete diocesana sovrapposta a quella dei collegi elettorali per rastrellare consensi, selezionati e ammaestrati dai pastori a far la guardia al gregge. Col fascismo furono messi un po’ da parte: le gerarchie ecclesiastiche decisero un rapporto di tipo concordatario col potere laico e chi scalpitava fu messo in castigo. Caduto il fascismo, la Chiesa diede loro un partito e col tempo concesse loro pure qualche metro in più di guinzaglio. Sappiamo com’è caduta la Prima Repubblica, sappiamo com’è nata la Seconda: la Dc è esplosa, disseminando i suoi pezzi a destra, al centro e a sinistra, perdendo l’egemonia che s’era rassegnata a spartire consociativamente con chi capitava, e il potere è passato in mano a uno che aveva cinque zie suore, tanti amici preti e soprattutto un cuore grande come una sporta: “Non possiamo non compiacere la Chiesa”, diceva, e non diceva mai un no. Un altro Uomo della Provvidenza, diciamo.
I politici cattolici? Dappertutto. Al governo, ciellini sfusi e a pacchetti. In parlamento, cattolici di ogni foggia e sfumatura. Tranne la Cgil, da sempre cristianoide, i sindacati avevano la guida di uomini pii. E non parliamo del livello inferiore: banche, parastato, sanità – dove non contavano, i politici cattolici? Quando mai non hanno contato? Come potrebbero o dovrebbero contare di più? In altri termini: di che cazzo si discute a Todi?
«Che dei cristiani si incontrino per ragionare insieme sulla società portando nel cuore la realtà della gente e i criteri della dottrina sociale della Chiesa, è qualcosa di cui tutti dovrebbero semplicemente rallegrarsi». Come no. È da sempre – da Leone XIII in poi, appunto – che i politici cattolici sviscerano i criteri della dottrina sociale della Chiesa, il più ambiguo e contraddittorio guazzabuglio di tutto e niente, di solidarismo socialistoide e di capitalismo caritatevole: com’è che non sono mai riusciti a cavarci un ragno dal buco? Mentre l’Italia s’ingolfava nel suo debito pubblico, i politici cattolici erano a capo dei dicasteri economici o erano in ritiro spirituale? La loro filosofia politica del lasciar sempre tutto com’era, mediando fino a sfinire gli opposti, incapsulando ogni novità nell’eccezionalità, non era saggezza da sagrestia? Ok, rallegriamoci del fatto che dei cristiani s’incontrino per ragionare insieme sulla società, ma su quale società ragionano?
Porgiamo orecchio: «Quando siamo presi dal mondo diventiamo “del” mondo, anziché essere “nel” mondo ma non “del” mondo, e così diventiamo incapaci di servire gli uomini. Non è dunque l’immedesimarsi al mondo che permette di servirlo meglio, ma il vivere nella verità di Dio anche quando questa sembra impossibile, quando è irrisa o non è compresa come il comando di camminare sul mare». Non è in questo modo che i politici cattolici hanno sempre ragionato della società italiana? E cosa è diventata ragionandone a questo modo? Stando “nel” mondo senza sentirsi “del” mondo, stando “in” Italia senza mai sentirsi italiani, tutt’al più cattolici apostolici romani, che Italia hanno costruito? E ancora hanno la faccia tosta di ragionare sulla società italiana?