«Ero piccolo, e non capivo granché di politica». Come se oggi, invece… Civati commemora Berlinguer nel 28° della morte e nel leggerlo trovo conferma che peggio dei rottamandi ci sono solo i rottamatori. Almeno i primi hanno capito, anche se troppo tardi e a fatica, che proprio Berlinguer è il peccato originario che li ha portati regolarmente fuori strada ad ogni svolta, per tornare ogni volta più malconci in carreggiata, ma accumulando sempre più ritardo e perdendo sempre più consensi.
Civati, no. «Ci manca, Berlinguer… Sapete, ci manca davvero». Vorrei vederlo nel Pci di allora, quando il dolce Enrico, in culo a ingraiani, amendoliani e cossuttiani, prima cambiava linea del partito dalla sera alla mattina e poi esigeva che la direzione ratificasse e il congresso applaudisse. Macché, Civati è convinto che «Berlinguer diceva, quando esprimeva un pensiero, “i comunisti pensano” o “sostengono” o “intendono”, che si capiva che voleva dire “noi comunisti”, mentre a noi manca il noi». Neanche la Mafai avrà letto, è evidente, e sì che il libricino era smilzo, poteva trovare due ore tra un film e una partita di calcetto, avrebbe capito che noi significava Berlinguer, Rodano e Tatò.
Il Berlinguer di Civati è un poster, un brivido lungo la schiena, un’emozione: non ha mai letto una sua relazione congressuale o un suo paginone su Rinascita, è evidente. Civati è rimasto al «qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona», senza neppure riuscire a leggerci l’ironia che ci metteva Gaber. Come dire, «Berlinguer, ti voglio bene», facevi tanta tenerezza il braccio a Benigni, sei morto in modo così emozionante, ti ho visto su Youtube, non ho capito cosa dicevi, ma suonava così bene.
Dicevi che eravamo «diversi», e lo dicevi così bene che ci abbiamo creduto. Pensavamo che la macchina del partito girasse grazie alle sottoscrizioni che si raccoglievano alle Feste de l’Unità e che quei tuoi strappetti dalla Casa Madre fossero delicati per non lacerarci il cuoricino. Siamo stati costretti a ricrederci, avremmo tanto bisogno di uno come te che riuscisse a farcelo credere ancora, se solo avessimo l’anima bella di allora e il centralismo democratico.
«Quel volto, quella cultura, quella dimensione, non sono più tornate», piagnucola Civati, faccia da Postalmarket, lirismo alla Veltroni. E vaglielo a spiegare che quel volto, quella cultura, quella dimensione erano quelli di un Togliatti in sedicesimo.