Fuori
dalla cerchia dei cattolici fedelissimi alla dottrina, che saranno lo 0,2% dei
cattolici per modo di dire, il professor De Marco è pressoché un Signor
Nessuno, e questo è un vero peccato, perché non è un fesso, meriterebbe la
notorietà che ingiustamente va a certi sagrestani che della Chiesa sanno appena
dov’è la corda della campana. È colto, il professore, e io lo leggo sempre con
gran diletto, perché del cattolicesimo è una spremuta senza aggiunta di
additivi o conservanti, acida come si deve. Bene, non è difficile arguire che
anche al professore stia sul cazzo quella fetecchia di Bergoglio, e il fatto che
dopo Ratzinger era necessaria proprio una simpatica macchietta come lui sennò
il barcone andava a sbattere – niente da fare – non gli scende, ma non gli
scende proprio. Il fatto è che lui è personcina a modo, mica come quel pazzo
scatenato di Socci che a Bergoglio è arrivato a dare dell’usurpatore, e soffre
uguale, ma non schizza bile, la gonfia in bellissime bolle verdoline che
Magister cattura in instagram postandole su Settimo Cielo, ormai sito ufficiale
degli orfani dell’Emerito. Ed è su Settimo Cielo che qualche giorno fa è stato
pubblicato un altro articolo di De Marco, Il
clima del pontificato e una nuova voglia di bastone, che fin dal titolo
rivela il suo caratterere polemico, e infatti, contrariamente al solito, è teso, quasi
contratto, livido qua e là, del tutto privo di quel pescare dai più polverosi
scaffali, che abitualmente rendono sfiziosissime le performance del professore.
E qui, dolenti, siamo costretti ad un’amara riflessione: ai cattolici come si
deve, quelli che il Denzinger ce l’hanno sempre sulla punta della lingua, questa
chiavica di papa leva il gusto dell’ornato e del fiorito, li intristisce e li
mortifica, lasciandoli senza parole per le bestialità che infila senza soste,
sicché fanno fatica a stargli dietro, senza riuscire neanche a trovare il tempo
di rammendarsi le vesti prima di potersele stracciare ancora. Poveri
tradizionalisti, c’è da comprenderli: con Bergoglio accade loro ciò che a noi
accade con Renzi, una tal bestia che non sai da dove cominciare. E povero De
Marco, sia detto senza un velo di ironia, che in questa occasione lamenta la
brutta aria che tira per chi non ha intenzione di adeguarsi al clima di questo
pontificato.
Dice che chi non segue l’andazzo è preso a randellate, robe
brutali, mai viste ai tempi di Wojtyla e Ratzinger, dove pure non mancava quel
fenomeno di allineamento che porta chierici e laici a compiacere il papa. «Singolare
– scrive De Marco – che tale allineamento, allora inerme, si eserciti ora in
una pugnace difesa del papa regnante solo per colpire ambienti e individualità
ortodosse», in favore di quella «paccottiglia cristiana postmoderna che
consiste in resipiscenze e contrizioni, in autocritica del passato cattolico
“alla luce del Vangelo”, in abbracci di ogni genere purché nell’agenda dei
media», che Bergoglio insuffla col suo fare «qualunquistico», che «esonera dall’impegno
di valutare, discernere, opporsi al “mondo”». «Così – scrive De Marco – dimenticando
che è solo il nichilismo ad avere sempre un “volto umano” benevolente, che non
giudica, sollecito della pubblica felicità, tanti cattolici qualificati, clero
e laici, mancano al loro compito essenziale: ricordare all’Occidente, e al
mondo, l’antropologia cristiana che è a suo fondamento, si tratti di anima e di
corpo, di vita o di morte, di generazione o di identità di genere. Quasi
nessuna voce cattolica dotata di autorità d’ufficio si alza ancora contro la
infondata (filosoficamente e scientificamente) e nevrotica manipolazione
livellatrice del maschile e del femminile cui si cerca di piegare la cultura
diffusa, agendo sul parlamento e a scuola. Assieme alla mistura di paura e
attrazione verso il papa, a frastornare laicato e clero vi sono, dunque, il
sonno della ragione cattolica, una coscienza di sé ai minimi termini, una
sudditanza all’etica pubblica altrui che – si pensa – sotto papa Bergoglio non
hanno più bisogno di essere dissimulate. In più, mimeticamente dipendenti da
un’opinione pubblica che simula di operare per valori, e pensandosi legittimati
da un papa mediato da quei medesimi “opinion maker”, alcuni laici ed
ecclesiastici con responsabilità su uomini e organizzazioni si trasformano
(secondo una costante della sociologia politica) in “tiranni democratici” verso
i dissenzienti». Una vergogna, via.
«Niente di nuovo, si dirà. Ma nel passato
le sanzioni erano motivate dalla protezione dell’integrità della fede e
dell’istituzione ad essa necessaria. Oggi invece si agita il bastone sotto
l’effetto di formule imposte da una falsificazione secolare del cristianesimo,
come “amore” e “misericordia” contro responsabilità e retto giudizio, come
“vita” contro ragione, come “natura” e “felicità” contro peccato e salvezza,
come “Concilio” contro tradizione cristiana». Insomma, non è il bastone in sé
ad essere il problema: ben venga se si tratta di raddrizzare i gropponi che hanno la
scoliosi, la cifosi o la lordosi eretica, ma randellare chi ha schiena drittissima – eccheccazzo!