La prostituzione non è illegale in Italia e la vigente normativa si limita a punirne l’esercizio in luogo pubblico, l’induzione e lo sfruttamento da parte di terzi, mentre è assai ambigua riguardo all’ampia gamma delle condotte di favoreggiamento. Tutt’altro discorso è il “compie[re] atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica”, che è inteso come “delitto contro la libertà individuale” e che è “punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a € 5.164” (art. 600-bis c.p.). Non c’è dubbio, dunque, che gli ultimi guai di Silvio Berlusconi nascano solo a causa della minore età di Karima el Mahroug nel momento in cui i due compivano atti sessuali a pagamento, come la giovane ha pubblicamente negato, ma privatamente ammesso con larghezza di dettagli (a latere ci sarebbero i connessi guai di Emilio Fede e di Lele Mora, ma qui eviterò di prenderli in considerazione.)
Qualsiasi sia il giudizio etico e/o estetico che ciascuno dà della prostituzione, vediamo se possiamo essere d’accordo su questo primo punto: la transazione si è consumata in abitazione privata e, se Karima el Mahroug avesse fornito a Silvio Berlusconi le sue prestazioni sessuali a pagamento dopo il compimento del 18° anno, non avremmo in mano alcuna materia penale (continuando a tener fuori Fede e Mora che, anche se gestori di un traffico di vecchi puttanoni ultrasettantenni, sarebbero comunque nei guai). Se non ci sono obiezioni, andrei avanti.
Silvio Berlusconi sapeva che Karima el Mahroug fosse minorenne? Pubblicamente lo nega e trova conferma dalle dichiarazioni pubbliche della giovane, che dice di essersi spacciata come 24enne. La legge non ammette ignoranza, tutt’al più prevede attenuante: anche se la buona fede di Silvio Berlusconi fosse dimostrata, l’art. 600-bis c.p. non cadrebbe, ma qui vi sarebbero prove che la minore età di Karima el Mahroug non gli fosse ignota. E allora vediamo se possiamo essere d’accordo anche su questo: al netto della “disciplina” e dell’“onore” che la Costituzione impone ai “cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche” (art. 54), termini troppo vaghi per poter definire disonorevoli o indisciplinate le pratiche private non illegali; al netto delle implicazioni politiche – interne e internazionali – che, nonostante ciò, deriverebbero dalla pubblica notorietà di queste pratiche private, ancorché indimostrate (e intanto fin qui negate); al netto della ricattabilità del puttaniere, che lo renderebbe vulnerabile insieme a quanto rappresenta (patria, governo, coalizione, partito, ecc.); al netto, infine, dell’esercizio di doppia morale che sta nel fare gargarismi coi valori sul balcone e poi andarli a sputare nel cesso di servizio; al netto di tutto questo, i guai di Silvio Berlusconi non stanno nell’essere un puttaniere, ma del non aver saputo tenere nascosto il fatto di aver sbagliato puttana una mezza dozzina di volte, le volte in cui Karima el Mahroug è stata ad Arcore, ancora minorenne.
Ci siamo? Al netto del giudizio etico e/o estetico, siamo riusciti ad isolare le due cose – la prostituzione (legale) e la minore età della prostituta (che la trasforma in reato) – che nella faccenda stanno insieme solo incidentalmente? Se sì, possiamo essere d’accordo sul terzo punto: i guai di Silvio Berlusconi nascono da un incidente nella sua carriera di puttaniere, che sarà esecrabile sul piano etico, disdicevole su quello estetico, ma che non è vietata per legge. In altri termini: è solo un incidente che fa di Karima el Mahroug una puttana diversa dalle altre pagate da Silvio Berlusconi, perciò fonte di guai, e l’incidente sta – a piacere – nel non aver saputo evitare che fra le sue puttane capitasse una minorenne e/o nel non aver saputo evitare che la cosa diventasse pubblica. In questo senso, a differenza degli altri casi analoghi che gli sono stati attribuiti, qui c’è incidentalmente un fatto penale che negli altri casi non c’è.
Se fino a qui siete riusciti a starmi appresso, ora viene il punto sul quale probabilmente non concorderete tutti. Comincio con l’enunciare, poi cercherò di argomentare.
La prostituzione è pratica dai contorni assai sfumati e la correlazione tra la prestazione sessuale offerta e il vantaggio ottenuto in cambio non è sempre configurabile in modo certo come pagamento. Sono tutt’altro rari i casi in cui – soggettivamente e oggettivamente – è difficile dire con sicurezza quale sia il favore fatto prima e quale grata ricompensa segua dopo, e la sequenza cronologica degli eventi non è così significativa del nesso causale, che di sovente è ambiguo fino all’insondabile (e per non urtare alcuna sensibilità mi asterrò dal fare riferimento alle origine sacre della prostituzione documentate in Strabone di Amasea, né citerò quanti hanno dimostrato il mercimonio sessuale nel matrimonio, in tutte le epoche e dovunque).
Ora – e qui mi avvio alle conclusioni – nessuno vorrà negare che anche i contorni di ciò che è detto “atto sessuale” sono assai sfumati, e che altrettanto lo sono quelli di quanto fa “utilità economica”. Se per “atto sessuale” non ho da intendere giocoforza il bruto coito, ma posso arrivare a intendere anche tutto quanto vi può essere d’attorno (o solo questo), e se per “utilità economica” posso intendere anche il regalino non richiesto, anche se tacitamente atteso (senza previa contrattazione), la pratica della prostituzione si allarga a molte forme del darsi reciproca soddisfazione, secondo le proprie possibilità, entro oppure oltre le aspettative.
Probabilmente dovremmo evitare di usare termini come “puttana” e “puttaniere”, e dovremmo ridefinire quello di “prostituzione”, che appare sempre più inadeguato da quando le prestazioni sessuali dietro compenso hanno in gran parte perso il carattere di attività servile per acquistare quello di professione (anche altamente) specializzata. Non a caso, infatti, ciò che inguaia Silvio Berlusconi è l’essere incidentalmente inciampato in un “delitto contro la libertà individuale” che il codice penale mette accanto alla riduzione in schiavitù e al traffico di materiale pedopornografico: se fosse stato in grado di non fruire dei servizi di una professionista non ancora abilitata a causa della minore età, i suoi nemici non avrebbero in mano niente, e niente avrebbero i giudici che lo chiamano a rispondere.
Voglio chiudere con una citazione da Quadernino: “Davanti a tutto quello che sta uscendo a proposito del caso pedopornopolitico del momento – davanti agli argomenti della difesa, intendo – una cosa mi colpisce più di ogni altra. In qualsiasi altro governo, coalizione, partito del mondo, per la metà della metà di quello che è uscito – parlo, ripeto, sulla base degli argomenti usati da Silvio Berlusconi e dai suoi difensori, e non solo in questi ultimi giorni, senza bisogno di nient’altro – davanti a tutto questo, dicevo, sarebbero stati innanzi tutto gli esponenti dei suddetti governo, coalizione e partito a costringere il leader a farsi da parte. Lo avrebbero fatto, si capisce, per il bene del paese, ma soprattutto nell’interesse della coalizione e del partito, per salvaguardare l’immagine, la dignità e il futuro dei loro dirigenti. Ecco. Quello che mi colpisce di più nelle vicende di oggi, e che mi sembra più significativo, è proprio la tragica, apparentemente irrimediabile mancanza di tutto questo: partiti, dirigenti, dignità e futuro”. Bene, si tratta di uno stupore ingenuo (forse retoricamente ingenuo). Cosa si lamenta? Che governo, coalizione e partito ai quali Silvio Berlusconi è a capo siano a lui solidali nell’incidente? Non ho detto solidari, ho detto proprio solidali: saldamente uniti alle sue sorti, l’incidente è pure il loro. Dignità e futuro sono indissolubilmente legati alle sorti personali di chi ha in buona parte contribuito a sfumare i contorni di cosa è servile e cosa no: a sostenere che sia “legittimo usare il proprio corpo per fare carriera” (Corriere della Sera, 13.9.2010) non era un tizio fatto onorevole da Silvio Berlusconi? Nell’esercizio di quanto è legittimo si può commettere un errore, ma perché dovrebbe costare tutto?