lunedì 29 febbraio 2016
domenica 28 febbraio 2016
Schadenfreude per tutti, e non se ne parli più
Chi
voleva la stepchild adoption, e non l’ha avuta, si consoli buttando
un occhio in campo avverso: quelli del Family Day sono incazzati
neri, soffrono come bestie ferite a morte. Certo, il diritto di piena
genitorialità concesso a entrambi i partner di una coppia omosessuale avrebbe dato
dignità di vero e proprio matrimonio all’istituto
dell’unione
civile, ma di fatto adesso due lesbiche e due gay sono famiglie, poi
al resto penserà la giurisprudenza, sentenza dopo sentenza. E certo, potrà
irritare che in Italia l’adeguamento
delle leggi ai mutamenti della società proceda con ritardi che
favoriscono la persistenza di grosse sacche di dissenso ad ogni
mutamento, sarà frustrante, senza dubbio, ma la pazienza è la virtù
dei forti, può darsi sia addirittura meglio che le cose si prendano il tempo necessario per farle digerire piano piano a chi ha stomaco delicatuccio. Chi
voleva la stepchild adoption, e non l’ha avuta, rifletta a quanto è
accaduto per la fecondazione assistita. Anche chi volentieri
l’avrebbe
dichiarata fuorilegge, perché il Catechismo la vieta, dapprima è stato costretto a concederla, accontentandosi di renderla un faticosissimo
percorso a ostacoli. Poi, uno dopo l’altro,
gli ostacoli sono venuti a cadere, e il cardinal Ruini è rimasto con
un pugno di mosche in mano. L’esperienza insegna: non farsi trascinare nella chiacchiera sui Grandi Sistemi, strappare pezzo a pezzo quello che si può strappare e poi produrre casi emblematici da portare in Cassazione, alla Consulta, a Strasburgo.
Ma
si consoli pure chi voleva che tutto rimanesse com’era,
che il ddl Cirinnà fosse ritirato in blocco, che fosse in questo modo
proclamato l’insuperabile
primato della famiglia tradizionale: l’Italia è omofoba da sempre, e per molto tempo ancora un ricchione resterà un ricchione, per molto
tempo ancora qualche dispettuccio glielo si potrà infliggere per
fargli capire che quel boa di struzzo fucsia è contronatura. Lo
stralcio della stepchild adoption è un bel premio di consolazione,
via, e poi non è stata una bella soddisfazione poter ripetere per
settimane, col sorrisetto obliquo sulle labbra, cui in sincrono il
sopracciglio andava perfettamente parallelo, che al gay l’utero manca? Certo, sarà uno schifo vedere due maschi tenersi per mano, sentirli dire che sono famiglia in forza di una legge che sovverte
la Legge, ma in fondo sarà un’occasione
per soffrire, e questo al cattolico-come-si-deve piace da morire.
Massima goduria, poi, soffrire in compagnia di chi ti fa soffrire,
perché non deve essere carino vederti scippata la stepchild adoption
e trovare a consolarti lo stesso Scalfarotto che fino a
due minuti prima giurava che si sarebbe fatto spellare vivo piuttosto
che rinunciarci.
Insomma,
via, Schadenfreude per tutti, e non se ne parli più. Tanto più che
di quanto era in questione col ddl Cirinnà non s’è
parlato troppo neppure quando si è fatto finta di discuterne, anzi,
di tutto si è discusso per non parlar di quello. E d’altronde
sarebbe stato inopportuno perché le unioni civili erano solo
un’occasione
per vedere in campo l’alta
politica di cui noi italiani siamo maestri insuperabili. Via, è
stata una gran bella partita, ottime regie, splendide
triangolazioni, fallacci micidiali, ma arbitro e guardalinee, com’è
giusto, hanno lasciato correre per non mortificare il gioco. E dunque
finte e controfinte, dribbling e contropiedi, meline e deviazioni in
calcio d’angolo,
entrate a gamba tesa e simulazioni di fallo, goal di tacco e
traversoni a perdersi sul fondo, spogliatoi nervosissimi e autogoal in mezza rovesciata, perché sia chiaro che non è la politica italiana a
vivere di metafora calcistica, è il calcio che cerca di imitarla,
quasi sempre offrendo uno spettacolo assai più piatto.
venerdì 26 febbraio 2016
«Petaloso»
In
linea di principio può essere considerato «ben formato» ogni
aggettivo che intenda rappresentare un’abbondanza
di quantità o una pienezza di condizione di quanto è espresso dal
sostantivo da cui deriva e cui a tal fine sia stato apposto il
suffisso «-oso». Non è un caso, tuttavia, se la lingua italiana
non conti più di 750 aggettivi di questo tipo, a fronte di un numero
di sostantivi che è almeno sessanta volte maggiore (a voler considerare
solo quelli d’uso
più comune, che secondo i vari Autori sarebbero tra i 42.000 e i 47.000): a una parola non basta l’essere
«ben formata» per trovare ragione di quella
frequenza,
di quella estensione e di quella persistenza d’uso
che la portano ad essere inclusa in un dizionario. Perché «la usino
tante persone e tante persone la capiscano» occorre che la sua
struttura semantica risponda a ben precise esigenze, prima fra tutte
una solida relazione tra il significante e il significato.
Questo è
il motivo per cui in ogni dizionario della lingua italiana troviamo
«peloso» per indicare qualcuno o qualcosa «con tanti peli», ma in
nessuno troviamo – chiedo scusa per il solo porgerlo ad esempio –
«pianetoso» per dire di un sistema solare in cui orbitino molti
pianeti. In questo caso, che poi è sostanzialmente analogo a quello
di «petaloso», per dire di un fiore che abbia tanti petali, a
rendere estremamente debole la relazione tra significante e
significato è la neutralizzazione dell’effetto
che si ritiene attivo nel suffisso «-oso»: neutralizzazione che procede dalla
natura stessa dell’oggetto
al quale si intende attribuire l’aggettivo, perché dove, se non su un fiore, è lecito attendersi dei petali? Dove, se
non in un sistema solare, ci aspettiamo di trovare dei pianeti? Di
più: è proprio di un fiore avere dei petali, è proprio di un
sistema solare avere dei pianeti. Certo, su un fiore potremo avere
pochi o molti petali, in un sistema solare potremo trovare pochi o
molti pianeti, ma in entrambi i casi ci troviamo dinanzi ad aggettivi
che non sono spendibili fuori dal contesto nel quale hanno preteso di
aver ragione di nascere, e non è necessario un grande sforzo di
intelletto per capire che perfino l’uso
metaforico risulta fortemente inibito: è questo che li condanna irreparabilmente all’oblio o li confina nell’idioletto di natura specialistica dal quale non hanno mai avuto la pretesa di uscire.
Non così per tutti gli
aggettivi che sfruttano il suffisso «-oso» che fin qui hanno
trovato accoglienza nei vocabolari della lingua italiana: in chiunque
potremmo trovare la pienezza del «coraggio» che lo rende
«coraggioso», e «peloso» potrà essere un uomo, un animale, uno
stomaco, un tappeto, un frutto, perfino quel particolare genere di
carità che impedisce di dire a una maestrina quanto sia cretina, spiegandole che anche dietro l’apparente follia che porta certi neologismi sulle pagine del Treccani, del Devoto-Oli o dello Zingarelli c’è una ratio che ne spiega la fortuna nel nodo tra struttura e funzione. Nodo così stringente da consentire di trarne regola: più fortunato è un neologismo, meno si è in grado di risalire con certezza a chi l’abbia coniato.
Questo, sul cuore della questione. Su tutto quanto in questi giorni
ha fatto bozzolo attorno la vicenda che l’ha
sollevata, c’è
Parsifal che ha scritto un post nel quale leggo così nitidamente le
mie stesse impressioni che riportarne qui i passi salienti mi risparmia altra fatica: «Un bambino si inventa la parola “petaloso”, per
indicare un fiore che ha molti petali. È normale: i bambini, mentre
imparano l’italiano (ammesso che lo facciano ancora), si inventano
delle parole. La norma vorrebbe che gli insegnanti, con dolcezza,
correggano questa tendenza e insegnino a riconoscere le parole “vere”
da quelle inventate. La maestra del bimbo in questione, invece,
evidentemente mossa da smania per i venti minuti di fama,
nientepopodimeno scrive alla Crusca e sottopone la nuova parola alla
sua attenzione. Siccome anche alla Crusca non sono più quelli di una
volta, si prendono il tempo di rispondere. La parola è tecnicamente
ben formata, dicono, e per entrare nel vocabolario basta che la usino
in molti. A questo punto entra in gioco il terzo fesso, quello
collettivo: l’utente Twitter, e in “centinaia” (ma presto
saranno migliaia) stanno re-twittando “petaloso” per farlo
diventare popolare» (*).
mercoledì 24 febbraio 2016
[...]
Esposto
fuori dagli spazi adibiti all’affissione,
mancante del bollo attestante il pagamento dell’imposta
comunale sulla pubblicità, insomma, abusivo pure il manifesto. Fin
qui niente di strano, in fondo questo accade in una città di merda
dove l’abusivismo è ampiamente
tollerato. Da chi non si
accontenta che venga tollerato, ma chiede addirittura che venga
riconosciuto pienamente legittimo, per sanatoria generale, si può
pretendere che per l’affissione
di un manifesto che lo reclama come diritto passi prima per l’ufficio
tributi del comune e poi comunque non sia libero di appiccicarlo dove
gli pare? Sarebbe un controsenso, via.
Bando all’indignazione,
dunque, che d’altronde in una
città di merda ha sempre il molesto olezzo di giaggiolo e ciclamino,
e lasciamo che l’attenzione
perda tensione morale. Guardiamo come è semplice rivoltare un
termine irritante come «abusivi»
in uno grazioso come «ivisuba»:
cosa costerebbe all’ocadnis
– pardon, al sindaco – una delibera che operi allo stesso modo?
Vorrà mica costringerli all’esasperazione?
Ha visto quella freccia bella tosta opposta a quella tutta ammaccata
che le si contrappone?
martedì 23 febbraio 2016
Prosaici, ecco quello che siete!
Se
succede qualcosa a Teresa, a Letizia continuerà ad essere
impossibile farsi carico di Ernesto, ma in fondo chissà se poi
davvero esistono, non è da escludere che ficcare una famiglia
arcobaleno nel suo staff sia stata una trovata estemporanea, giusto
per non sfigurare nel confronto con Cuperlo e Civati, come a dire:
voi volete la stepchild adoption per motivi ideologici, io la voglio
perché ho presa diretta sui problemi della gente, e li sento, e li
faccio miei, il che, se permettete, segna una bella differenza tra le
vostre algide teorie sui nuovi diritti civili e il mio sano
pragmatismo che si nutre di empatia per le difficoltà che rendono
difficile la vita al cittadino... Poi, via, voi due avete una coppia
gay nei vostri staff? Ah, no? E come mai? Sarà mica che predicate
bene e razzolate male?
Prevedo
e anticipo l’obiezione: ok, può
darsi che Ernesto non esista, e non esistano nemmeno Letizia e
Teresa, ma coppie gay nella loro condizione esistono, e sicuramente
saranno deluse dallo stralcio della stepchild adoption dal ddl
Cirinnà, è molto probabile che ora saranno incazzate nere per la
promessa fatta da Renzi alle Primarie del 2013... Risposta: e sai
quanto gliene può fottere. Dirà che lo stralcio è colpa dei
grillini, che d’altronde gli
hanno offerto un assist eccezionale per trovare il modo di poter
placare le minacce che salivano dalla piazza del Family Day, dare
alla Cei quello che voleva, evitare una spaccatura in seno al
Governo, tenere buona per un po’
Strasburgo... Par già di sentirlo, a cose fatte: signori, avrei
tanto voluto far di più, ma non me l’hanno
lasciato fare, prendetevela con Grillo e Casaleggio. Però strizzando
un occhio a chi la stepchild adoption proprio non la voleva, come a
dire: ho manovrato da dio, via, non potete negarlo, e sappiate che
l’ho fatto per voi, perché è
solo insieme a voi che posso costruire il Grande Centro, il Partito
della Nazione, insomma, chiamatelo come cazzo vi pare, ci siamo
intesi.
L’opposizione
interna? Prima me ne libero e meglio è, volesse il cielo che lo
stralcio della stepchild adoption provocasse un altro strappo: mi
darebbe modo di bollarla come massimalista, rimproverandole di aver
puntato sui voti del M5S, e ora di voler sfogare su di me la
frustrazione per aver beccato un due di picche. Anzi, sai che faccio?
Sul ddl Cirinnà lavorato a misura di Alfano ci metto la pure la
fiducia, così mi diverto a veder sguazzare nella bile chi diceva che
senza l’adozione del figliastro
non l’avrebbe mai votato.
L’elettorato
del Pd? Non capisco quale sia il problema. In gran parte ci vota
perché è fidelizzato: voterebbe qualsiasi Pd, basta dargli un
programmino pieno di slogan, meglio se insieme roboanti e anodini,
ambigui il necessario da non fargli storcere troppo il muso quando
con le promesse mi ci pulirò il culo, se necessario. E poi c’è
tutto il corpaccione intermedio: quello continuerà a starmi dietro
finché son forte, anzi, si ingrosserà sempre di più di Verdini
grossi, medi e piccolini, dandomi modo di tessere una rete
clientelare tanto capillare da poter controllare in tempo reale
quanto mi renda ogni euro di spesa pubblica. No, l’elettorato
del Pd non è un problema: per dieci che non lo voteranno più, ne
arriveranno quindici o venti da Forza Italia, e poi, parliamoci
chiaro, perché Alfano annuncia che il Nuovo Centrodestra cambierà
nome?
Con
tutto quello che ho da fare perché questo possa realizzarsi, potevo
consentire che una Cirinnà mi buttasse sabbia negli ingranaggi?
Scalfarotto? Ma non diciamo cazzate: aprirà bocca solo per dire che
un passo avanti è stato fatto, peccato non sia stato lungo quanto si
volesse, e poi fare la foglia di fico gli piace da morire, figurarsi
se molla. La Serracchiani? La Serracchiani, chi?
Ed Ernesto? Se a Teresa succede qualcosa? Madonna, quanto siete bischeri! Non vi si può raccontare niente, credete a tutto, non riuscite a cogliere la bellezza del momento narrativo senza pretendere che... Prosaici, ecco quello che siete!
domenica 21 febbraio 2016
«Un applauso per lui!»
Nel
corso della conferenza stampa tenutasi durante il volo di ritorno dal
suo viaggio in Messico, Bergoglio si è intrattenuto pure sulla
questione relativa agli abusi sessuali a danno di minori che in
quest’ultimo
decennio sono stati una delle più pesanti accuse che l’opinione
pubblica di mezzo mondo ha mosso al clero cattolico, e l’occasione
è stata offerta dalla domanda rivoltagli da uno dei giornalisti al
seguito, prendendo spunto dalla vicenda di padre Marcial Maciel
Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, autore di una
innumerevole serie di schifezze, coperte per decenni dalla protezione
di Wojtyla, il santo.
Sul punto, la risposta di Bergoglio merita di
essere riportata testualmente: «Qui
mi permetto di rendere un omaggio all’uomo che ha lottato in un
momento in cui non aveva forza per imporsi, finché è riuscito ad
imporsi: Ratzinger. Il cardinale Ratzinger – un applauso per lui! –
è un uomo che ha avuto tutta la documentazione [sul
caso Maciel].
Quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha
avuto tutto nelle sue mani, ha fatto le indagini e è andato avanti,
avanti, avanti… ma non è potuto andare più in là
nell’esecuzione. [...] Vale a dire che è stato l’uomo coraggioso
che ha aiutato tanti ad aprire questa porta. Così che voglio
ricordarvelo, perché a volte ci dimentichiamo di questi lavori
nascosti che sono stati quelli che hanno preparato le basi per
scoperchiare la pentola».
Onestamente c’è
da rimanere sbigottiti dinanzi a tanta faccia tosta. La pentola si è
scoperchiata per l’interessamento
di Ratzinger? Monsignor Carlos
Talavera Ramírez, vescovo di Coatzacoalcos, sollecitò più volte
l’allora
Prefetto
della Congregazione per la Dottrina della Fede a mettere un freno
agli abusi sessuali che padre Maciel andava consumando da decenni, ma
solo per sentirsi dire: «Si tratta di materia molto delicata, dato
che padre Maciel ha fatto molto per la Chiesa e in più è molto
amico del papa» (il vescovo messicano lo riferì in un’intervista, probabilmente per liberarsi da ogni responsabilità, subito severamente redarguito dalla Santa Sede, ma senza mai smentire il contenuto delle sue affermazioni).
E vogliamo dimenticare come per analogo
comportamento in relazione a un caso simile la Corte Distrettuale del
Texas diede avvio ad una procedura di incriminazione per «obstruction
of justice»
a suo carico, bloccata solo dall’elezione
al pontificato? I «lavori
nascosti»
di Ratzinger erano tesi – appunto – a nascondere. Punto.
venerdì 19 febbraio 2016
Problemini sui fondamentali
«La
Santa Sede non ha mai pubblicato testi che autorizzino le religiose a
prendere anticoncezionali, anche se corrono il rischio di essere
violentate»,
così monsignor Piero Pennacchini, vicedirettore della Sala Stampa
Vaticana, il 5 marzo 1993. Era accaduto che un pretonzolo del
Reggiano aveva accusato la Santa Sede di usare due pesi e due misure,
col no alla pillola per le bosniache che in quei mesi venivano
stuprate dai serbi, dopo aver consentito, anzi sollecitato, che ne
facessero uso le suore a rischio di stupro nelle loro missioni
dell’Africa
sub-sahariana.
Era voce, questa, che circolava già da tempo.
Impossibile dire se fosse voce attendibile, tanto meno se fosse vero,
come si andava mormorando già da tempo, che la deroga all’assoluto
divieto della contraccezione estroprogestinica imposto con la Humanae
vitae
fosse stata concessa da Paolo VI in persona. Di fatto non esisteva
alcun documento ufficiale che lo provasse. In quanto all’enciclica,
non dava adito ad alcun fraintendimento: «È
esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel
suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si
proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione. Né,
a giustificazione degli atti coniugali resi intenzionalmente
infecondi, si possono invocare, come valide ragioni: che bisogna
scegliere quel male che sembri meno grave o il fatto che tali atti
costituirebbero un tutto con gli atti fecondi che furono posti o poi
seguiranno, e quindi ne condividerebbero l’unica e identica bontà
morale. In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male
morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene
più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il
male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto
positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi
indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare
o promuovere beni individuali, familiari o sociali»
(14).
E allora che cazzo dice Bergoglio? Gli chiedono se, per far
fronte al rischio posto in essere dal virus Zika, «la
Chiesa può prendere in considerazione il concetto di “male
minore”»
e autorizzare all’uso
della pillola per evitare il ricorso all’aborto. E cosa è capace di scacazzare? «L’aborto
non è un “male minore”, è un crimine»,
e vabbè, siamo nel solco. Ma poi?
«Riguardo
al “male minore”, evitare la gravidanza è un caso. Parliamo in
termini di conflitto tra il quinto e il sesto comandamento. Paolo VI,
il grande, in una situazione difficile, in Africa, ha permesso alle
suore di usare gli anticoncezionali per i casi di violenza. Non
bisogna confondere il male di evitare la gravidanza, da solo, con
l’aborto. L’aborto non è un problema teologico: è un problema
umano, è un problema medico. Si uccide una persona per salvarne
un’altra,
nel migliore dei casi, o per passarsela bene. È contro il Giuramento
di Ippocrate che i medici devono fare. È un male in se stesso, ma
non è un male religioso, è un male umano. Ed evidentemente, siccome
è un male umano, come ogni uccisione, è condannato. Invece, evitare
la gravidanza non è un male assoluto, e in certi casi, come in
quello che ho menzionato del Beato Paolo VI, era chiaro».
Chiaro, un cazzo. In un colpo solo si sputtanano Paolo VI e la
dottrina. E questo, come per il dirsi non legittimato a giudicare chi commetta «atti intrinsecamente disordinati [e] contrari alla legge naturale» (Catechismo, 2357), come per il cazzotto che riteneva «naturale» tirare in faccia a chi gli toccasse la mamma, accade ancora una volta nel corso di un incontro con i giornalisti al seguito in uno dei suoi viaggi all’estero, in volo. O quell’aereo ha problemini di pressurizzazione o li ha Bergoglio, e sui fondamentali.
giovedì 18 febbraio 2016
[...]
All’inizio
di ogni discussione andrebbe preliminarmente trovato, fra quanti vi
partecipano, un solido accordo sul significato dei termini cui
prevedibilmente si ricorrerà più di frequente, cominciando dal
trovare una definizione pienamente condivisa dell’oggetto
sul quale ci si appresta a discutere: molto probabilmente alla fine
della discussione ciascuno rimarrà della propria idea, ma le
posizioni che si sono confrontate saranno a riparo da ogni possibile
fraintendimento, rivelando la reale forza degli argomenti che le
sostengono. Quasi sempre, invece, questo non accade.
(Si discute di
Dio? Di quale Dio? Solitamente solo a discussione assai inoltrata si
ha la sensazione di stare a perder tempo dietro un oggetto che cambia
di continuo i suoi attributi, avendo dato per scontato fosse
superfluo assegnargli un significato univoco. Per tacere dei casi,
niente affatto rari, nei quali è proprio l’ambiguità
dei termini impiegati a offrire il destro per la costruzione di
paralogismi in cui il significato ad essi attribuito subisce patenti
slittamenti da una premessa all’altra, per dar forza agli argomenti
deboli o per sottrarne a quelli forti.)
Mi pare che questo sia il
rischio nell’accettare
una discussione sulla giustizia sociale nel modo in cui la propone
Matthew Taylor nel video che apre questo post (qui nella versione
originale sul canale Youtube di The Guardian, ma troverete
un’edizione con sottotitoli in italiano su Internazionale). Cosa si intende per
egualitarismo? Per meglio dire: come lo si ottiene? Eludere il punto rende infruttuosa, e perfino pericolosa, la discussione.
(A parte. La pagina di Internazionale ci informa che Matthew Taylor «è stato consigliere di Tony Blair quando era primo ministro del Regno
Unito». Poco ascoltato, direi.)
mercoledì 17 febbraio 2016
Tutta ’sta flemma
Non
ho mai acceso un Google Alert su Ettore Gotti Tedeschi, perciò da un
po’
di tempo l’avevo
perso di vista. Fatemi fare mente locale: dov’è che l’ho
incrociato l’ultima volta? Ah, sì, è stato nella relazione che il
Vaticano commissionò a uno psichiatra per accertare il suo stato di
salute mentale. O era uno psicoterapeuta? Mah. Non rammento nel
dettaglio quale fosse la diagnosi, però mi pare non lo si
descrivesse in forma smagliante, diciamo. Se non erro, gli si
attribuiva «un
parziale scollamento dal piano di realtà assimilabile a una
disfunzione psicopatologica nota come “accidia
sociale”»,
che si manifesterebbe come «passione
dell’indifferenza».
Cazzate. Per meglio dire: ammesso che allora fosse una diagnosi
seria, oggi direi sia in ottima forma. Più di Ernesto Galli della
Loggia, in ogni caso. E certamente più di Giuliano Ferrara, anche se
poi lì non è che ci voglia molto. Su il
Giornale
di martedì 16 febbraio Ettore Gotti Tedeschi ci offre una
riflessione sullo stesso tema trattato dai due nei giorni precedenti
(Corriere
della Sera,
13.2.2016;
Il
Foglio,
15.2.2016) – e la morale cattolica non conta più cazzo, e il mondo
va a rotoli, e finirà che ci accoppieremo con le scimmie e coi cammelli – ma con una tal flemma... Ecco, finirà
che tutta ’sta
flemma gli procurerà un’altra
diagnosi di disfunzione psicopatologica. Peccato, perché a pelle poi
mi sta simpatico, ma pure lui però, che cazzo, dovrebbe sapere che
certi valori si difendono schiumando bava e con gli occhi accesi di
brace.
martedì 16 febbraio 2016
[...]
L’ho
scritto a caldo, dieci giorni fa: non sapremo mai la verità sulla morte
di Giulio Regeni, che tuttavia puzza moltissimo di operazione tesa a
incrinare le buone relazioni di interscambio tra Italia ed Egitto,
destinate a rafforzarsi ancor di più dopo la scoperta da parte
dell’Eni
dell’enorme
giacimento di Zohr, a scapito della Francia, soprattutto, ma anche
del Regno Unito, con notevoli ripercussioni sulle loro economie
interne. Fosse stato eliminato dalla polizia o dai servizi segreti
egiziani, il suo corpo non sarebbe mai stato ritrovato: partivo da
questo solo dato per formulare l’ipotesi,
che ora vedo diventare una pista battuta pure da chi investiga sul
caso (ne davano notizia, stamane, Fiorella Sarzanini per il Corriere
della Sera e Carlo Bonino per la
Repubblica). Questo mi fa osare un altro
azzardo: dal trattamento subìto da Regeni penserei a una cellula
della Dgse (Direction
générale de la sécurité extérieure).
«Santità, fa niente, ormai è acqua passata»
Ovunque
arrivano, srotolano una pergamena e ad alta voce leggono:
«Da
parte del re, don Ferdinando, e di sua figlia, donna Giovanna, regina
di Castiglia e Leon, soggiogatori di popoli barbari, noi,
loro servi, vi notifichiamo e vi facciamo sapere, come meglio
possiamo, che Dio nostro Signore, uno ed eterno, creò il cielo e la
terra, e un uomo e una donna dei quali noi e
voi e tutti gli uomini del mondo furono e siamo discendenti e
procreati, e tutti quelli che verranno dopo di noi. Ma per la
moltitudine della generazione che da questi è uscita da cinquemila
anni e ancora più da che il mondo fu creato, è stato necessario che
alcuni esseri umani se ne andassero da una parte e altri dall’altra,
e si dividessero in molti regni e province, poiché in una sola non
potevano sostenersi e conservarsi. Da queste genti Dio, nostro
Signore, diede l’incarico a uno, che fu chiamato San Pietro, che
fosse il signore di tutti gli uomini e il superiore di tutti quelli
che gli obbedissero, e fosse capo di tutto il genere umano, ovunque
gli esseri umani si trovassero in qualunque legge, setta o credenza;
e gli diede tutto il mondo come suo regno e giurisdizione, e secondo
la sua volontà egli stabilì che la sua sede fosse posta
a Roma, in quanto luogo più adatto a governare tutte le
genti, cristiani, musulmani, ebrei, pagani o di
qualsiasi altra setta o credenza fossero. Egli fu chiamato Papa, che
significa ammirabile padre, superiore e governatore di tutti gli
esseri umani. A questo San Pietro fu tributata l’obbedienza
e il rispetto come a signore, re e superiore dell’universo da
quelli che vivevano in quel tempo, e così fecero nei confronti degli
altri che dopo di lui furono eletti al pontificato, e così si è
continuato fino ad ora, e si continuerà finché finisca il mondo.
Uno dei pontefici passati, che al posto di questo successe in quella
dignità e sede che ho detto, in quanto signore del mondo, fece dono
di queste isole e terraferma del mare Oceano ai detti re e regina e
ai loro successori in questi regni, con tutto ciò che c’è in
essi, come è contenuto in certi scritti che furono stabiliti su ciò,
come è stato detto, che potrete vedere se vorrete. Così le loro
maestà sono re e signori di queste isole e terraferma in virtù
della suddetta donazione; e alcune altre isole e quasi tutte cui
questo è stato notificato hanno ricevuto le loro maestà come tali
re e signori, e li hanno serviti e li servono come devono fare dei
sudditi, e con buono volontà e senza alcuna resistenza, e poi senza
dilazione, appena furono informati delle cose suddette, obbedirono e
ricevettero gli uomini religiosi che le Loro Altezze inviavano loro
perché predicassero e insegnassero la nostra santa Fede, e tutti
loro, di loro libera e spontanea volontà, senza alcun premio né
condizione, sono diventati cristiani e continuano ad esserlo, e le
Loro Maestà li ricevettero lietamente e benignamente, e comandarono
di trattarli esattamente come gli altri sudditi e vassalli; e voi
siete tenuti e obbligati a fare la stessa cosa. Quindi, come meglio
possiamo, vi preghiamo e vi chiediamo che intendiate bene ciò che vi
abbiamo detto, e che per intenderlo e deliberarvi vi prendiate il
tempo che fosse giusto, e riconosciate la Chiesa come signora e
entità suprema dell’universo, e il sommo Pontefice, chiamato Papa
in suo nome, e il re e la regina donna Giovanna, nostri signori, in
suo luogo, come superiori e re di queste isole e terraferma, in virtù
della suddetta donazione, e che consentiate e diate modo che questi
padri religiosi vi dichiarino e predichino il suddetto. Se farete
questo, e tutto ciò cui voi siete tenuti e obbligati, farete bene, e
le Loro Altezze, e noi in loro nome, vi riceveremo con tutto l’amore
e la carità, e vi lasceremo le vostre moglie e i vostri figli, e le
fattorie libere e senza vincolo di servitù, perché di queste e di
voi stessi voi facciate liberamente quello che vogliate e riteniate
bene: non vi obbligheremo a farvi cristiani, se non nel caso che voi,
informati della verità, vogliate convertirvi alla nostra santa Fede
cattolica, come hanno fatto quasi tutti gli abitanti delle altre
isole, e oltre a ciò le Loro Maestà vi concederanno privilegi ed
esenzioni, e vi faranno molti doni. Ma se voi non faceste ciò, o in
ciò voi interponeste maliziosamente delle dilazioni, vi faccio
sapere che con l’aiuto di Dio noi entreremo potentemente contro di
voi, e vi faremo guerra da tutte le parti e i modi che potremo, e vi
assoggetteremo al giogo e all’obbedienza della Chiesa e delle Loro
Maestà, e prenderemo le vostre persone, e le vostre mogli e i vostri
figli e li faremo schiavi, e come tali li venderemo e disporremo di
loro come le Loro Maestà comanderanno, e vi prenderemo i vostri
beni, e vi faremo tutti i mali e i danni che potremo, come si fa ai
vassalli che non obbediscono, né vogliono ricevere i propri signori
e oppongono loro resistenza e disobbedienza; e dichiariamo che le
morti e i danni che faranno seguito a ciò saranno attribuiti alla
vostra colpa e non alle Loro Maestà, né a noi, né a questi signori
che vengono con noi. E chiediamo al presente notaio che ci dia un
certificato firmato di ciò che diciamo e richiediamo, e preghiamo i
presenti che siano testimoni».
Il
testo è stato scritto da Juan López de Palacios Rubios e
naturalmente ha avuto l’approvazione papale. Non incontra
entusiasmo, diciamo, e allora inizia il massacro. Cifre ballerine, in
ogni caso non meno di 800.000 indios vengono sterminati in poco più
di un ventennio. Robe che al confronto l’Isis è una banda di
sfessati.
Meno
male che 500 anni dopo arriva Bergoglio e chiede scusa: «Scusate
se siete stati esclusi e incompresi». Mica squartati e bruciati:
esclusi e incompresi. Ma è il caso di star lì a fare i pignoli?
L’importante è il pensiero.
Doveroso
un «Santità, fa niente, ormai è acqua passata», sennò l’indios
rimedia la figuraccia del rancoroso e si becca la brutta reputazione
di cristianofobico.
lunedì 15 febbraio 2016
Dice: vabbè, però
Non
date retta a chi vi dice che con l’età
s’impara a tollerare tutto. Non
so quanto possa valere in generale, ma direi che accada proprio il
contrario, e non parlo per me solo, perché pure in molti miei
coetanei, conoscenti e amici, scopro tratti di rigida inclemenza,
spazientita insofferenza, ipersensibile tigna, alle quali manca solo
la sventatezza della gioventù per appiccare fuochi e scatenare
risse. Date retta a me: più si va avanti negli anni, meno si tollera.
Sembra tolleranza, ma è stanchezza. La voglia di sfregiare con un
coccio di bottiglia chi ti sta sul cazzo è intatta, ma la fiacca ti
scoraggia, l’impeto che avrebbe dovuto
farti gonfiare il petto riesce solo a farti fare spallucce, e chi ti
osserva fraintende: «L’età lo ha reso conciliante – pensa – e
quello che un tempo gli avrebbe fatto commettere un omicidio, guarda,
ora gli dona quell’adorabile ironia». Stronzo. Non ha
capito niente.
Ma che volevo dire? Ah, ecco, quasi dimenticavo.
Volevo dire: passi che un giornalista raccolga in un volume i propri
articoli invece di lasciarlo fare ai posteri, nel caso, ma quello che
firma articoli che sono stralci tratti da un suo volume? Madame
Bovary e I fratelli Karamazov furono dapprima pubblicati a
puntate sulle pagine di un quotidiano, poi raccolte in un volume: non
sarebbe stato ridicolo accadesse il contrario? E parliamo di Flaubert
e Dostoevski, di due capolavori della letteratura d’ogni
tempo, ma che dire di Filippo Facci che da quattro o cinque settimane
firma per Libero degli articoli che sono dei copia-incolla dei
capitoli del suo Misteri per orchestra (Mondadori, 2011)?
Dice: vabbè, però alla serie è dato il titolo del libro. E chi
lo sa che è il titolo del libro? Al lettore non lo si è detto, né
alla pubblicazione del primo degli articoli, né a quella dei
successivi. Dice: vabbè, ma questo non può essere che un pretesto,
dicci cos’è che ti ha fatto
girare i coglioni; e poi perché venircelo a dire solo adesso? Perché
ha twittato il link alla pagina di Dagospia che riportava il
testo del suo articolo pubblicato su Libero? Ti sta sul cazzo
Libero? Ti sta sul cazzo Dagospia? Ti sta sul cazzo chi
da Twitter rimanda a ciò che ha scritto altrove? Un po’,
un po’ e un po’,
ma, più di tutto, il fatto che stavolta l’articolo era il
copia-incolla delle cazzate scritte su Wagner: avevo letto il libro –
trovato su una bancarella di libri invenduti a un euro e cinquanta –
e rileggere quel capitolo su Libero mi ha fatto venire
l’eczema scrotale.
Wagner era
persona detestabile, e Facci non ne fa mistero, anzi, riporta in
sintesi assai brillante, grano dopo grano, tutto il rosario della sua
carriera da mascalzone patentato, però con palpitante simpatia per
le sue sconce malefatte. Tutto già noto dai tempi in cui fu
pubblicata la monumentale biografia di Robert W. Gutman (Richard
Wagner – The Man, His Mind, and His Music – 1968), sicché
non si capisce che senso avesse aprire Misteri per orchestra
scrivendo: «Questo
libro è frutto di ricerche personali e di qualche viaggio».
Dice: vabbè, però dev’esserci
dell’altro, è Facci che ti sta
sul cazzo? Tutt’altro. Mi piace
la sua scrittura, mi piace il suo caratterino, mi piace la sua pettinatura... No, sul cazzo mi
stanno Wagner e tutti wagneriani. Musica scritta per lo stomaco, che
ormai dovrebbe avere mero valore storico-documentale. In un secolo dall’aria
greve per il continuo ruttare dello Spirito quella di Wagner era
l’equivalente della nostra
musica da ascensore. Merda, Wagner è merda. E vedere gente che
ancora si diverte a metterci le mani dentro per farci pupazzetti in cui insufflare i propri tiramenti esistenziali – ma quale tolleranza, ma quale amabile
ironia?
Dal vano della pompa al vostro piatto
È
ormai da qualche anno che rinuncio a postare su queste pagine tutto
ciò che scrivo e uno dei fattori che condannano un post alla
cartella degli inediti – uno, e non è il prevalente – attiene a
un difetto della mia scrittura – uno, e non è il peggiore – che
è quel farmi un po’
troppo prendere
la mano dall’analogia,
dalla metafora e dall’allegoria, che talvolta mi pare fallisca
clamorosamente il fine, appesantendo notevolmente il testo. A mo’
d’esempio, ripesco dalla cartella degli inediti, in cui l’avevo
riposto sabato sera, il commento a un editoriale di Ernesto Galli
della Loggia (Il
fronte unico dei modernisti
– Corriere
della Sera,
13.2.2016), riportandone solo l’incipit, che mi pare possa bastare
a dare un’idea di quanto ho fin qui cercato di spiegare.
«Metter
mano a un editoriale di Ernesto Galli della Loggia è seccante quanto
rimuovere i detriti che intasano il filtro della pompa di scarico di
una lavastoviglie, dove alla pazienza richiesta dallo smontaggio e
dal rimontaggio delle parti del dispositivo, di solito alloggiato in
un recesso tanto angusto da rendere scomodissima l’operazione,
deve aggiungersi il non esser troppo schifiltosi con quel vischioso
materiale che resiste anche al frequente impiego degli sgrassanti
raccomandati per un’accorta
manutenzione dell’elettrodomestico,
anche di quelli reclamizzati come i più drastici. Un lavoraccio, e
tuttavia a qualcuno tocca. Eccomi allora a ficcar le dita nella
maleodorante mucillagine che oggi ingombra il vano della pompa...».
Certo
che abbiate colto il doppio senso dato a vano
e a pompa
per dire della vuota boria traboccante dall’editoriale,
vi risparmio il resto, e vengo alla ragione che oggi mi ha mosso al
ripescaggio: coi rimasugli del rancido e del muffito che intasava la
griglia del filtro, la ventola e il tubo di deflusso, Giuliano
Ferrara pensa di poterci cucinare roba da farci leccare i baffi.
«Ernesto
Galli della Loggia fa resistenza. Ammirevole. Denuncia nel Corriere
il conformismo modernista. Osteggia la parzialità facilista dei
media e dei conduttori televisivi. Sostiene che una parte degli
italiani, sul tema delle unioni civili, dell’adozione dei bambini,
della fecondazione eterologa, e su tutto il resto delle questioni
etiche maggiori, non è rappresentata e inclusa nella discussione
pubblica. Anzi è censurata. Derisa. È a rischio populismo,
costretta com’è a vivere nel disprezzo delle élites, del pensiero
dominante, mainstream».
Di
chi, la colpa? Del papato di Bergoglio, col quale sono andati a farsi
fottere «quasi
trent’anni di combattività cristiana in occidente, in particolare
idee e canoni plurisecolari sui temi della vita, delle scelte di
responsabilità nella cellula sociale che è stata la famiglia, del
tough love, dell’amore come testimonianza adamantina di fiducia nel
futuro, in un’idea di umanità non astratta, non desiderante, non
impiccata alla logica esaltante e ruffiana dei “diritti”. Una
lunga guerra culturale, che era di interesse primario anche per
posizioni laiche non secolariste, è finita: ed è finita con la
resa».
Stessa fetida gromma, però inondata di spezie e leziosamente guarnita. Ma qui, volendo scendere nel dettaglio, il rischio sarebbe ancora quello di cedere all’eccesso di analogia, metafora e allegoria. Stop, mi taccio.
Stessa fetida gromma, però inondata di spezie e leziosamente guarnita. Ma qui, volendo scendere nel dettaglio, il rischio sarebbe ancora quello di cedere all’eccesso di analogia, metafora e allegoria. Stop, mi taccio.
domenica 14 febbraio 2016
Breve, ma densa
Breve,
ma densa, come d’altronde
si
conviene a un Capricorno con Mercurio in Sagittario e Marte in Toro,
la lettura dell’odierno scenario politico italiano che Nicola
Cosentino ha nei giorni scorsi affidato nel carcere di Terni al
senatore Vincenzo D’Anna,
perché Fabrizio D’Esposito
potesse offrircela ieri dalle pagine de Il
Fatto Quotidiano:
dinanzi
all’acutezza
della diagnosi e all’attendibilità
della prognosi, passa in second’ordine
se Nick ’o
Mericano sia
davvero «il
referente nazionale delle cosche casalesi»,
come sostengono i magistrati della Direzione distrettuale antimafia
di Napoli, o invece «il
nuovo Enzo Tortora»,
come ritengono i fracassoni di Via di Torre Argentina.
«Per
come li abbiamo vissuti noi per vent’anni
– dice Cosentino – centrosinistra
e centrodestra non esisteranno più. E un polo moderato con a capo un
giovane premier come Renzi non è del tutto sbagliato. È una buona
idea. Anche perché nel Pd la convivenza tra renziani e minoranza
sarà sempre più inconciliabile e la sinistra interna andrà via»;
e qui è impossibile che il senatore D’Anna
non ci abbia messo a sigillo un bel «suca!»
dei suoi, ma D’Esposito, che da Antonio Polito si è beccato l’english, l’ha certamente espunto.
Miglior sintesi non si poteva dare del nascituro blocco
sociale: ancor più che Partito della Nazione, Polo Moderato. D’altra parte ormai sappiano: due buchi neri fanno vortice, finché l’uno mangia l’altro, e quel che resta mangia il resto.
venerdì 12 febbraio 2016
Giornata dell’Eufemismo
Il
vescovo non riveste la qualifica
di pubblico ufficiale,
né
di incaricato di pubblico servizio, dunque non ha l’obbligo
giuridico di denunciare all’autorità giudiziaria le notizie che
abbia ricevuto in merito all’abuso
sessuale di bambini da parte di sacerdoti. Così spiegava, il
cardinale Angelo Bagnasco, il 29 marzo 2014, a commento delle linee
guida licenziate il giorno prima dalla Santa Sede nel tentativo di
arginare l’endemico
fenomeno della pedofilia del clero cattolico: una spruzzatina di
lavanda su una fogna ormai a cielo aperto.
Come passa in fretta, il
tempo. Da quando non era neppure un pubblico ufficiale, oggi Sua
Eminenza detta regole alla Presidenza del Senato: gli sta a cuore lo
sviluppo emotivo del bambino, vuole il voto segreto sulla stepchild
adoption. Gli si dovrebbe urlare in faccia che è una merda d’uomo,
ma la sua sortita cade nella Giornata dell’Eufemismo,
e allora, via, accontentiamoci di sussurrargli: «Eminenza,
guardi che questa è gamba tesa».
mercoledì 10 febbraio 2016
Giacché Giulio Mozzi solleva obiezione al riguardo
Una
dozzina di giorni fa, su queste pagine, ho scritto che trovavo «una
sintetica ma esaustiva sinossi della dottrina morale della Chiesa su
quanto attiene a sesso, procreazione, matrimonio e famiglia» nel
«combinato
disposto»
di una
frase di don Luigi Giussani contenuta ne Il
movimento di Comunione e liberazione
(Jaka Book, 1987) e di un
passaggio tratto dall’intervento
di Massimo Gandolfini al Family Day dello scorso 30 gennaio. Giacché
Giulio Mozzi solleva obiezione al riguardo, trovando che «Giussani
e Gandolfini espongano una dottrina piuttosto diversa da quella che
si ritrova nel Catechismo»,
ritengo che per respingerla argomentando nel dettaglio non sia
superfluo riproporre i due brani: «La
realtà del rapporto uomo-donna
trova
compimento nell’esperienza coniugale e ha sostanziale funzione di
arricchire di figli la Chiesa» (Giussani);
«Il
sesso non è il piacere sessuale. Il sesso è la procreazione, è la
trasmissione della vita. Il sesso ci fa partecipi dell’opera
creatrice di Dio»
(Gandolfini).
In via preliminare, vorrei far presente che in entrambi
i casi non ci troviamo dinanzi a parole in libertà, ma a frasi che
anche nella forma riproducono fedelmente degli importanti assunti
dottrinari.
Nel caso di Giussani, riguardo al compimento che il
rapporto uomo-donna potrebbe trovare solo dell’esperienza
coniugale, c’è
esplicito riferimento a una dozzina di paragrafi del Catechismo
(1612-1617; 1652; 2360-2363; 2390), con tutto quanto ne consegue per
definire vero matrimonio solo quello che è sacramento, e cioè
celebrato con rito religioso; in quanto alla sua «sostanziale
funzione di arricchire di figli la Chiesa»,
siamo a un modo un po’
spiccio di sintetizzare il paragrafo n. 5 della Familiaris
consortio
(«Nel
matrimonio e nella famiglia si costituisce un complesso di relazioni
interpersonali – nuzialità, paternità-maternità, filiazione,
fraternità – mediante le quali ogni persona umana è introdotta
nella “famiglia
umana”
e nella “famiglia
di Dio”,
che è la Chiesa. Il matrimonio e la famiglia cristiani edificano la
Chiesa: nella famiglia, infatti, la persona umana non solo viene
generata e progressivamente introdotta, mediante l’educazione,
nella comunità umana, ma mediante la rigenerazione del battesimo e
l’educazione
alla fede, essa viene introdotta anche nella famiglia di Dio, che è
la Chiesa»).
Nel
caso di Gandolfini, invece, troviamo organicamente strutturati: «Il
piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se
stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione»
(Catechismo,
2351); «Gli
sposi partecipano della potenza creatrice e della paternità di Dio»
(Catechismo,
2367).
Cosa resta fuori, di grazia, della dottrina morale della
Chiesa
su quanto attiene a sesso, procreazione, matrimonio e famiglia? Il
sesso deve essere in funzione alla riproduzione, sennò è lussuria,
e cioè peccato mortale. La riproduzione è un dovere degli sposi,
perché così Dio vuole. Il matrimonio è veramente tale solo se si
incardina nella vita della Chiesa come sacramento. La famiglia è
veramente tale solo se è esercizio di Chiesa domestica, cinghia di
trasmissione della fede di generazione in generazione.
Ho detto che è sinossi sintetica, ma non è
esaustiva? Mi pare manchi solo qualche dettagliuzzo tutto sommato
irrilevante, chessò, l’obbligo
di battezzare la prole, mandarla ai corsi parrocchiali per la prima
comunione e la cresima, e la raccomandazione di non far troppo casino
se poi il prete ne abusa sessualmente.
Nel rilievo che Giulio Mozzi mi muove, però, c’è un ben preciso rimando a qualcosa che dovrebbe (non potrebbe non) costringermi a rivedere il mio giudizio: «A me pare che Giussani e Gandolfini espongano una dottrina piuttosto diversa da quella che si ritrova nel Catechismo attuale (e sottolineo “attuale”). Anche ciò che si legge al punto 1652, e che con un po’ di sforzo si potrebbe far echeggiare, mi pare che in realtà dica tutt’altro)». E che c’è scritto? Leggiamo, va’.
Nel rilievo che Giulio Mozzi mi muove, però, c’è un ben preciso rimando a qualcosa che dovrebbe (non potrebbe non) costringermi a rivedere il mio giudizio: «A me pare che Giussani e Gandolfini espongano una dottrina piuttosto diversa da quella che si ritrova nel Catechismo attuale (e sottolineo “attuale”). Anche ciò che si legge al punto 1652, e che con un po’ di sforzo si potrebbe far echeggiare, mi pare che in realtà dica tutt’altro)». E che c’è scritto? Leggiamo, va’.
«Per
sua indole naturale, l’istituto
stesso del matrimonio e l’amore
coniugale sono ordinati alla procreazione e all’educazione
della prole e in queste trovano il loro coronamento».
Io ci leggo un po’
d’incongruo
tra «indole
naturale»
e «istituto»,
ma non voglio fare troppo il pignolo, via: può darsi che con «istituto»
non
si voglia intendere un costrutto che ritaglia un profilo
comportamentale nella «natura»
per
inverarlo nella storia, perciò togliendogli «naturalezza»:
chiudo un occhio e faccio finta di aver letto «sacramento».
Poi?
«I
figli sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono
moltissimo al bene degli stessi genitori. Lo stesso Dio che disse:
“Non
è bene che l’uomo
sia solo”
(Gn 2, 18) e che “creò
all’inizio
l’uomo
maschio e femmina”
(Mt 19, 4), volendo comunicare all’uomo
una certa speciale partecipazione nella sua opera creatrice,
benedisse l’uomo
e la donna, dicendo loro: “Crescete
e moltiplicatevi”
(Gn 1, 28). Di conseguenza la vera pratica dell’amore
coniugale e tutta la struttura della vita familiare che ne nasce,
senza posporre gli altri fini del matrimonio, a questo tendono che i
coniugi, con fortezza d’animo,
siano disposti a cooperare con l’amore
del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente
dilata e arricchisce la sua famiglia».
Una efficace indoratura della pillola, senza dubbio, ma in cosa
sarebbero smentiti Giussani e Gandolfini?
martedì 9 febbraio 2016
Che diciamo?
«Che
diciamo?», chiede Il Foglio. Diciamo, con Massimo
Gandolfini, che «il sesso non è il
piacere sessuale, ma la procreazione»:
lo pensano i cattolici, perché non lasciarlo pensare pure ai
musulmani? Certo, l’infibulazione
è soluzione barbara, ma sarà che la
repressione basata sull’instillazione del senso di colpa non
convince l’islam.
Come dargli torto? A lasciare il clitoride dov’è,
limitandosi a spalancare le porte dell’inferno
a chi gode per godere, s’è
visto a cosa s’è
ridotto l’occidente
giudaico-cristiano, o no? Si prenda «il
declino demografico italiano [che
sullo stesso numero de Il
Foglio (pagg.
II e III) è]
spiegato in 12 slide»:
avessimo adottato l’infibulazione
per tempo, le curve di quei grafici avrebbero tutt’altro
andamento. Il
Foglio
mangia Machiavelli a colazione, a pranzo e a cena, e poi dobbiamo
spiegargli noi come dev’essere trattato il vulgo perché obbedisca
ai voleri del Principe? «Che
diciamo?».
Diciamo che la violenza fisica dà risultati più affidabili di
quanto ne dia quella psicologica, e che l’amputazione
è sempre più sicura dell’inibizione.
Diciamo, soprattutto, che non si può vantare alcun primato
antropologico su chi pratica l’infibulazione,
avendo in eguale considerazione il piacere sessuale.
Iscriviti a:
Post (Atom)