L’operazione
che si è aperta con la rielezione di Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica
e che si va chiudendo con la nomina di Enrico Letta alla Presidenza del
Consiglio ha i connotati dell’arrocco: gran parte della classe politica
italiana sembra intenzionata a sottoscrivere una tregua, a sospendere l’aspra
polemica che per anni si è consumata tra le opposte fazioni al suo interno, per
unire tutte le sue forze nel tentativo di frenare l’onda di malcontento che
minacciosamente sale da un variegato, scomposto, ma sempre più consistente fronte
dell’opinione pubblica.
Sembra, dicevo, perché nel portare a compimento questa operazione, peraltro ancora assai lontana dal dare garanzie sulla sua efficacia, già si notano già le prime difficoltà. Sel e Lega si sfilano. Nel decidere quale profilo dare al governo fioccano i distinguo, ancor più nel concordare i punti del programma. Nel conciliabolo relativo ai nomi che andranno ad occupare le caselle ministeriali si riaccendono i mai sopiti appetiti delle cordate affaristiche in seno agli schieramenti. Pare, insomma, che non sia del tutto scongiurata l’ipotesi che Giorgio Napolitano ha lasciato balenare come una minaccia nel suo messaggio al Parlamento di appena tre giorni fa dandogli forma di ultimatum: scioglimento delle Camere e nuove elezioni.
Ben prima e ben oltre il loro esito, c’è da dubitare che segnerebbe un’accelerazione del processo di delegittimazione dei partiti che ormai sembra irreversibile? Siamo all’apologo della rana e dello scorpione: col riconfermare Giorgio Napolitano al Quirinale e con l’affidargli il ruolo di regista dell’operazione, lo scorpione sale in groppa alla rana, ma la sua coda già si tende.
Sembra, dicevo, perché nel portare a compimento questa operazione, peraltro ancora assai lontana dal dare garanzie sulla sua efficacia, già si notano già le prime difficoltà. Sel e Lega si sfilano. Nel decidere quale profilo dare al governo fioccano i distinguo, ancor più nel concordare i punti del programma. Nel conciliabolo relativo ai nomi che andranno ad occupare le caselle ministeriali si riaccendono i mai sopiti appetiti delle cordate affaristiche in seno agli schieramenti. Pare, insomma, che non sia del tutto scongiurata l’ipotesi che Giorgio Napolitano ha lasciato balenare come una minaccia nel suo messaggio al Parlamento di appena tre giorni fa dandogli forma di ultimatum: scioglimento delle Camere e nuove elezioni.
Ben prima e ben oltre il loro esito, c’è da dubitare che segnerebbe un’accelerazione del processo di delegittimazione dei partiti che ormai sembra irreversibile? Siamo all’apologo della rana e dello scorpione: col riconfermare Giorgio Napolitano al Quirinale e con l’affidargli il ruolo di regista dell’operazione, lo scorpione sale in groppa alla rana, ma la sua coda già si tende.
Ieri l'altro sera, Blob ha trasmesso questo:
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=pPjLnqff9hI
però il montaggio lasciava chiaramente trapelare che i protagonisti della favola erano solo il Pd e Berlusconi. Tu pensi, invece, che lo scorpione sia Grillo e la rana l'insieme dei partiti?
No, penso che la rana sia Napolitano e lo scorpione la partitocrazia.
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