È da
tempo che mi chiedo cosa riesca a trattenere un paese dalla rivolta per accontentarsi
del mugugno, tutt’al più dell’urlo. Non di un paese normale, dico, ma di un
paese come il nostro, che ha sempre guardato con sospetto alla coerenza tra il
dire e il fare. Sì, è vero, qualcuno spara, ma a cazzo di cane, e qualcun altro
si dà fuoco, ma brilla giusto per due ore sulla homepage dei siti d’informazione, ripuliscono
l’asfalto e la parola passa allo psichiatra.
Poi, sì, ci sono cortei, si grida, si schiuma, parte qualche manganellata,
qualche poliziotto riporta una contusione, ma insomma si tratta di robetta,
tanto per scaricare un poco i nervi. Meglio così, ovviamente, perché la
violenza è sempre brutta brutta brutta, lo dicono un po’
tutti, e si sa come s’inizia e non si sa come
si finisce. E poi autorizza alla repressione e alla restrizione delle libertà
civili, e poi apre la via alle soluzioni autoritarie, cui finiscono per dare il
maggior sostegno proprio quelli che hanno fatto più casino.
Perché tanti poveri
e nessuna rivoluzione? Perché tanti arrabbiati e le pallottole viaggiano solo in
busta? Ogni puntata di Piazza Pulita o di Servizio Pubblico o di Report sembra dover fare da innesco, e tutt’al più si risolve in una figura di merda di Di Pietro o nella scoperta che la Santanché forse è lesbica. Perché gli straccioni insultano Franceschini che cena pacificamente e non devastano il ristorante?
Scarto
le ipotesi che mi paiono ridicole – quella di Grillo, per esempio, che continua
a millantare: «Se non scoppia la violenza, è perché c’è il M5S» – e dando uno
sguardo al passato, passando in rassegna i pochissimi episodi che nel corso dei
secoli hanno visto le nostre piazze riempirsi di esasperati più o meno
organizzati, quasi sempre nient’affatto organizzati, non riesco a trovare un’altra
risposta: la rivolta non ci è congeniale e comunque non siamo esasperati al
punto giusto. Probabilmente la violenza scoppierà se e quando alla maggioranza
degli italiani che sono con un piede o entrambi nell’indigenza mancherà il
denaro per ricaricare il cellulare o per tentare la botta di culo al Gratta&Vinci
e al Superenalotto. Se e quando scoppierà, comunque, quasi certamente non avrà
profilo insurrezionale: stingerà nel vandalismo, nel saccheggio, nella rabbia
che s’accanirà sui simboli, cose e persone che delle cause potranno dirsi al
massimo espressione. Non sono ancora nelle condizioni di poter meditare
pubblicamente su quello che ci attende, tanto meno per guardare nelle viscere della carogna e trarne aruspici, mi prende una specie di pudicizia e mi limito a vergare appunti.
Abbiamo tutti qualcosa da perdere, poco o tanto che sia. Il nostro personale "tesoretto" piccolopiccolo borghese.
RispondiEliminaCONDIVIDO, aggiungo anche la non sicurezza sul cambio di cavallo nell'aggiustare il particulare...
EliminaVedo che sono in buona compagnia. Anch'io mi domando cosa debba accadere affinché vi sia una risposta collettiva, e quale forma possa assumere. Ugualmente non ho risposte.
RispondiEliminaA me piacerebbe (ingenuità) che assumesse la forma di piccoli cambiamenti dei comportamenti individuali su larga scala.
Le rivoluzioni sono quegli sconquassi sociali che accadono quando devono accadere, impossibile alimentarle prima del tempo, impossibile spegnerle quando si accendono. Infatti quando il terreno è arso a punto giusto, basta spesso un fuscello a innescarle, accadimenti ritenuti marginali e quasi irrilevanti (una protesta per l'abbattimento di qualche albero, un ambulante che si dà fuoco...).
RispondiEliminaPer come la penso io, uno dei pochi indizi certi che le scosse telluriche sono ancora là da venire, è proprio il fatto che se ne disquisisca. Le rivoluzioni non si parlano, si fanno. (un po' come il sesso, il resto costituisce masturbazione, mentale o non).
A me viene solo in mente che gli espropri proletari, negli anni settanta, iniziarono con i generi alimentari per concentrarsi, dopo pochissimo,su racchette e palle da tennis.
RispondiEliminaStia bene.
Ghino La Ganga
Forse ci troviamo ( collettivamente ) nella situazione dell'automobilista che non si intende di meccanica* e non si fida dei meccanici** : finché la macchina non si ferma, continuiamo ad andare.
RispondiElimina---
* Della macchina politica, sì, ma è assai più rilevante quella economica : produzione, mercato e, in cima a tutto, le materie prime e in particolare l'energia.
** Compresi gli eventuali rivoluzionari.
Malvino, si sbaglia di grosso. Sappiamo incazzarci come delle iene, basta trovare la leva giusta.
RispondiEliminahttp://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/cronaca/tifosi-morto/assalti-roma/assalti-roma.html
Credo che in tutto questo abbia un certo peso una caratteristica che non so dire se sia esclusiva nostra o del genere umano contemporaneo, ma che in ogni caso vedo marcatamente solo qui da noi: il fatto che i parametri per la divisione in classi sociali siano stati sostituiti da quelli che stabiliscono l'accesso a quelle classi.
RispondiEliminaUn tempo o si era di una classe sociale o non lo si sarebbe mai stati, perché i parametri erano fissi e prestabiliti.
Oggi esiste un nuovo prodotto merceologico e quel prodotto è la "percezione di accesso", non è necessario che tu sia ricco, esiste (ed è acquistabile) il kit perché tu venga percepito come tale.
Questo, avendo dato a ciascuno il suo piccolo personale obiettivo raggiungibile, ha disgregato completamente quello che un tempo era un blocco unico anche grazie al fatto che quell'obiettivo per essere raggiunto presuppone che sia perseguito in autonomia e isolamento.
Non verrai mai percepito come ricco se nei locali da 400k di Crystal a sfoggiare il tuo kit ci vai con quei truzzi dei tuoi amici.
Dai questo obiettivo a un'intera generazione e avrai sommosse popolari che non incendiano le banche ma l'utilitaria di un poveraccio come te, quell'altro è appena stato lasciato e se la prenderà con una vetrina di intimo, quell'altro era garzone e devasterà la vetrina di un macellaio.
Questo paese non ha risolto il problema delle sommosse attraverso l'ostentazione dell'inutilità delle precedenti, ma attraverso il ribaltamento di prospettiva: ha dato a ciascun piccolo guerriero il suo personale piccolo nemico e la sua conseguente piccola personale battaglia che, essendo raggiungibile perché del costo di qualche centinaio di euro, ne catalizzerà le energie e lo renderà persona che saprà inseguirla anche tutta la vita senza mai sentire l'esigenza di renderla collettiva, percependo addirittura la cosa come il rischio di veder allontanarsi il proprio obiettivo.
Se questo paese fosse terreno adatto alle sommosse, un paio d'anni fa avrebbe boicottato il noto stabilimento di collant.
Ma perché il potenziale devastante di un boicottaggio economico, molto più efficace di qualsiasi movimento di piazza ma solo se su larga scala, si attivi serve un popolo che non si chieda, prima di partire, se in quello stabilimento lavori un parente o amica di parente.
è con il plasma 60" 3D al supermercato a rate di 50 euro, che è stato risolto il problema delle rivoluzioni in questo paese.
Sì, mi pare un'ottima analisi.
EliminaORA SÌ CHE È CRISI DAVVERO: GLI ITALIANI RINUNCIANO ANCHE A RICOMPRARSI IL CELLULARE
RispondiEliminaTagliare la spesa sulla tecnologia portatile per il popolo italico cellul-tossico equivale all’ultimo stadio della crisi: prima c’è solo il cibo - Ad aprile le famiglie hanno speso meno per le comunicazioni, cosa mai accaduta prima - Speriamo almeno che le pizzerie restino piene...
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/ora-s-che-crisi-davvero-gli-italiani-rinunciano-anche-a-ricomprarsi-il-cellulare-57230.htm
paolo