domenica 13 ottobre 2013

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«La lettera va presa alla lettera»
Jacques Lacan

Devo una risposta a Matteo Mainardi, che mi rimprovera di aver riproposto su queste pagine l’intervista nella quale Gianfranco Spadaccia spiegava le ragioni del no radicale all’amnistia del 1981: dice che il contesto era diverso da quello odierno, che a quei tempi le patrie galere non erano sovraffollate come adesso, che allora l’amnistia era la «presa per il culo» che il «sistema» usava «per non riformare se stesso». Si tratta di un’obiezione che avrebbe un peso, se in quell’intervista Gianfranco Spadaccia non motivasse il no radicale a quell’amnistia sulla base di una questione di principio, anzi, di almeno tre principi, che definisce «temi caratteristici dell’opposizione radicale». In pratica, il richiamo al fatto che la situazione carceraria del 1981 fosse diversa da quella del 2013 è strumentale e surrettizio.
In tal senso, torna utile analizzare gli argomenti di Gianfranco Spadaccia. In primo luogo, afferma che il problema  c’è, ma che i radicali non se ne ritengono corresponsabili, dunque non si sentono chiamati a risolverlo, tanto meno ricorrendo alla soluzione prospettata da chi l’ha causato. Non mette affatto in discussione lo «stato di necessità», dunque, e tuttavia rigetta la proposta dell’amnistia come soluzione. In secondo luogo, afferma che i radicali la rigettano, perché non è soluzione strutturale, ed è un rimedio dalleffetto di breve durata. Infine, elenca i punti di una riforma del sistema penitenziario, e più in generale del compartimento della giustizia, che dice alternativa al provvedimento di clemenza.
Suppongo sia superfluo rimarcare le differenze con l’odierna posizione dei radicali sulla questione, di qui la ragione del mio post, che era una risposta all’accusa di incoerenza che i radicali rivolgono in questi giorni a Beppe Grillo: alcuni anni fa si esprimeva in favore dell’amnistia e oggi è decisamente contrario. Ricorrendo alla stessa obiezione offerta da Matteo Mainardi per dare spiegazione dell’evidente torsione subita dai «temi caratteristici dell’opposizione radicale», anche Beppe Grillo potrebbe appellarsi alle mutate condizioni. Ovviamente si tratterebbe di una lettura diametralmente opposta a quella odierna dei radicali, e ispirata dai temi caratteristici dell’opposizione grillina, che non si fa alcuna fatica a riconoscere come diametralmente opposti a quelli odierni dei radicali, che hanno subito anch’essi un’evidente torsione rispetto al passato.
Per inciso, inoltre, è da considerare che Detenuto in attesa di giudizio è del 1971 e offre uno spaccato del mondo carcerario italiano che non è meno infame di quello odierno. Cosa cambia, dunque? Per Matteo Mainardi, il fatto che «oggi siamo alla condanna della Corte Europea dei diritti dell’uomo». Sta insinuando che Gianfranco Spadaccia dovesse aspettare la condanna della Corte Europea per farsi unidea sui diritti dell’uomo?
Il fatto è che, se una questione di principio può farsi elastica a seconda del contesto, l’elasticità deve essere concessa sia alla vacca sia al mulo. Poi, sì, possiamo entrare nel merito e, a piacere, esprimere la nostra preferenza per la vacca o per il mulo, ma questo non toglie che a entrambi puzzi il culo. Levando l’eccesso di colore alla metaforetta, in entrambi i casi il principio si è adattato al contesto, secondo quanto è parso conveniente: a Beppe Grillo oggi conviene fare il forcaiolo anche a discapito della sensibilità mostrata in passato riguardo alla condizione dei detenuti nelle carceri italiane; in quanto a Marco Pannella, sull’amnistia si gioca il tutto per tutto, non avendo più nulla da perdere, e questo a discapito di quella che in passato era la soluzione strutturale al problema.
   
Ma a Matteo Mainardi devo anche alcune delucidazioni che in futuro potranno essergli utili ad evitare increspature al suo bel garbo.
Primo: la mia non è stata una «sparata». Consigliavo solo di «dare una guardatina in soffitta» prima di dare per scontato che i «temi caratteristici dell’opposizione radicale» siano gli stessi da sempre: uno solo, in realtà, è da sempre uguale a se stesso, immutabile e costante, ed è l’opportunismo, spina dorsale di quella «durata» che esalta i gregari e i famigli di Marco Pannella come il semplice fatto che la Chiesa stia lì da due millenni dà ai cattolici dà la certezza che Dio esista veramente.
Secondo: il presunto mio «antiradicalismo». Su questo punto, con infinita dolcezza, vorrei far presente a Matteo Mainardi che io non sono affatto «antiradicale», anzi, mi ritengo assai più radicale di lui. La ragione è semplicissima: lui sta ancora dietro ad uno che ha corrotto il pensiero radicale ad una pratica di ipocrisia, cinismo e opportunismo, io non più. 

7 commenti:

  1. il carico pendente di 9 milioni di processi era presente anche allora??
    Le principali ragioni radicali per cui si vuole ricorrere all'Amnistia è smanltire tale debito di giustizia.
    Nel '81 non penso proprio ci fosse tale situazione.

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    1. Il carico pendente riprenderebbe a ripendere in breve: senza l'abolizione della Bossi-Fini e della Fini-Giovanardi, senza rivedere l'attuale ordinamento relativo alla custodia cautelare, il debito di giustizia tornerebbe a crescere. In sostanza, le ragioni di Gianfranco Spadaccia nell'intervista del 1981 valgono anche per l'arretrato sulle scrivanie dei magistrati: senza una riforma organica, tutto è destinato a riproporsi. In tal senso potremmo dire che l'amnistia è sì un provvedimento strutturale, ma di una struttura che si rassegna al fallimento permanente. A parte, per il poco che può contare, io non sono contrario ad un'amnistia, anzi, su queste pagine mi sono espresso più volte in favore. Un minimo di onestà intellettuale, però, imporrebbe definirla soluzione tampone: onestà intellettuale che i devoti di Marco Pannella non possono concedersi. Mi pare, in ogni caso, che il suo commento eluda la questione di fondo posta dalla mia risposta a Matteo Mainardi.

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  2. Ti ringrazio per la lezione di garbo veramente gradita. Faccio notare che dalla pubblicazione di "Detenuto in attesa di giudizio" al 1981 sono trascorse ben due amnistie: una nel '73 per i reati finanziari e una nel '78 per reati con pena fino ai 3 anni. Faccio notare anche che, se si leggesse con più attenzione il mio post, non ho mai nemmeno insinuato che Spadaccia "dovesse aspettare la condanna della Corte Europea per farsi un'idea sui diritti dell'uomo", tutt'altro.

    Per non dilungarmi troppo vorrei però postare qui la risposta che lo stesso Spadaccia diede a Capriccioli (che propose lo stesso tuo video sull'allora Metilparaben) il 12 luglio del 2012. La risposta è stata data su una mailing-list pubblica, quindi non credo di fare sgarbi riproponendola qui:

    "Capriccioli (alias,credo, paraben) mi onora di una citazione in un suo post. Per confermare le sue tesi sull'amnistia cita un mio intervento del 1981 contrario all’amnistia che venne varata quell’anno. E’, mi si perdoni l’espressione, una mediocre trovata retorica. Paragonare la situazione di allora a quella di oggi è semplicemente ridicolo. In quell'anno, tanto per fare un esempio, l’abrogazione dell’aborto fu respinta nel referendum dal 70% degli italiani. Qualche anno prima e per molti anni ancora eravamo riusciti a depenalizzare il consumo delle droghe ed avevamo ottenuto importanti riforme del diritto penitenziario. A differenza di oggi la riforma del codice penale non solo appariva possibile ma era all'ordine del giorno. Per tacere della differenza più importante: che allora c’era una amnistia almeno ogni legislatura e non era passata ancora la riforma che la rendeva praticamente impossibile: oggi approvare una amnistia con due terzi dei voti è più difficile che riformare la costituzione. Per questo le amnistie non si fanno da ameno venti anni e l’arretrato giudiziario (e le prescrizioni) hanno raggiunto livelli pazzeschi. L’intero sistema è in crisi, per usare un eufemismo. Rinvio quindi al mittente la pretesa contraddizione. Ora come allora mi batto per le riforma della giustizia. Allora ritenevo che l’amnistia potesse ritardarla, ora ritengo che, nella situazione disperata e disperante di oggi, delle carceri e della giustizia, l’amnistia sia già una prima indispensabile riforma di portata e conseguenza strutturali e possa essere la premessa e la possibile condizione delle altre riforme che sono necessarie (pene alternative, depenalizzazioni, riforma del codice, regolamentazione della obbligatorietà dell’azione penale). Ma Capriccioli nella sua polemica malviniana vive in un mondo polemico e logico in cui le differenze storiche, normative, politiche non contano e sono ininfluenti".

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    1. "Faccio notare che dalla pubblicazione di 'Detenuto in attesa di giudizio' al 1981 sono trascorse ben due amnistie: una nel '73 per i reati finanziari e una nel '78 per reati con pena fino ai 3 anni".
      Non capisco in cosa consista l'obiezione: vorrai mica farmi credere che quelle due amnistie avessero mutato la condizione carceraria descritta da Nanni Loy nel 1971 e che perciò Spadaccia fosse contrario a quella del 1981? Quand'anche fosse, nell'intervista non si fa cenno ad alcun miglioramento avutosi negli ultimi dieci anni. Ripeto: le ragioni offerte da Spadaccia sono di principio e sono offerte a fronte di ogni "stato di necessità". Per lui, tra soluzione tampone (amnistia) e soluzione strutturale (riforma), non c'è compatibilità: la prima va scartata perché rimanda la seconda e riproduce il problema.

      "Faccio notare anche che, se si leggesse con più attenzione il mio post, non ho mai nemmeno insinuato che Spadaccia 'dovesse aspettare la condanna della Corte Europea per farsi un'idea sui diritti dell'uomo', tutt'altro".
      Usavo un espediente retorico che si chiama autofagia (cfr. Perelman e Olbrechts-Tyteca, Einaudi 1966): hai messo la condanna della Corte Europea tra le discriminanti che spiegano la mutata posizione sull'amnistia tra il 1981 e il 2013, e ho ritorto l'argomento contro ciò che pretendeva di reggere. Che Gianfranco Spadaccia "dovesse aspettare la condanna della Corte Europea per farsi un'idea sui diritti dell'uomo" è un evidente paradosso che esprime la debolezza del tuo argomento. Essere più esplicito non mi avrebbe dato modo di guadagnarmi la tua benevolenza per il mio garbo: avrei dovuto essere rozzo, ricorrere a frasi del tipo: "Ma che cazzo vai dicendo?".

      Conosco la risposta di Gianfranco Spadaccia al post di Alessandro Capriccioli, ti correggo solo riguardo al fatto che quest'ultimo non "propose lo stesso tuo video sull'allora Metilparaben": avevo solo linkato la pagina dall'archivio di Radio Radicale, sbobinando i passaggi salienti.
      In quanto al merito, spiace dirlo perché a me Gianfranco Spadaccia è simpaticissimo, si tratta di un'autodifesa che zoppica vistosamente. Oltre all'obiezione che hai fatto tua sulla differenza dei contesti, qui c'è un argomento che ha dell'incredibile: "A differenza di oggi - dice - la riforma del codice penale non solo appariva possibile ma era all'ordine del giorno". In pratica, sembra dire: visto che la soluzione strutturale allora sembrava a portata di mano, quella tampone si poteva rigettare sulla base del principio; oggi che di riforma non se ne parla, fanculo al principio. Ma che razza di coerenza è?

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    2. Scusa ma mi sembra che stiamo entrambi parlando da soli. Mi sembra di aver già risposto alle obiezioni di questo tuo commento e non ne trovo qui di nuove. Per la simpatia nei confronti di Gianfranco Spadaccia, qui non c'entra proprio nulla. Io sono d'accordo con la sua posizione contestualizzata nel 1981, non con lui. Tanto che se domani ci dovesse essere un'amnistia con successivi spiragli di riforma della giustizia, dopodomani io stesso mi dichiarerei contrario a un secondo provvedimento di cosiddetta clemenza.

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    3. Sì, concordo, stiamo parlando da soli. Infatti io cerco di farti capire che le affermazioni di Gianfranco Spadaccia erano di principio e tu fai tue le ragioni della sua autodifesa del 2013: nel 1981 il contesto era diverso. Sta di fatto che nel 1981 le sue affermazioni di principio erano certificate come ispirate ai "temi caratteristici dell’opposizione radicale", e questo è vero, perché ancora oggi continuate a dichiararvi "riformatori". Per dire: al problema dell'abusivismo edilizio vi sognereste mai di dare come soluzione un condono?
      In quanto a "se domani ci dovesse essere un'amnistia con successivi spiragli di riforma della giustizia, dopodomani io stesso mi dichiarerei contrario a un secondo provvedimento di cosiddetta clemenza", rimango senza parole: per definizione, un "riformatore" non crede nella riforma perfetta. Voglio dire che nessuna riforma può assicurarti il fatto che non si ripresenti uno "stato di necessità" come quello odierno: in tal caso perché dovresti dichiararti contrario ad un'amnistia? E' un impegno temerario. Per dire: chissà se, potendo tornare indietro nel tempo fino al 1981, Gianfranco Spadaccia farebbe le stesse affermazioni.

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  3. "La ragione è semplicissima: lui sta ancora dietro ad uno che ha corrotto il pensiero radicale ad una pratica di ipocrisia, cinismo e opportunismo, io non più. "

    Personalmente, quando devo nominare o definire Pannella e i suoi seguaci, da tempo evito la parola 'radicali', ma uso il termine 'pannellidi'.
    Per non sporcare la parola 'radicale'.

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