mercoledì 28 gennaio 2015

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Un po’ presuntuosetto, Tommaso Campanella: non a «pugnar», che già sarebbe da titano, ma addirittura a «debellar», certo di vincere. Sappiamo come andò: più volte sottoposto a tortura, decenni e decenni di prigione, «tirannide, sofismi, ipocrisia» più rigogliosi dopo che prima. E tuttavia campò più a lungo di Torquato Accetto, quello che consigliava la dissimulazione, ancorché onesta. 

2 commenti:

  1. mi sembra rimarchevole il fatto che Campanella ponga "il cieco amor proprio" a fondamento di tutti i mali. Come il cristianesimo.

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  2. In genere non mi ha mai affascinato la filosofia, ma associato a Campanella ho un pessimo ricordo.
    La professoressa (*) di filosofia al liceo, dopo aver accennato due o tre banalità che non avevo studiato, mi chiese, appena entrata in classe: "Paolo, cosa sai dirmi di Campanella?". Balbettai da infingardo una mezza frase che leggevo sul libro aperto sulla pagina giusta, ma omettendo un "non" dissi il contrario di quello che dovevo direi. Rimediai un votaccio e la mia avversione per la materia acquistò un paio di punti.
    (*) A mia parziale scusante veramente pessima, impreparata e superficiale come ebbi modo di riscontrare quando provò a parlarci di Darwin, esponendo la teoria di Lamarck.

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