Le relazioni tra cinema e pittura sono state oggetto di innumerevoli studi e penso non ci sia troppo da aggiungere. Non a torto, al riguardo, si è scritto che in ogni film di
qualità, e non solo, sono immancabili, più o meno riconoscibili, più o meno deliberate,
afferenze da capolavori d’arte antica o moderna, talvolta in forma di veri e propri
tributi, vere e proprie citazioni, com’è nel caso in cui un dipinto arrivi a
trovare nel fotogramma la trasposizione dei suoi peculiari elementi formali, talaltra
in forma di mera ricreazione di atmosfera, com’è nel caso in cui le soluzioni
dell’uso di luce e colore trovino più o meno riuscita coincidenza con l’aria in
cui è sospesa la scena rappresentata sulla tela (cfr.
Pascal
Bonitzer, Décadrages. Cinéma et peinture, Editions de l’Etoile 1985; Jacques
Aumont, L’œil interminable. Cinéma et peinture, Librairie Séguier 1989; Antonio
Costa, Il cinema e le arti visive, Einaudi 2002).
Come stato rilevato da numerosi autori, il cinema di Pier Paolo Pasolini non fa eccezione coi frequenti ed espliciti rimandi
a Giotto, a Piero della Francesca, a Masaccio, a Bonnard e a Pontormo (cfr. Pietro Montani, in: AA.VV., Cinema/Pittura. Dinamiche di scambio, a cura di Leonardo
De Franceschi, Lindau 2003). Lascia interdetti, invece, l’articolo a firma di
Marco Bona Castellotti apparso su Il Foglio di venerdì 23 maggio (Quanto si è
nutrito di realismo caravaggesco il cinema di Pasolini), nel quale si avanza
una tesi balzana: in Mamma Roma (1962) vi sarebbero richiami alla Morte della
Vergine (1605).
In realtà, in quel film vi è una citazione del Cristo morto (1485) di Andrea Mantegna,
In realtà, in quel film vi è una citazione del Cristo morto (1485) di Andrea Mantegna,
ma Marco Bona Castellotti non la coglie, per
trovare assai caravaggesche «le sbarre del carcere dove Ettore, il figlio
dell’umanissima puttana, giace morto». Ignorato un Mantegna che più Mantegna non si può, va a trovare un Caravaggio, pochi fotogrammi più in là, in un dettaglio che dovrebbe aver trovato ispirazione in un analogo caravaggesco, probabilmente in quello che si osserva nella Decollazione di San Giovanni Battista (1608), comunque non citato nell’articolo.
Ora, se la logica non ci vien meno, un morto steso su un tavolo si può ritrarre in cento modi diversi, ma almeno uno potrà evocare il Cristo morto del Mantegna, e quello scelto da Pasolini indubbiamente lo evoca. Ma in quanti modi si può rappresentare una finestra munita di sbarre? E in cosa è caravaggesca quella che Pasolini mette in Mamma Roma?
Basterebbe a farci abbandonare la lettura dell’articolo, se non fosse che Marco Bona Castellotti aggiunge subito, prima che si abbia il tempo di appallottolare il giornale per gettarlo con gesto plastico nel cestino, che trova somiglianza tra la Madonna ne La morte della Vergine e «lo stupefacente primo piano di Mamma Roma e delle donne che accorrono dopo la notizia della morte del ragazzo».
Davvero arduo capire in cosa sia possibile trovare una similitudine di posa o di espressione, ma è che deve farci difetto l’immaginifica sensibilità di Marco Bona Castellotti, virtù che forse non torna utile a scrivere un articolo serio, ma a deliziare i gonzi senza dubbio.
Basterebbe a farci abbandonare la lettura dell’articolo, se non fosse che Marco Bona Castellotti aggiunge subito, prima che si abbia il tempo di appallottolare il giornale per gettarlo con gesto plastico nel cestino, che trova somiglianza tra la Madonna ne La morte della Vergine e «lo stupefacente primo piano di Mamma Roma e delle donne che accorrono dopo la notizia della morte del ragazzo».
Davvero arduo capire in cosa sia possibile trovare una similitudine di posa o di espressione, ma è che deve farci difetto l’immaginifica sensibilità di Marco Bona Castellotti, virtù che forse non torna utile a scrivere un articolo serio, ma a deliziare i gonzi senza dubbio.