Tu dici: «In teoria,
possiamo dire che una reazione violenta davanti a una offesa o a una
provocazione – in teoria, sì – non è una cosa buona, non si deve fare. In
teoria, possiamo dire quello che il Vangelo dice: che bisogna dare l’altra
guancia». Ora, non è per impiccarti alle parole, che pure, essendo papa,
dovresti calibrare bene prima di lasciarle uscir di bocca, ma tu, nell’intervista
concessa all’andata, hai detto testualmente
che un cazzotto dato a chi ti offendesse mamma è «normale». Non so se a Buenos Aires il termine ha un significato
diverso, ma in italiano significa «regolare», «esemplare», «conforme», «logico», ed estensivamente «umano»,
«naturale», «comune». Tutto ciò, oggi, lo poni in antitesi alla «teoria» del
messaggio evangelico, e allora, scusa, fammi capire: starai mica a dire che, sul
come si deve reagire ad un’offesa, il Vangelo ci dà un precetto illogico,
innaturale e disumano? Sarai mica nietzchiano o anche stavolta ne hai sparate due così, tanto per dire, e ti son venute a carajo de perro?
Ma procediamo. Tu aggiungi: «In teoria, possiamo dire che abbiamo la libertà di esprimerci. E
questo è importante. Sulla teoria siamo tutti d’accordo, ma siamo umani e c’è
la prudenza, che è una virtù della convivenza umana. Io non posso insultare, provocare,
una persona continuamente perché rischio di farla arrabbiare, rischio di
ricevere una reazione non giusta. Ma è umano, quello». Anche qui,
consentimi, non ti seguo proprio. Tu dici che abbiamo libertà di esprimerci, e
su questo non puoi immaginare quanto io ti stimi, pensando a quelle merde dei
tuoi predecessori che sulla libertà di espressione avevano idee un pochino
diverse. Non so se ad ammettere che gli uomini abbiano la libertà di esprimersi
tu ci sia arrivato da solo o non abbia avuto bisogno di qualche aiutino da quei
pensatori che fino allo scorso secolo finivano all’Indice, ma qui non è il caso
di stare a sottilizzare: sappiamo che a suon di bastonate il mulo impara. La questione è un’altra: è che anche qui tu dici «in teoria», e solo per creare un’antitesi
tra ciò che è giusto «in teoria» e
ciò che «normalmente», «umanamente», smette d’esserlo. Fino a
quando lo fai con il Vangelo, cazzi tuoi. Ma affermare che la libertà di
espressione sia una cosa bella, buona e giusta, ma che debba fare i conti con
chi non lo pensa, e che a conti fatti debba trovare il modo di reprimersi sennò è «normale» debba aspettarsi una reazione violenta, beh,
non ci siamo proprio.
Non corro il rischio di averti capito male, perché
tu dici testualmente: «Per questo dico
che la libertà di espressione deve tener conto della realtà umana e perciò dico
che deve essere prudente». Sarà reticenza tutta ovattata, ma in
sostanza tu dici che, se con la mia libertà di espressione io do fastidio ad
uno che non la tollera, io devo rinunciarvi, sennò è «normale» ch’io mi pigli il cazzotto che chi è contrario alla mia
libertà di esprimermi possa ritenere giusto, a suo parere, io mi pigli. Dico: per caso usi un aereo che ha problemi di pressurizzazione?
Di là della questione posta in
generale, tuttavia, resta un problema: che fine fa il cazzotto che qualche
giorno fa tu minacciavi di dare a chiunque offenda tua madre? Voglio dire: tu sei
per la «teoria» che insegna il
Vangelo o per quella che a te pare «normalità»
se riferita a ciò che definisci «umano»?
In altri termini: quando parlavi di tua madre, il «tu» eri davvero tu o era un «tu»
impersonale? Essendo papa, non è questione da poco. Perché mettiamo che
domattina io mi svegli e decida di esprimere una libera opinione su tua madre o
sulla tua fede, che a torto o a ragione tu possa recepire come offesa, mi pare
sia fondamentale sapere se mi aspetta in risposta la «teoria» evangelica o la «normalità»
dell’uomo che si lascia andare a una «risposta
non giusta». Bada bene: la «risposta
non giusta» potrebbe essere «normale»
in risposta a qualcosa che risulti offesa a te, ma che in realtà lo sia solo a
voler dare per scontato, contro ogni «teoria»,
che la mia libertà di espressione debba fermarsi dinanzi a ciò che tu ritieni intangibile
al mio giudizio, se non positivo.
Ti faccio un esempio, via. Metti caso che domani, a reti unificate, sento dirti le solite cose, quelle indimostrabili, che o ci credi o no: che Dio esiste, che si è incarnato in un uomo detto Gesù, il quale è nato da una vergine che è rimasta tale dopo il parto, la quale l’avrebbe concepito senza aver avuto rapporti sessuali, e che ’sto Gesù poi è morto, ma è risorto, insomma, Bergo’, le solite cose, che a te sembreranno cose serie, ma a me fanno un po’ ridere e un po’ girar le palle. Bene, ho libertà di esprimermi e dire che sono stronzate? Comprendo che tu possa sentirla come offesa, ma dove va a finire la mia libertà di espressione se non ho il diritto di dire ciò che penso riguardo a ciò che tu ti senti in dovere di dire? Che fai, mi sferri un pugno come farebbe un islamista che ha lasciato a casa il kalashnikov o abbozzi? Capisci bene che la differenza è grossa, e
sta nel capire se giustifichi la «risposta
non giusta» in nome di un’«umanità» che ti apparenta all’islamista.
Ma tu
dici: «La prudenza è una virtù umana che
regola i nostri rapporti. Io posso fino a qui, di qua, di là. E questo volevo
dire, che in teoria siamo tutti d’accordo, c’è la libertà di espressione, una reazione
violenta non è buona, è cattiva sempre, tutti d’accordo, ma nella pratica fermiamoci
un po’, perché siamo umani e rischiamo di provocare gli altri. Per questo la
libertà deve essere accompagnata dalla prudenza. Quello volevo dire».
Perfetto, però ti rendi conto che, con questo bizzarro modo di intendere la
prudenza, il limite che separa il «di qua»
dal «di là» può deciderlo solo chi
eventualmente possa dare anche una «risposta non
giusta»? Ce n’è di che ritenere offensiva la sola presenza di un cristiano in terra d’islam,
e bruciarlo vivo sarebbe certamente una «risposta
non giusta», «in teoria», mentre
la prudenza necessaria consisterebbe, per il cristiano, nel fare bagagli e andare via: stride un
po’ col dichiararlo martire, se resta e lo bruciano vivo, non ti pare? Che facciamo in
questo caso: gli diamo dell’imprudente? A mio modesto avviso, Bergo’, hai le
idee assai confuse, come d’altronde è inevitabile accada quando si pretende di
trovare la quadra tra logica e senso comune, tra dottrina e vita,
tra principi e cazzi propri.
Così con la questione dei figli, che a farne
troppi il cristiano smetterebbe d’essere pecora, come dovrebbe, e diverrebbe
coniglio. A parte il fatto che un tizio con quattro, sei o dieci figli potrebbe
a buon diritto ritenersi offeso, scordarsi per un attimino ogni «teoria» e, consentendosi una «risposta non giusta», però «umana», sferrarti un cazzotto in piena
faccia: grondando sangue dal naso rotto, te la sentiresti di dire che tutto è
dovuto ad una tua imprudenza? Bergo’, fattelo dire: sei una frana.