Gli
interminabili ed estenuanti contenziosi che si consumavano tra i teologi bizantini
mentre Costantinopoli andava sbriciolandosi sotto l’assedio ottomano sono di
gran lunga più affascinanti delle dispute che in un’Italia ormai collassata
sotto il peso del suo degrado si accendono intorno alla réclame di una nota
marca di prodotti dolciari ospitata in Carosello a cavallo tra i Sessanta e i
Settanta del secolo scorso, di cui Enrico Letta ha di recente citato una frase
che a quei tempi, per qualche tempo, fu un tormentone, e il motivo non sta nel
fatto che l’esicasmo sul quale Gregorio Palamas e Barlaam di Seminara si
consumavano le corna fosse argomento, poi, più interessante di Jo Condor: è che
i termini della questione lì erano chiari a chiunque vi volesse metter lingua,
mentre qui pare che un po’ a tutti sfugga l’essenziale, e cioè che la citazione
è infelice in sommo grado. Quando infatti Jo Condor gracchia: «E che, ci ho scritto “Jo
Condor”?», peraltro indicando proprio la scritta “Jo Condor” che sta sul suo
berretto da comandante di aeronautica militare, è evidente che, anche se
involontariamente, si dà del cretino: nella variante che il perfido uccellaccio apporta
alla nota espressione popolare che alcuni ritengono nata in Toscana e altri in
Piemonte («non ho mica scritto in fronte “giocondo”»), è più che implicita la
valenza ironica che gli autori intendevano darle, peraltro puntualmente esplicitata al termine di ogni sua disavventura
con la punizione che il Gigante Amico gli infliggeva per le sue malefatte. Insomma, per cedere alla tentazione di offrire la versione che gli sembrava
fosse più accattivante, perché da antologia dell’idioletto televisivo piuttosto
che da dizionario delle espressioni dialettali, Enrico Letta si è dato del
cretino. Anche con un certo compiacimento, a giudicare dal video della sua conferenza stampa.
È che,
nel darsi un tocco pop, Enrico Letta mostra tutti i limiti del politico
allevato in batteria, con risultati non meno imbarazzanti di quelli che Mario
Monti ottenne quando cominciò a twittare scacazzando emoticon e wow. Del pop,
d’altronde, non si può avere che un’idea distorta quando la si riduce in
stilemi che nove volte su dieci ne sono solo la caricatura. È che il pop non ha
autocoscienza, se non a posteriori, dunque sta nel fatto, mai nel farsi: ogni
tentativo di costruirne una rappresentazione a partire dal suo significante
tradisce inevitabilmente il suo significato. E proprio Enrico Letta, anche più
di Mario Monti, ne dà la miglior prova. Qualche
giorno fa, per esempio, qualcuno, non ricordo più chi, notava l’uso che da qualche tempo il Presidente
del Consiglio ha cominciato a fare delle mani nell’accompagnare i suoi discorsi.
Giusta osservazione: ha cominciato a muoverle. Ma è fin troppo evidente che si
tratti di gesti meccanici, imparati frettolosamente da un qualche manuale di
comunicazione non verbale che sulla fascetta di copertina promette di
trasformarti in manager brillante e disinvolto in meno di un centinaio di
pagine. Niente a che vedere, insomma, con la naturalezza di chi ha rodato
postura e mimica da leader, chessò, vendendo prima appartamenti chiavi in mano
e poi illusioni di rivoluzione liberale: Enrico Letta muove le mani come chi le
abbia sempre tenute giunte poggiando il mento sulle punte delle dita e lungo
tutta la salita che l’ha portato a Palazzo Chigi si è concesso al massimo un
rotear di pollici, ma proprio quando i nervi gli erano a fior di pelle.
Anagraficamente ragazzone, sì, ma nato vecchio. Gli
converrebbe conservare quell’aria da tizio che potrebbe avere 30 anni, portati assai
male, ma anche 60, portati assai bene. E invece, sarà che deve competere con
uno come Matteo Renzi, corre il rischio degli inevitabili infortuni che
capitano a chi vuole puntellare un ottimo cursus honorum da cooptato di buona famiglia con la
simpatia che si traduce in consenso nell’essere sentito, eventualmente nell’essere
davvero, della stessa pasta di quelli ai quali chiedi il voto.
Anche se, almeno in linea di principio, la "svista" poteva perfino essere voluta e molto, ma molto sottile. Supponiamo che la battuta provenga da un mio conoscente di cui apprezzo la sottile ironia e la capacità sia di leggere la realtà che di usare il linguaggio su più livelli. Allora concluderei che la battuta è particolarmente riuscita: "non ho mica scritto Joe Condor in fronte", cioè io non sono quel personaggio che involontariamente si dà del cretino (io non porto il suo berretto), men che meno quindi ho scritto "Giocondo" in fronte. Questo per la cronaca, anche se la ricostruzione del protagonista operata in questo post ha una certa credibilità.
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