martedì 3 maggio 2011

Bleah


Non fosse per tutto il resto, c’è una questione estetica che mi rende repellente il cattolicesimo: troppo feticismo, e di un così cattivo gusto, che al confronto mi sembrano decenti perfino il tao, la gnosi, l’islam e il latex.


Michelangelo


Nanni Moretti lamenta che la Rai ha acquistato Il Caimano ma non lo manda in onda (La7, 1.5.2011). Può lamentarlo da abbonato Rai, ma non da autore, tanto meno da venditore. E non parliamo di un’opera d’arte che in copia unica venga acquistata da un privato per goderne in solitudine sottraendola al godimento di chiunque, ma dellesclusiva dei diritti televisivi su un film che da chiunque può essere acquistato in dvd. Hai ceduto questa esclusiva? E quale pretesa accampi? Si tratta di un film che hai girato tu, ne avrai certamente una copia a casa, puoi proiettartelo quando ti pare e piace. Da abbonato Rai, in teoria, puoi lamentarti, ma come autore che ha ceduto quellesclusiva, in pratica, non è meglio se stai zitto? Peraltro, altri abbonati Rai già si sono lamentati: non puoi limitarti a dire che condividi?

Ecco, domenica sera, Nanni Moretti mi è parso buffo come se il Buonarroti lamentasse di sentirsi un po troppo imbottigliato nella Cappella Sistina.


Stolti


Un cancro può regredire spontaneamente. Rarissimo, sempre inspiegabile, ma non impossibile. In realtà, neppure è mai possibile escludere che la diagnosi fosse errata. Di fronte a un cancro che regredisce spontaneamente, insomma, si può credere a un miracolo fatto da un santo o a un errore fatto da una équipe clinica, a piacere, anche quando entrambi sono indimostrabili: ci si può affidare a quella che pare l’ipotesi più verosimile, secondo il gusto. Basta non pretendere che quella sia la sola spiegazione possibile.
Alcuni anni fa, un collega mi raccontava di aver portato sul tavolo operatorio una paziente che tutti gli esami diagnostici – tutti – gli davano come portatrice di un cancro, di quelli che si decide di asportare solo per sperare di rosicchiare alla morte qualche mese di vita in più. Bene, apre e non trova il cancro. Inspiegabile, ovviamente. Il fatto è che la paziente non credeva nel soprannaturale.
“E come hai risolto?”, chiedo.
“Le ho detto che avevamo molto pregato per lei – tutti – e che escludere un miracolo era offensivo per la nostra fede”.
“E lei?”.
C’era ancora la lira, e l’avvocato dell’atea fu assai bravo: una dozzina di anni dopo fu complessivamente risarcita nella misura di 750 milioni. Anche poco, se si pensa che a pagare erano in quattro, e coperti da una buona assicurazione.

Morale Si può capire il farlo ai funerali, ma gridare “santo subito” dopo averlo appena fatto beato è da stolti: bisogna provare un secondo miracolo, e la fede ha i tempi lunghi di ogni tribunale.

lunedì 2 maggio 2011

Battere sul tempo il Time



Chi non muore si rivede, non manda avanti il vice. Osama avrebbe interesse a farsi rivedere, se fosse vivo. Infatti i suoi, finché possono, confezionano messaggi e messaggini di dubbia fattura per dimostrare che è vivo e lotta insieme a loro. Ma la prova semplice semplice di quel che dicono non la danno, e il dottore sostituisce lo sceicco profeta. Resta la possibilità generica che Osama sia vivo. Ma resta soprattutto la domanda: perché noi desideriamo credere che sia vivo? Piuttosto di esporsi a una gaffe planetaria, cercando di dimostrare l’indimostrabile, la Cia e i governi occidentali di guerra (ma anche quelli disertori) hanno interesse alla sopravvivenza del mito di un Osama vitale. Per i nemici dell’islam radicale, è un memento che spaventa le opinioni pubbliche, e se non puoi avere un succulento scalpo del nemico, meglio il suo spettro. Per i disertori o per i leali rivali di Bush, è la prova che la sua strategia è impotente. Ecco considerato a suon di logica il perché non possiamo fare quel titolo: OSAMA BIN AMEN, ma è come se l’avessimo già messo in pagina

Il Foglio, 11.9.2004

Chiedo rispetto nei confronti di Maurizio Gasparri



Ho tolto il video a questa pagina di YouTube, perché non voglio che la faccia di Gasparri vi condizioni, facendovi scivolare nella grassa fisiognomica, anche un po’ razzista, che sembra essere l’unico argomento in certe malfamate aree del web. Anzi, una tantum, astenetevi da apprezzamenti personali sugli illustri contemporanei dei quali tengo il commentario o non crucciatevi se li cestino: mi deprimono.
E dunque concentratevi su quello che dice, non pensate al fatto che è Maurizio Gasparri, non pensate alla sua faccia: Barack Obama era appena stato eletto, non erano le stesse previsioni che facevano gli intelligentissimi ed elegantissimi analisti de Il Foglio?
Si tenga presente, inoltre, che pur avendo i bulbi buffi e il labbrone pendulo, Maurizio Gasparri non ha mai dato Osama bin Laden per morto prima del tempo, come Giuliano Ferrara ci dava per certo fin dal 2004. E tuttavia, mentre possiamo esser certi che adesso Maurizio Gasparri stia rintanato nello scuorno perché non se ne vede ombra e non se ne sente fiato, ilfoglio.it pare obamiano da sempre, per tacere di Christian Rocca, che addirittura è nero.
Chiedo rispetto nei confronti di Maurizio Gasparri: diceva quello che aveva letto su Il Foglio, lo faceva per sembrare intelligentissimo ed elegantissimo, cercava – poverino! – di difendersi dal pregiudizio della fisiognomica. Ma quel ganzo di Christian Rocca, invece, che scusa ha?

[fonte audio: Giornalettismo]

h. 9,02

Camillo si adegua alla vulgata che vuole Osama bin Laden morto ieri. Ci mette tre ore, ma si adegua.

Per la precisione


“Sotto il segno di Giovanni Paolo II anche i rapporti tra Italia e Vaticano conoscono una svolta politico-diplomatica di straordinaria rilevanza. Merito anche di Bettino Craxi, presidente del Consiglio alla metà degli anni Ottanta, il quale ebbe il coraggio e la decisione di realizzare il nuovo Concordato con la Chiesa cattolica. Anche solo per questo successo, che non fu conseguito né dai democristiani, né dai laici prima di lui al governo, la memoria del leader socialista è consegnata alla storia politica italiana”.
Così scrive Luigi Amicone, senza spiegarci perché il nuovo Concordato non sia stato possibile prima del 1984. Merito di Craxi? Demerito dei democristiani e dei laici prima di lui al governo? Significa stravolgere i fatti, che in questo caso non sono suscettibili di altra lettura: nessuna revisione sarebbe stata possibile senza le due mazzate referendarie che la Santa Sede si beccò nel 1974 e nel 1981.
Basta una scorsa alle più di 300 pagine di fonti inedite che Giovanni Spadolini mette in appendice a La questione del Concordato (Le Monnier, 1976), soprattutto quelle relative alle note verbali intercorse tra Segreteria di Stato Vaticano e Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede nel biennio 1966-67, dove emerge con chiarezza un dato incontrovertibile:  il Vaticano rifiutava di accettare proprio ciò che poi accettò nel 1984.
Senza le vittorie referendarie del fronte laico nessun Craxi sarebbe riuscito a portare a casa il Concordato del 1984. Che insieme all’art. 7 della Costituzione rimane la più grande vergogna della Repubblica, ma che costituisce pur sempre una decente foglia di fico grazie al venir meno dell’assunto che nel 1929 ribadiva quello albertino del cattolicesimo come religione di Stato.


domenica 1 maggio 2011

Eminentissime facce di culo


Prima versione: “Già si parla delle reliquie del beato Giovanni Paolo II, è vero che esiste un’ampolla del suo sangue? Risponde Dziwisz: «Sì, l’ho chiesta ai medici del Gemelli il 2 aprile del 2005, poco prima che morisse. Una reliquia preziosa che potrà essere venerata in un santuario che si sta costruendo a Cracovia»” (Il Foglio, 18.1.2011).

Seconda versione: “Si tratta del sangue prelevato a Giovanni Paolo II negli ultimi giorni della malattia e conservato in quattro ampolle in vista di un’eventuale trasfusione, ma che poi non è stato utilizzato” (L’Osservatore Romano, 27.4.2011).

Terza versione: “Suor Tobiana, la religiosa dell’istituto di Maria Bambina che ha assistito Papa Wojtyla fino all’ultimo giorno, e suor Marie Simon Pierre, che un miracolo attribuito a Wojtyla ha guarito dal Parkinson, sono salite sul sagrato portando i due reliquiari che contengono le provette ospedaliere con il sangue che fu tolto al Papa, ricoverato al Gemelli, per le prove di compatibilità necessarie a eventuali trasfusioni” (repubblica.it, 1.5.2011).

Dall’atroce ammissione di un salasso a futura reliquia (ne parlavo qui) all’assurda menzogna di un prelievo a fine autotrasfusivo (ne parlavo qui), e ora questa immensa stronzata delle prove di compatibilità. Come se per quelle non bastassero due gocce di sangue da un polpastrello. Come se il gruppo sanguigno di Giovanni Paolo II fosse ancora ignoto dopo tutti i ricoveri ai quali era stato sottoposto nel corso del suo pontificato. Eminentissime facce di culo.




[grazie a Giovanni Luca Ciampaglia per la segnalazione]

Balle bulgare


“Provo molta pena per lo scarso senso della realtà e del ridicolo che ancora oggi induce tanti osservatori e commentatori, laici ed ecclesiastici, a rifilarci per mera compunzione balle inverosimili sull’attentato di cui fu autore il lupo grigio turco Mehmet Ali Agca, a tre anni dalla elezione di Wojtyla al soglio di Pietro e immediatamente dopo i suoi fatali pellegrinaggi polacchi; Agca cercò di ammazzarlo, quel pontefice gloriosamente minaccioso, su ordine conforme del Kgb, trasmesso attraverso il partito fratello bulgaro. S’inventano di tutto, dal traffico di stupefacenti all’islamismo ad altre storie buffe o tragicomiche, pur di negare l’evidenza. Il che era giustificabile in tempi di guerra fredda e di equilibrio nucleare, quando alla diplomazia internazionale e allo stesso Vaticano, entità responsabile, facevano paura le rivelazioni irrecusabili sui rapporti del sicario turco con le autorità spionistiche bulgare di Roma, compresa la perfetta descrizione dell’appartamento del caposcalo della Balkan Air, il committente o cooperante di un progetto lucidamente nato a Mosca, nel Cremlino di Yuri Andropov” (il Giornale, 1.5.2011).

In realtà, almeno a tener conto dalle risultanze processuali, nessuna prova valida è stata fin qui prodotta per accreditare una “pista bulgara”: nel 1986, una Corte d’Assise mandò assolti tutti i bulgari accusati di aver armato la mano di Alì Agca e, nel 1998, una Procura della Repubblica archiviò definitivamente il tutto.
È che “la perfetta descrizione [che Agca diede] dell’appartamento del caposcalo della Balkan Air” non era affatto “perfetta”, ma, anche se lo fosse stata, non avrebbe dimostrato alcun collegamento certo tra Antonov e Andropov, semmai tra padre Felix Morlion e la Cia (via Michael Ledeen) [*], né dagli archivi dei servizi segreti di Mosca, Berlino Est e Sofia è mai emersa prova di un ordine partito dal Cremlino.
La prima a parlare di una “pista bulgara” è Claire Sterling, una scrittrice americana dalle accertate frequentazioni con uomini della Cia, da qualche tempo trapiantata a Roma, in un articolo che apparve nel settembre del 1982 su Reader’s Digest, per essere subito rilanciato da alcune tv americane. Due mesi dopo, quando è già stato condannato all’ergastolo da oltre un anno, Agca tira finalmente in ballo i bulgari. “Rivelazioni irrecusabili”? Stando alle risultanze processuali, tutt’altro. Per un garantista del calibro di Giuliano Ferrara non dovrebbe trattarsi di un dato irrilevante. E dunque: chi rifila balle?



[*] Su questo punto, ma anche su tutto ciò che indica nella “pista bulgara” un depistaggio dei servizi segreti americani: Carlo Palermo, Il papa nel mirino, Editori Riuniti 1998 - pagg. 6o-112. 

Freddy The Flying Dutchman & Sistina Band (1979)





Wojtyla, Wojtyla, Wojtyla disco dance
Wojtyla,Wojtyla, Wojtyla disco funk

Looking out for the light
after such long black night
He's nice, he's the man
The new Pope in the Vatican...
But from Poland comes the man,
the new Pope in the Vatican.

Wojtyla, Wojtyla, Wojtyla disco dance
Wojtyla,Wojtyla, Wojtyla disco funk

If you go to the discoteque,
should Wojtyla stay awake
swing around in polka dance,
up and down it's romance
Since they know he's the man
the new Pope in the Vatican.

Wojtyla, Wojtyla, Wojtyla disco dance
Wojtyla,Wojtyla, Wojtyla disco funk

*

Santo



Non sappiamo ancora di chi sarà protettore. In vita, senza dubbio, lo fu di Marcial Maciel Degollado: è che Solidarnosc non si teneva su solo a rosari e, per quanto il fondatore dei Legionari di Cristo fosse una vera e propria fogna, portava un gran bel mucchio di denari all’Obolo di San Pietro e, insomma, chiudere un occhio era misericordia. Ecco, potrebbero farlo protettore di quei preti lì.

sabato 30 aprile 2011

Come fate a odiarlo?


La malattia mentale di Silvio Berlusconi è tutta squadernata nelle risposte che dà a chi gli chiede un giudizio su Giovanni Paolo II, per Tv7 (Raiuno, 29.4.2011): gli chiedono del beato, ma parla di sé.
Karol il Grande? Oh, certo, lui l’ha incontrato molte volte, anche prima di entrare in politica. Una volta gli ha portato la squadra del Milan e si sono intrattenuti a chiacchierare, da manager a manager.
Un’altra volta gli ha portato mamma Rosa (che è la mamma più speciale del mondo, non foss’altro perché ha messo al mondo lui) e Giovanni Paolo Magno ne è stato tanto bene impressionato che, quando si sono incontrati successivamente, gli ha sempre fatto la personale carineria di chiedergli “e come sta, la mamma?”.
Sì, ma il Papa, il Santo – che ne pensa, Silvio Berlusconi? Non pervenuto. Wojtyla è solo una foto nel suo album personale, trofeo di un certo prestigio, figurina che un bambino come-si-deve ti fa subito “ce l’ho!”.

Narcisismo maligno, senza dubbio. Mette in imbarazzo pure chi lo intervista, che gli porge un assist. Anzi, due.
Se non riusciamo a spremere niente sul Papa e sul Santo, vogliamo parlare delle sue grandi doti comunicative? Sì, era uno straordinario comunicatore. Perciò entrava molto bene in ogni casa. Grazie alla tv. A lasciar scorrere la spirale si finirebbe col dover ricordare che lui, Silvio Berlusconi, l’ha mandato tante volte in onda dalle sue emittenti, e partecipa di quel Grande Fenomeno Pop. Non si capisce se stordito dall’estasi o spossato dalla vertigine, chi lo intervista dà un ultimo cenno di vita: e il Wojtyla politico?
Gli offrono su un piatto d’argento la sua ghiottoneria preferita – l’anticomunismo – ma pure quella “ce l’ho!”: Giovanni Paolo II è santo, sì, ma al modo di Giovanni Battista, che annunciava la venuta dell’Unto, l’anticomunista per eccellenza – ancora, sempre – lui.

Come fate a odiarlo? Non vi rendete conto che è malato?



giovedì 28 aprile 2011

“Con quelle loro deliziose alette canard”





Peggio che a marzo



“April is the cruellest month…”
Thomas S. Eliot, The Waste Land

Un crollo dello share che solo in una occasione è stato inferiore al 5% (14.4.2011), ma che è arrivato anche a superare il 9% (27.4.2011): da un minimo di 625.000 a un massimo di 1.648.000 telespettatori in fuga ogni volta che la sigla di testa annuncia i suoi “messaggi speciali”. Sono le cifre del flop di Qui Radio Londra, che potrà pure sembrare meno drammatico di quanto è in realtà, ma solo in virtù dei grossi numeri del Tg1 e dei programmi che vanno in onda su Raiuno in prima serata. Non fosse che da anni l’azienda lavora contro i propri interessi, il programma andrebbe sospeso.

[...]





Che Karima El Mahroug abbia fretta di sposarsi con Luca Risso al solo fine di presentarsi dinanzi ai giudici di Milano ammantata di una rispettabilità che comunque non avrebbe effetto retroattivo nello smentire le numerose testimonianze circa un suo passato di prostituta – è quanto ha affermato un autorevole opinion leader – a me pare illazione orba e zoppa.
La ragazza è intelligente e conosce l’Italia meglio di un sociologo laureatosi alla Normale di Pisa: sa bene che le servirebbe a poco, a niente. Penso si faccia l’errore di proiettarle addosso un’immagine di squinzia coatta che puzza di pregiudizio, anche un po’ cretino. Tanto più cretino se lo si vuol fondare sulla convinzione che per una mai stata alla Bocconi il manto di rispettabilità di un matrimonio religioso abbia stoffa più pregiata di un matrimonio civile. Sì, perché pur non essendo (ancora) cattolica, Ruby Rubacuori vuole sposarsi in chiesa. E questo non farebbe ostacolo, perché i matrimoni misti (un coniuge cattolico e l’altro di altra confessione) possono essere celebrati in chiesa (ovviamente senza somministrare l’eucaristia al coniuge non cattolico): il freno posto dalla Diocesi di Genova alla fretta dei due promessi sposi è di altro genere, e attiene al contenuto delle linee guida del Direttorio Pastorale Familiare circa i corsi di preparazione prematrimoniale, vivamente raccomandati a chi si voglia accostare al sacramento.
Però è proprio qui che, a mio umile parere, sorgono i problemi, giacché al n. 63 si legge: “La partecipazione ai corsi o itinerari di preparazione al matrimonio deve essere considerata come moralmente obbligatoria, senza, per altro, che la sua eventuale omissione costituisca un impedimento per la celebrazione delle nozze”. E ancora: “Solo in casi estremi si dovrà proporre il rinvio della celebrazione del matrimonio”.
Eminenza, come la mettiamo? Lei può insistere, dire che quei corsi sono “moralmente obbligatori”, ma non può porli come condizione necessaria alle nozze. E può rinviarle un pochino, ma non troppo: se non riesce in due o tre settimane a rubricare questo caso fra i “casi estremi”, dovrà unire i due in matrimonio (pardon, ritirare il divieto posto ai parroci della sua Diocesi), voglia o non voglia.
Perché il Direttorio Pastorale Familiare non dà per indispensabili quei corsi prematrimoniali, ma il Codice di Diritto Canonico punisce severamente l’offesa al sacramento nella fattispecie dell’ostruzione.

Bù!

Accetti?


“Penso che se uno si rifiuta di assolvere un compito affidatogli dalla chiesa (cattolica), vuol dire che non ha fede in essa, nell’istituzione in sé. Nel film [Habemus Papam], al Papa in fuga viene chiesto se abbia perduto la fede, e lui risponde «no, assolutamente no». È una risposta funzionale al film e alle sue sottili polemiche, ma è assolutamente fuori luogo. Chi crede nella chiesa, sa che essa è fondata sul carisma, un carisma che le viene, secondo tradizione, direttamente da Cristo. E se Cristo l’ha affidata a un semplice pescatore, Pietro, come potrà abbandonare a se stesso, alle sue comprensibili angosce e ai suoi pur leciti dubbi, un suo eletto, l’eletto dai cardinali con l’assistenza dello Spirito Santo? «Domine, non sum dignus ut entres in domum meam…», ma il Signore entra. C’è, nella situazione raccontata da Moretti, qualcosa di incongruente” (Il Foglio, 28.4.2011).

Qualcosa di incongruente, allora, dev’esserci pure nella rituale domanda che il Cardinal Decano è tenuto a fare al neo eletto: “Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?” (Romano pontifici eligendo, 87). Se la risposta non può essere che affermativa, è domanda superflua? Se la risposta è no, il neo eletto viene scomunicato per patente mancanza di fede?


Del “corpo glorioso” col quale si fa ritorno da un “viaggio dell’anima”


Sandro Magister ci invita a porre attenzione alle risposte che Benedetto XVI ha dato alle domande rivoltegli nel corso della puntata di A sua immagine andata in onda su Raiuno il 22 aprile, soprattutto quelle date alla quinta e alla sesta, che riguardano due punti salienti nella dottrina: la discesa di Cristo agli inferi dopo la sua morte e prima della sua resurrezione; la natura “gloriosa” del suo corpo dopo la resurrezione.
Accettiamo l’invito.

Sulla prima delle due questioni, Benedetto XVI dice: “Questa discesa dell’anima di Gesù non si deve immaginare come un viaggio geografico, locale, da un continente all’altro. È un viaggio dell’anima”.
Ora, col massimo rispetto per un soggetto anziano con due episodi di ischemia cerebrale in anamnesi remora, rileviamo che il Catechismo della Chiesa Cattolica dà agli inferi i connotati fisici di “dimora” (632) nella quale Cristo è “disceso” (633-635), che esprime moto a luogo. È quanto ricaviamo da At 3, 15 e senza dubbio può essere letta come allegoria, ma senza dimenticare che poco prima (At 2, 24) la meta di questo “viaggio” è indicata col termine Shéol, che nella tradizione ebraica indica senza dubbio un luogo (per quanto ultraterreno, anzi infraterreno), non uno “stato” dell’anima.

Sul secondo punto, quello relativo alla domanda n. 6, Sua Santità rammenta che “la materia [il corpo umano] ha anche la promessa dell’eternità”, non solo l’anima. È la nota promessa della resurrezione della carne, che però ci viene assicurato risorgerà incorruttibile: sotto forma di “corpo glorioso”, appunto.
Ora, la domanda è posta in questi termini: “Quando le donne giungono al sepolcro, la domenica dopo la morte di Gesù, non riconoscono il Maestro, lo confondono con un altro. Succede anche agli apostoli: Gesù deve mostrare le ferite, spezzare il pane per essere riconosciuto, appunto, dai gesti. È un corpo vero, di carne, ma anche un corpo glorioso. Il fatto che il suo corpo risorto non abbia le stesse fattezze di quello di prima, che cosa vuol dire?”. La risposta è che “non possiamo definire il corpo glorioso, perché sta oltre le nostre esperienze”, per subito aggiungere che “nell’eucaristia il Signore ci dona il suo corpo glorioso”. E dunque questo corpo non sta “oltre le nostre esperienze”, perché il Catechismo della Chiesa Cattolica recita che “il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’eucaristia sono un unico sacrificio” (1367).
Nell’esperienza dell’eucaristia, insomma, facciamo esperienza piena del “corpo glorioso”, sennò verrebbe meno il presupposto in virtù del quale possiamo (dovremmo) ritenere che “coloro che partecipano all’eucaristia siano un solo corpo e un solo spirito” (1353).