Nulla di nuovo, in Vaticano. Una dozzina d’anni fa si scoprì subito che il corvo era monsignor Luigi Marinelli. Non aveva resistito alla vanità di celarsi in anonimato dietro un anagramma del cognome: Millenari. Anche allora il corvo si disse portavoce di un gruppo di prelati mossi dall’urgenza di purificare il tempio: «L’alleanza di Dio con i poveri e gli umili è in contraddizione con l’arroganza di ogni potere… È venuto il tempo che la Chiesa chieda perdono a Cristo per le sue tante infedeltà e tradimenti dei suoi ministri, specialmente di quelli costituiti in autorità al vertice della gerarchia ecclesiastica».
Non si è mai saputo di chi fosse portavoce, il tempio continuò ad essere la fogna che è sempre stata da diciassette secoli in qua e rimane il sospetto che Via con vento in Vaticano (Kaos Edizioni, 1999) fosse solo lo sbocco di bile di un poveraccio che in Curia non aveva fatto carriera, un «sommergendo» che si era visto sorpassato da tanti «emergenti», «impuniti che hanno dalla loro parte la presunzione del perbenismo preconfezionato, in qualunque modo agiscano... cadetti di una scuderia alla quale è permessa l’allegra esperienza di sorvolare l’apprendistato per immettersi immediatamente nelle competenze dei livelli superiori» (pag. 146, cap. XII).
Libro zeppo di indiscrezioni, tutte molto imbarazzanti, ma Marinelli non faceva nomi, tutt’al più nomignoli, e solo chi era molto addentro ai cunicoli fognari poteva riconoscere, in quella galleria di incorreggibili viziosi e di spietati carrieristi, monsignor De Giorgi, monsignor Gugerotti, monsignor Gantin, monsignor Rigali e gli altri. Quasi ad uso interno, quel libro.
Anche allora si disse fosse per amore della verità, perché nei Vangeli sta scritto: «Oportet ut scandala eveniant». In realtà, nei Vangeli sta scritto tutt’altro: «È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono» (Lc 17, 1); «È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo» (Mt 18, 7). Insomma, Gesù consiglierebbe al corvo di tacere, ma ogni tanto il corvo parla, e ogni volta imbecca un allocco che gli fa il favore di aiutarlo a regolare i suoi conti, a partita chiusa o a partita aperta.
Innegabile che stavolta il corvo abbia imbeccato Gianluigi Nuzzi a partita ancora aperta, innegabile che stavolta il tiro si sia alzato, tuttavia lo schema è sempre lo stesso: offrendo agli anticlericali una ghiotta occasione di polemica, si mira a suscitare un’ondata di sconcerto e di sdegno da parte del laicato cattolico e del basso clero. È lo sgambetto agli «emergenti» al quale i «sommergendi» ricorrono in ultima istanza. Superfluo rilevare che quanti si nutrono dell’ideale di una Chiesa ripulita da ogni «sporcizia» temporale si fanno inconsapevole strumento di queste manovre.
La Chiesa è sempre stata così, non potrà mai essere diversa. Diciassette secoli di storia dovrebbero bastare a capire che è «semper renovanda», ma che in questo rimarrà sempre uguale. «Sarebbe poco serio riferirsi ai primi tre secoli [della sua storia], prendendoli a modello, per accusarla di essere diventata poi poco evangelica: non vi è dubbio, infatti, che i cristiani siano caduti spesso in tentazione [dal IV secolo in poi], ma è altresì vero che prima di Costantino questa tentazione non ebbe modo di presentarsi... Appena la Chiesa ebbe ottenuto la libertà religiosa, la tentazione del potere si trasformò in una realtà che avrebbe accompagnato costantemente l’esistenza dell’istituzione ecclesiastica»: non è un suo nemico a dirlo, ma un autorevole studioso della sua storia, padre Juan Maria Laboa, fondatore della rivista Communio (Momenti cruciali nella Storia della Chiesa, Jaca Book 1986 - pag. 291). Dimentica di dire che anche prima di acquisire la libertà religiosa le coltellate tra i suoi membri più autorevoli non sono mai mancate, basti rammentare il modo in cui san Paolo regolò i suoi contrasti con san Pietro.
Il problema non è la «sporcizia» che si annida nella Chiesa, il problema è che la Chiesa è inemendabilmente sporca, come lo è necessariamente ogni piramide gerarchica che in cima abbia un’entità autocratica. Tanto più inemendabilmente sporca, in questo caso, perché questa struttura si vuole a immagine del corpo mistico del Cristo vivente. Del tutto naturale che ogni tanto in quel ventre s’oda un borgorigma e ne esca un peto. Star lì a dire che puzza di brutto è un esercizio vacuo. Questa è la risposta a quanti mi hanno chiesto perché finora non mi ci sono applicato.