Si riuniscono a Todi, chissà perché a porte chiuse, i cattolici che dovrebbero dar vita a quel “soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica” che nelle intenzioni del suo ispiratore, il presidente della Cei, dovrebbe rinnovare, al tramonto del berlusconismo, l’ormai inservibile “progetto culturale” del suo predecessore. Se fino a ieri la Chiesa godeva di un rapporto privilegiato con la destra al potere, e tornava comodo che parte del laicato cattolico fosse politicamente impegnato anche al centro e a sinistra, ora urge la ricomposizione, ma un partito dei cattolici non è lo strumento più utile, e forse non è neanche possibile.
Vedremo cosa debba intendersi per “soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica” che però non sia un partito, ma fin d’ora pare probabile che debba trattarsi di un coordinamento transpartitico alle dirette dipendenze della Cei, che con Bagnasco, a differenza della grande autonomia concessa a Ruini, ha stretta sorveglianza della Santa Sede, per mezzo della Segreteria di Stato. Se questo “soggetto” dovesse prender vita, avremmo piena realizzazione di un’ingerenza permanente del Vaticano nella vita politica italiana: sarebbe strutturalmente data, istituzionalmente legittimata, la dipendenza dello Stato alla Chiesa. Il magistero morale e sociale della Chiesa avrebbe uno strumento ancora più efficace della Democrazia Cristiana per lanciare la sua offerta pubblica di acquisto per il controllo di una società che peraltro non ha mai saputo difendere a dovere l’aconfessionalità dello Stato. Non ci sarebbe alcun bisogno di cambiare la Costituzione: il cattolicesimo tornerebbe ad essere “religione di Stato”, de facto.
Vedremo cosa debba intendersi per “soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica” che però non sia un partito, ma fin d’ora pare probabile che debba trattarsi di un coordinamento transpartitico alle dirette dipendenze della Cei, che con Bagnasco, a differenza della grande autonomia concessa a Ruini, ha stretta sorveglianza della Santa Sede, per mezzo della Segreteria di Stato. Se questo “soggetto” dovesse prender vita, avremmo piena realizzazione di un’ingerenza permanente del Vaticano nella vita politica italiana: sarebbe strutturalmente data, istituzionalmente legittimata, la dipendenza dello Stato alla Chiesa. Il magistero morale e sociale della Chiesa avrebbe uno strumento ancora più efficace della Democrazia Cristiana per lanciare la sua offerta pubblica di acquisto per il controllo di una società che peraltro non ha mai saputo difendere a dovere l’aconfessionalità dello Stato. Non ci sarebbe alcun bisogno di cambiare la Costituzione: il cattolicesimo tornerebbe ad essere “religione di Stato”, de facto.
Una soft theocracy, più o meno. E la cosa non è neanche così difficile, perché la società italiana, anche se profondamente secolarizzata, è stremata, docile alla fascinazione di un qualsiasi instrumentum regni che sappia incarnare al meglio il paternalismo del quale gli italiani non sanno fare a meno. Niente di meglio che la Chiesa. Parrebbero pronti anche alcuni “illustri intellettuali e studiosi di formazione marxista” che su Avvenire del 16.10.2011 mandano a Todi un segnale: il Pd è interessato, e non solo nella sua componente ex democristiana.