Superando di pochissimi voti Rita Borsellino, Fabrizio Ferrandelli sembra avere vinto le primarie di Palermo. Senza dubbio seguiranno polemiche, forse anche chiassose, già se ne avvertono avvisaglie con oblique denunce di brogli e chiamata in giudizio di Pierluigi Bersani, colpevole di aver puntato un’altra volta sul cavallo sbagliato, anche se stavolta era il cavallo della scuderia che non perdeva da un pezzo. Si tratta delle solite polemiche che seguono tutte le primarie del centrosinistra, che una volta chiuse, chiunque le abbia vinte, dovrebbero vedere i candidati perdenti dare il solenne impegno di un pieno sostegno al vincitore e che invece, di regola, lasciano ferite più o meno purulente, risentimenti mal dissimulati, che di solito portano alle elezioni una coalizione pesantemente fiaccata, pronta a sfibrarsi se le vince e a parcellizzarsi se le perde. La litigiosità intestina mossa da ambizioni, sempre sovradimensionate a chi le indossa, sembrerebbe essere scritta nel dna del centrosinistra. Negli ultimi anni, poi, è sempre più evidente, talvolta con atroce evidenza, che sotto la vernice delle idee sfoggiate dagli opposti contendenti alla guida della coalizione c’è ben poco, spesso nient’altro che il marchio di una cordata.
Nel caso di Palermo, le polemiche sarebbero seguite anche se avesse vinto Davide Faraone o Antonella Monastra. Non così, c’è da scommettere, se avesse vinto la sorella del giudice che fu vittima di un attentato nel 1992. Per il nome che porta, la vittoria di Rita Borsellino sarebbe parsa altra cosa che la vittoria di un ex Idv sostenuto da dissidenti del Pd e da Raffaele Lombardo, chiacchieratissimo governatore della Regione Sicilia. Non è escluso che anche stavolta qualcuno insinuerà che la mafia possa averci messo lo zampino, è da escludere che sarebbe accaduto se avesse vinto Rita Borsellino: c’è da presumere che lo farà Leoluca Orlando, è il pezzo forte del suo esiguo repertorio.
A chi gli chiedeva chi avrebbe votato a Palermo, qualche giorno fa, su Raitre, Luigi De Magistris ha risposto: “Rita Borsellino, senz’alcun dubbio”. Perché? Perché “con quel cognome” non avrebbe potuto farne a meno. Che il partito al quale iscritto appoggiasse proprio Rita Borsellino non gli è parso motivo sufficiente, ma è probabile che l’Idv abbia deciso di appoggiarla per la stessa ragione che a Luigi De Magistris parrebbe sufficiente per votarla.
È evidente che il rispetto della memoria di Paolo Borsellino implichi l’obbligo di un occhio di riguardo a sua sorella, almeno per chi pensa di poter con ciò reclutare un martire alla propria causa. È altresì evidente che la sorella di un martire possa far carriera politica indipendentemente da ogni qualità e da ogni merito. Può darsi io sia in errore, ma mi pare una pessima abitudine, che in sé ne chiude altre due, altrettanto disdicevoli, tutte e due molto italiane.
La prima è quella di estendere i meriti di un eroe ai suoi familiari, che io trovo non meno odiosa dell’estendere le colpe di un reo ai suoi cari. D’altra parte, questa abitudine è di così ampia presa da essere rintracciabile ovunque, anche dove il familismo trova critiche feroci. Basti l’esempio della signora Farina e della signora Schett, alle quali i radicali, in barba al vigente diritto di famiglia, si ostinano a negare il loro cognome, per sbandierarle come bandiere: Maria Antonietta Coscioni e Mina Welby.
La seconda pessima abitudine è la negativa della prima: il parente dell’eroe si sente investito delle sue virtù e rivendica pieno diritto di incassarne gli utili. Quanto scommettiamo che Rita Borsellino insinuerà che la sua sconfitta sia oltraggio alla memoria di suo fratello?
l'ultima frase mi sembra una cattiveria che la Borsellino non merita. non in quanto Borsellino, ma perché persona perbene.
RispondiEliminama hai visto il fratello ?
RispondiEliminaPer un italiano, la famiglia, è sempre la cosa più importante. Lo diceva pure Don Vito Corleone, buonanima.
RispondiEliminaGentile Malvino,
RispondiEliminaquesto post evidenzia la sua totale disconoscenza della storia politica di Rita Borsellino. Se c'è un politico, in sicilia, che non ha mai usato il nome di Paolo o di Giovanni Falcone, si chiama Rita Borsellino. E, soprattutto, sono in attesa dell'indicazione del nome di un politico siciliano in attività con un curriculum anche solamente paragonabile per quantità, qualità, coerenza e trasparenza a quello di Rita Borsellino che, disconoscendo, può consultare qui: http://www.palermobenecomune.it/il-mio-impegno.html.
Certo, mi delude, perché ho sempre letto quel che scrive perché ho creduto fosse persona che non parli prima di sapere. Mi devo ravvedere, evidentemente, e, d'ora in poi sarò più accorto nel verificare le sue affermazioni. Sia ben chiaro, non è una critica a lei, ma il riconoscimento personale di un errore di valutazione.
Cordiali saluti,
Simone Tulumello
@ Simone Tulumello
RispondiEliminaPrima della morte del fratello, Rita Borsellino era farmacista e non faceva attività politica. Morto il fratello, ne se l'esigenza. Perde le elezioni regionali del 2006, non viene eletta alle politiche del 2008, non ottiene migliore risultato alle amministrative che seguono di lì a poco (candidata in Emilia-Romagna e in Lombardia, perché mai?). Riesce ad essere eletta al Parlamento europeo nel 2009, ma perché il Pd la candida come capolista. Non ha la buona grazia di aspettare la fine del mandato europeo e corre per la poltrona a sindaco di Palermo. Nessuno nega l'impegno, è in discussione il fine. Saluti.
Mi perdoni, gentile Malvino. So che è maleducazione sollecitare un post, e la autorizzo fin d'ora a darmi dell'emerito cretino e a pregarmi di stare al mio posto, e zitto; ma la prego, ci dica qualcosa sul funerale di Lucio Dalla e sulle facce dei preti che assistevano al commosso ricordo del suo fidanzato, autorizzato a parlare dal pulpito come compagno a tutti gli effetti (civili, religiosi, testamentari) del defunto. Due righe, scritte da Lei, mi basterebbero per stare meglio. Grazie.
RispondiEliminaIn verità, in verità ti dico: entro stasera, massimo domattina, cerco di trovare il tempo per dirti la mia.
Eliminahttp://www.giornalettismo.com/archives/209499/cosa-ci-siamo-persi/
Elimina@Luigi Castaldi.
RispondiEliminaDal 1992 al 2006, Rita Borsellino ha girato tutta l'Italia con Libera per raccontare la mafia e l'antimafia, per l'esattezza. Inizia a fare politica solo nel 2006.
In quell'anno, con una campagna elettorale senza un euro dei partiti che la sostenevano (la sua campagna per la presidenza costò molto meno della campagna di Micciché per un posto in parlamento e, ciononostante, ancora oggi ne paga i mutui di tasca propria), contro un certo Totò Cuffaro oggi in galera per mafia, ottiene il 10% in più dei partiti stessi risultando il candidato di centrosinistra più votato della storia delle elezioni siciliane (con circa il 40%). Due anni dopo, Anna Finocchiaro, voluta dal PD ed in una campagna elettorale seguente alla condanna in primo grado del presidente Cuffaro prende circa il 30%.
Nel 2008, non fu eletta in parlamento perché una legge elettorale che chiamiamo "porcata" estromise il suo partito dallo stesso.
Nel 2009 è eletta in Europa con 230.000 preferenze, superata nel collegio dal solo Berlusconi Silvio.
Nel 2011 decide di accettare di candidarsi a Sindaco dopo mesi di richieste, prima da parte del gruppo di ragazzi che le è sempre stato vicino, poi di Vendola, poi di Bersani.
Insisto, le mancano alcuni dati, a proposito e, comunque, non mi ha dimostrato che Rita abbia mai "usato" il nome del fratello né mostrato un altro politico siciliano con un cv simile.
Ancora cordiali saluti.
Doveva morirle il fratello per così grande impegno? La mafia esisteva anche prima che morisse Paolo Borsellino. E anche la politica. Di fatto la dottoressa Borsellino "scende in campo" da "parente dell'eroe". Non metto in discussione i suoi meriti, dico solo che il cognome le è stato di notevole aiuto. A parità d'impegno, chiamarsi Riina (anche solo omonima e non parente) non le sarebbe stato altrettanto utile. Tutto qui, poi probabilmente, se fossi palermitano, tra i quattro candidati avrei votato proprio lei, forse. Rimane il fatto che Alessandra Mussolini, senza quel cognome, non avrebbe mai potuto aspirare a nulla. Baci.
EliminaMagari è stata la morte del fratello a spingerla per rendersi attiva politicamente. Mi risulta che prima abbia girato l'Italia e solo poi si sia candidata. Certo, il cognome aiuta, ma questo non sminuisce il suo impegno nè le sue capacità e, soprattutto, non mi pongo alcun dubbio circa il "fine", considerandola in assoluta buona fede.
EliminaMi rammarica una cosa, invece: non è mai stata identificata come persona gradita ai vertici del PD (si ricordino a tal proposito le polemiche nella preferenza ingiustificata della Finocchiaro) e, appena sostenuta dai dirigenti del PD, la scelta è caduta su altri.
A me sembra solo di capire che, se non ci ha messo lo zampino la mafia, c'è una tale insofferenza verso i dirigenti che neppure candidando Gesù Cristo potrebbero pensare di "vincere" le primarie.
pur concordando con l'analisi d'insieme sul meccanismo primarie e su come vengono vissute, devo però dire che concordo con chi sostiene che ormai Rita Borsellino raccoglie consenso e appoggi per sè stessa e per quel che fa e non in nome del fratello. Vero che il suo impegno è partito con l'attentato ("nata il 19 luglio" è il titolo di un suo libro)però nel frattempo il suo contributo lo ha dato. I politici commentano parlando del fratello semplicemente perché, spesso, sfugge loro il "fenomeno" Rita Borsellino, cioè proprio il meccanismo con cui ha ottenuto consenso e moilitazione in nome proprio e autonomo.
RispondiEliminaE' un'abitudine che nel PD hanno da sempre.
RispondiEliminaCosì strutturata e resa sistema che credo abbiano anche un apposito incarico assegnato, tipo "rintracciatore di sopravvissuti".
Non si spiegherebbe altrimenti il tempismo con cui appena muore qualcuno di mediaticamente impattante, a sinistra si corra a candidarne la prossimità.
L'elenco è lungo e variopinto e partendo dalla Borsellino arriva alla Fortugno, alla Calipari, al sopravvissuto al rogo della Thyssen.
Se poi il morto è causato dallo stato, allora l'asse si sposta ancora più a sinistra e ti spunta la Giuliani.
Avessero avuto le comunali a Bologna nei prossimi mesi, mano sul fuoco che sarebbero corsi a reclutare "quello più vicino", come l'hanno chiamato i giornali, a Dalla.
Ma del resto quello del partire da "come viene in tv" è il sistema con cui stanno arruolando gente da una decina d'anni a questa parte, pure tra i vivi, vedi i Colaninno, le Serracchiani, persone che un giorno guidano un autobus e il giorno dopo sono in parlamento.
E' la quota di berlusconismo che negli anni è riuscita a permeare i meccanismi e dalla quale non sono riusciti a difendersi, con la differenza che non avendo il Thyssen lo stacco di coscia della Carfagna, nessuno può sollevare dubbi circa la percentuale di mediaticità che compone i perché sia lì dove sta oggi e, anzi, lì al PD possono persino permettersi di contestare la Minetti e il Trota perché loro robe così mai, loro solo per meritocrazia.