È la prima pagina della Logica come scienza del concetto puro (1905). A me pare che bastino queste due dozzine di righe a darmi ragione di quanto scrivevo alcune settimane fa: «Non è un caso che di Croce non vengano più ristampate le opere filosofiche: a rileggerle si sente puzza di cane morto. Fosse per quelle, Croce sarebbe stato già dimenticato da tempo: lo ritroveremmo solo in due righe, su qualche dizionario, come un neo-hegeliano della scuola di Bertrando Spaventa. A salvarlo dall’oblio è stato solo il suo tiepido antifascismo, qualche discorso in Parlamento, qualche pagina ben scritta sul Seicento, il catalogo degli aneddoti smerciato dalle figlie, le citazioni ormai stucchevoli che certi tromboni sfiatati si passano da ormai tre generazioni».
A poco più di un secolo da quando fu scritta, la Logica sta a dimostrare perché del sistema crociano non resti in piedi nulla: ne era la struttura portante e non uno degli assunti relativi a pensiero, concetto, intuizione, sensazione o rappresentazione è in grado di reggere a quanto abbiamo scoperto grazie alle neuroscienze. L’idealismo crociano, di cui la Logica è il prontuario, esce con le ossa rotte proprio dallo scontro con la scienza che Croce aveva pensato di poter eludere degradandola a mero strumento per “chiamare a raccolta moltitudini di rappresentazioni o almeno di indicare con sufficiente esattezza a quale forma di operazione convenga ricorrere per mettersi in grado di ritrovarle e di richiamarle”. Dove è possibile trovare, oggi, chi sia disposto ad affermare che «la conoscenza ha due forme: è o conoscenza intuitiva o conoscenza logica; conoscenza per la fantasia o conoscenza per l’intelletto; conoscenza dell’individuale o conoscenza dell’universale; delle cose singole ovvero delle loro relazioni; è insomma, o produttrice di immagini o produttrice di concetti»? Sulle gengive gli arriverebbe l’ultima edizione dei Principles of Neural Science di Kandel, Schwartz e Jessel, che pesa più di un chilo e ha copertina dai bordi micidiali.
Il sistema crociano può aspirare solo a qualche paginetta nei manuali di Storia della Filosofia, prima o dopo quelle dedicate a Giovanni Gentile, che, se non avesse avuto l’infelice idea di compromettersi col fascismo, oggi godrebbe senza dubbio di maggiore attenzione di quanta ne residua su Benedetto Croce, per l’esser stato, seppur tiepidamente, antifascista e l’aver preso titolo di liberale, sebbene gli si possa imputare, come ho scritto in altra occasione, «il fallimento del liberalismo in Italia, insieme ai tanti liberali che come lui hanno tradito la lezione del liberalismo di scuola anglosassone, mettendo la persona al posto dell’individuo e sporcando di metafisica il concetto di libertà».
Sono stato fatto oggetto di severo rimprovero per i giudizi espressi nei post che qui ho richiamato. Mi è arrivato via e-mail da un tizio che si è definito «crociano» e che ha mosso obiezione alle mie affermazioni con argomenti che compensavano la loro intrinseca debolezza col veemente pathos del nipote al quale abbiano offeso il nonno.
Ho l’abitudine di non rispondere a una lettera senza aver prima verificato se la firma in calce corrisponda o meno al vero nome di chi l’abbia inviata. Non potendo accontentarmi dell’account del mittente, che può essere mendace quanto la firma, mi affido a Google: parto dalla convinzione che chi ha letto ciò che scrivo su queste pagine abbia quel minimo di attività in rete che inevitabilmente porta a lasciar segno del proprio nome o di un account di uso corrente. Questa volta non ne ho trovato traccia.
Avrei lasciato cadere la faccenda, cestinando la lettera senza darvi risposta, se non fosse che la prosa, levati gli insulti discretamente fioriti, suonava particolarmente legnosa, di timbro scolastico, e però coi «quindi» zoppi e i «dunque» orbi. Bastava poco per scoprire che si trattava di ampi stralci copiati da filosofico.net, anche malamente cuciti assieme. Ho sorriso: era la lettera di un buontempone, quasi certamente «crociano» estemporaneo, per bizza o impuntatura. Spirito, ma con la minuscola. Meritava una pagina di Croce, che probabilmente neanche avrà mai letto, e con commento.
http://enriques.mat.uniroma2.it/opere/1114fl.html
RispondiEliminaqualcuno aveva provato a fargli le pulci a suo tempo ma, purtroppo per la nostra cultura, e´finiti dimenticato...o quasi
Fossi capace e avessi tempo, t'invierei anch'io una siffatta lettera di stampo crociano, per provocare tali, deliziosi, post.
RispondiEliminaSulle strutture della conoscenza non la farei così semplice. Vedi Sloman S.A. (1996) The empirical case for two systems of reasoning. Psychological Bulletin, 119, 3-22. Sloman è collaboratore del grande Kahneman. Naturalmente i "mental shorthands" di Kahneman non sono quelli di Croce. Ci sono parallelismi anche tra idealismo crociano e pragmatismo di Dewey (vedi recensione di Croce a Dewy e risposta di quest'ultimo). Le moderne teorie connessioniste della mente e della conoscenza non sono logico-positivistiche come quelle della generazione precedente, dico quelle computazionali che riducevano la mente a un calcolatore logico. Forzando un po', la svolta connessionista è soprattutto pragmatista in filosofia, ma perfino un po' idealista.
RispondiEliminaForzando un po'... Perfino un po'... Come non essere d'accordo? Sì, sì.
RispondiEliminaSpirito(so)!
RispondiElimina:-)