«Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana». Così Jan Palach in un suo quaderno, e su Wikipedia, in chiosa: «Non si è mai saputo se davvero ci fosse un’organizzazione come quella descritta da Palach». Beh, pare ci fosse. Trovo una lunga lettera di Pavlina Helenovska, pubblicata a puntate su Tempo (XXXI/7 – 15.2.1969 et segg.), che conferma l’esistenza di quella organizzazione, alla quale ella stessa apparteneva.
Penso basti a rimuovere l’immagine che di Jan Palach si è voluta costruire post mortem: uno squilibrato (per i comunisti) o un martire (per gli anticomunisti), follemente o eroicamente isolato. Era membro di un commando, la sua morte fu decisa a sorteggio.
non ho capito, gli altri perché non si uccisero?
RispondiEliminaVolpi Poche altre persone si uccisero; Non molte ma giustamente non vollero creare l'assuefazione e il ridicolo( seri rischi politico di questa forma di suicidio politico, come mostra il caso delle contemporanee proteste dei buddisti in Vietnam. Sarebbe interessante sapere come i cattolici anticomunisti italiani hanno riferito di questo suicidio a loro politicamente favorevole.
RispondiElimina