venerdì 14 settembre 2012

Giovanni Papini, La spia del mondo, Vallecchi 1955


6 commenti:

  1. Ma questa del Papini non è forse espressione dell'idea di verità già enunciata da Protagora 2500 anni fa... e recentemente goffamente accomunata a "dittatura"?

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  2. arrrgh! relativista!

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    1. Bravo, hai centrato il punto. E qui siamo nel 1955, ben dopo la conversione.

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    2. Considerato che la Chiesa in 2000 anni ha sostentutto tutto e il suo contrario un buon cattolico non puo' che essere un relativista!

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    3. Ehi, ho ricevuto un "bravo" da Malvino. Queste sono soddisfazioni!

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  3. Più che di relativismo, queste righe mi sanno di scetticismo. Per relativismo credo si possa intendere la sostanziale pari dignità di diversi sistemi di valori all’interno di una cornice di norme condivise, secondo l’approccio di Habermas, o comunque, per farla semplice, nel quadro di uno stato di diritto moderno. Per scetticismo, con le numerose sfumature e differenze che il termine ha assunto, si definisce la teoria, spesso fondata e argomentata razionalmente, dell’inattingibilità di una verità definitiva con i mezzi umani.
    Lo scetticismo fa parte del bagaglio argomentativo della Chiesa più o meno da sempre, per lo meno da quando fu sufficientemente forte da poter opporre la sua univocità dogmatica alla molteplicità e alla contraddittorietà dei discorsi filosofici. La commiserazione o l’irrisione la pochezza dell’intelletto umano e la molteplicità dei punti di vista sono soluzioni argomentative tipiche dello scetticismo antico, utilizzate dall’apologetica cristiana ogni volta che la sua autorità veniva minacciata dal libero esame e dal confronto: la modernità otto e novecentesca ce ne offre molti esempi. In particolare, queste forme di scetticismo sono sempre state utilizzate come armi contro le élite culturali, delegittimandone gli sforzi di conoscenza in nome di una verità già disponibile a tutti e di un’autorità ben consolidata a cui fare riferimento.
    Mi pare che la recentissima chiamata alle armi contro il cosiddetto relativismo segni una notevole inversione di tendenza, per un motivo sostanziale. Se, infatti, fino a poco tempo fa era possibile opporre a una molteplicità di discorsi razionali, filosofici e scientifici, l’unicità della rivelazione e della sua tradizione dogmatica, oggi sono evidenti questi elementi:
    i) l’offerta religiosa, anche per l’uomo della strada, è ampia e variegata;
    ii) non è più possibile scagliarsi contro le altre religioni in nome dell’ortodossia, anzi l’ecumenismo offre, per lo meno all’uomo della strada, un’immagine estremamente riconoscibile di questa varietà;
    iii) il discorso scientifico e razionale mostra, per lo meno all’uomo della strada, una solidità e una omogeneità argomentativa a tutta prova, e i conflitti tra le diverse teorie sono chiaramente percepibili solo agli specialisti.
    L’arma della confutazione scettica è pertanto inutilizzabile; diviene allora necessario, per recuperare uno straccio di credibilità, mostrare di essere in possesso di una pseudo verità in campi nei quali non è possibile procedere scientificamente, vale a dire nelle questioni etiche. La battaglia contro il relativismo è il risultato della sconfitta della dogmatica ad opera del pensiero scientifico o, se si vogliono utilizzare termini magniloquenti, della conclamata sconfitta della metafisica; essa è però anche, e soprattutto, un attacco diretto a quella cornice di norme condivise all’interno della quale è possibile la pari validità delle diverse concezioni, vale a dire allo stato laico moderno. Questo attacco diviene possibile a posteriori, in nome dell’incertezza etica prodotta dalla modernità razionale, ma mi pare chiaro che il suo vero obiettivo sia proprio questa modernità e la sua capacità di fondarsi razionalmente.

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