mercoledì 4 settembre 2013

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Anche se assai ridotta, la possibilità di sopravvivere ad un bombardamento a tappeto, anche estremamente intenso e prolungato, non è mai prossima allo zero come quando le ogive liberano sarin o nervino. Giusto, dunque, che l’uso di un gas neurotossico, soprattutto se ai danni di civili inermi, trovi condanna unanimemente più severa del caso in cui la strage sia compiuta con mezzi che non sottraggano alle vittime una pur limitatissima via di scampo. Mille volte più odioso, convengo anch’io. E tuttavia occorre dire che la morte da inalazione di gas neurotossici è estremamente rapida e praticamente indolore, come dimostrano le immagini delle vittime, sui cui volti è assente ogni traccia di sofferenza. Come nel caso dei curdi gasati da Saddam Hussein nel 1988, anche stavolta, le foto della carneficina consumatasi due settimane fa alla periferia di Damasco mostrano vittime che sui volti hanno espressione di dormienti: niente a che vedere con le facce mostruosamente deformate dalla paura e dal dolore che riscontriamo su altri cadaveri. Mi auguro che non si giudichino maliziosi gli esempi, ma sono i primi che vi vengono in mente: le foto dei giapponesi morti nelle settimane successive al bombardamento di Hiroshima, quelle dei vietnamiti fritti dal napalm nel terribile biennio 1963-64, quelle dei giustiziati sulla sedia elettrica dal 1890 (Stato di New York) al 2013 (Stato della Virginia) – chiedo – non sono oggettivamente più sconvolgenti? Le foto che da mesi e mesi giungono dalla Siria, e ci mostrano corpi straziati, e volti sui quali sono impressi i segni di una morte atroce – pare che dall’inizio della guerra civile ad oggi i morti siano stati 93.000 secondo alcuni, 110.000 secondo altri, 200.000 secondo altri ancora – sono meno terribili di quelle che ci mostrano i 1300 gasati nei sobborghi di Ein Tarma, Zamalka e Moadamyeh? No, ma sono questi ultimi a porre infine la questione di un intervento armato per fermare il massacro. Cioè, per meglio dire, per tentare di fermarlo.
Ora, però, sorge un problema. Alcuni giorni fa, Dale Gavlak, una giornalista dell’Associated Press, ha reso noto quanto le avevano rivelato dei ribelli insediati alla periferia Damasco, che si sono dichiarati responsabili della strage del 21 agosto: si è trattato di un errore – le hanno detto –  non sapevano che stessero sganciando sui civili bombe al gas sarin, erano ordigni arrivati dall’Arabia Saudita e non avevano capito di cosa si trattasse. Se un’azione punitiva è necessaria, e solo ora, perché solo ora si è fatto ricorso a gas letali – questa la tesi dell’amministrazione Usa – chi punire? I ribelli? L’Arabia Saudita? Macché. Sebbene al momento la notizia della Gavlak non abbia trovato smentita, si punirà Bashar al-Asad. Ora, solo ora. Fino ad ora non era necessario, adesso sì. È possibile una posizione più idiota? Sì, perché non c’è mai fondo al peggio. Ad essere contrari all’intervento armato in Siria è l’Italia, che fino a ieri, pur di essere fedele agli Usa, non se n’è perso uno, neanche quando i morti non cadevano gasati. E a che cazzo servono quei costosissimi F35 se basta digiunare con Bergoglio per risolvere i problemi? 

Aggiornamento Pare che la notizia riportata da Dale Gavlak non abbia fondatezza. 

37 commenti:

  1. The Oatmeal: http://theoatmeal.com/comics/syria

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  2. Questo post ha parecchi problemi, fin dalla prima frase.

    "Anche se assai ridotta, la possibilità di sopravvivere ad un bombardamento a tappeto, anche estremamente intenso e prolungato, non è mai prossima allo zero come quando le ogive liberano sarin o nervino."

    Come spesso le capita, caro Castaldi, lei utilizza il parlar forbito e il lessico scelto - "ogive" - per esprimersi apoditticamente su tutto, compreso, in questo caso, su temi di cui sa evidentemente pochino.

    Nella sua genericità la frase è stuzzicante, se non fosse che è sbagliata e fondamentalmente falsa. Il "bombardamento a tappeto" in sé non vuol dire molto, se non "tante bombe": tutto sta in quali, quante, dove, come, e il bombardamento di Amburgo con la famosa "tempesta di fuoco" non fu troppo diverso, per chi stava sotto, dall'utilizzo della bomba atomica. Lo stesso naturalmente vale per le armi chimiche come il sarin, che in genere sono così poco efficaci in campo militare da essere state utilizzate pochissimo nei decenni dopo la Prima Guerra Mondiale. Perfino il vento che tira dalla parte sbagliata può rendere controproducente l'attacco e disperdere la sorta di "nebbia" tossica che si cerca di creare. Il modo in cui si muore dipende altrettanto naturalmente dalla dose inalata. Ho letto un articolo su Scientific American dove diceva che, in basse dosi, il sarin provoca persistente dolore agli occhi. Quindi tutta quell'architettura sull'ontologia dei bombardamenti mi sembra una stupidaggine nobilitata dal bello stile.

    Ma io il grosso guaio lo vedo qui, perché è il passaggio chiave che apre alle conclusioni: "Sebbene al momento la notizia della Gavlak non abbia ricevuto smentita". Leggendo l'articolo si vede che la ricostruzione viene da singole interviste di combattenti sul campo. Queste non hanno bisogno di nessuna smentita, perché non sono una prova, come insegna qualunque analisi delle testimonianze men che ingenua e come un uomo di buone letture come lei, caro Castaldi, dovrebbe aver ben presente da Bloch prima ancora che da Stendhal, se si predilige il più nobile filtro della letteratura. Una ricostruzione di questo tipo va circostanziata con ben altro.

    La Gavlak non è "dell'Associated Press", è una freelance che negli ultimi anni ha collaborato anche con AP. La differenza è grande, tanto che il "Guardian" riporta la sua ricostruzione con estrema cautela (con molte meno certezze di lei, come si conviene al buon giornalismo), qui: http://www.theguardian.com/world/2013/sep/02/syria-crisis-questions-answered - chiamandola "indipendente". Secondo quanto scritto nel link di seguito, non era neppure in Siria: http://original.antiwar.com/dale-gavlak/2013/08/30/syrians-in-ghouta-claim-saudi-supplied-rebels-behind-chemical-attack/
    Dall'articolo della Gavlak, se qualcosa di buono si vuol trarre, mi pare che si possa trarre il dato già risaputo che gli stessi ribelli sono molto divisi al loro interno e che c'è pochissima fiducia reciproca, che arriva fino alle accuse. Queste le certezze. Il resto sono stupidate.

    Al momento gli USA dicono di avere le prove da fonti di intelligence, che finora non hanno mostrato (certo, come tutti sappiamo, diversi precedenti non fanno ben sperare); né Siria né Russia, d'altra parte, hanno portato le prove del contrario, tranne i ragionamenti "logici" del genere "che senso ha usare armi chimiche quando stiamo vincendo sul campo". Bisogna sospendere il giudizio e pensarci due volte, prima di dare per sicuro la prima cosa trovata in giro che dà materiale per il proprio arguto corsivetto.

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    1. Anche il suo commento ha parecchi problemi. In primo luogo, qui a fianco, sulla sua destra, c’è scritto: «I commenti anonimi hanno scarsa possibilità di essere editati». Quando si polemizza, infatti, e questo mi pare sia il suo intento, è inevitabile che gli argomenti e chi li espone divengano tutt’uno. Il suo commento è un esemplare saggio di come l’anonimato miri a procurarsi un vantaggio nel legare i miei argomenti alla mia persona e a trattarli come espressioni dei difetti che lei le imputa. Questo a me non è concesso anche se volessi usare la stessa arma, perché non so chi sia, anche se una mezza idea me la son fatta proprio per la natura dei rilievi che mi muove e ancor più per i toni. Avrei potuto cestinare il suo commento, dunque, ma poi ho pensato che questo le avrebbe dato modo di appuntarsi in petto la medaglietta di latta che è venuto a guadagnarsi. Sono certo che non vuole farlo a gratis, e dunque le rispondo. Comincio alla fine, con la sua definizione di «corsivetto» per un post su blog. Dev’esserle sfuggito anche ciò che è scritto, sempre qui a fianco, sulla destra, un po’ più in basso rispetto a ciò che le citavo prima: «Questo blog non rappresenta una testata giornalistica». Improprio il termine «corsivetto», dunque. Impropri, a maggior ragione, i rilievi che mi muove come se io fossi il responsabile di una testata giornalistica: qui avrei peccato di genericità, lì avrei fatto l’errore di ritenere affidabile chi non lo è, un po’ più in là avrei dovuto pensarci due volte e invece son stato apodittico… Lei, signor mio, assume posa da direttore che fa un cazziatone al suo redattore. Vorrà mica che le rida in faccia?
      Lei scrive che «”bombardamento a tappeto” in sé non vuol dire molto»: mi permetto di correggerla, è termine tecnico abitualmente utilizzato nei manuali di arte bellica (viene detto anche “bombardamento di saturazione”) e ha un preciso significato (bombardamento prolungato, intensivo ed indiscriminato di un’area). Così nel caso del termine «ogiva», che le ha dato sentore di un parlar forbito: tutt’altro, è termine che indica l’agente innestato sul vettore. In quanto agli effetti di un bombardamento con ogive contenenti esplosivo comparati a quelli di un bombardamento con ogive contenenti gas neurotossici, non mi pare di aver fatto considerazioni circa l’opportunità dell’uno o dell’altro: mi sono limitato a considerare che a parità di efficacia programmata ed eventualmente ottenuta, l’esplosivo lascia un pur minimo scampo e il gas no. D’altronde è proprio questo che in sede internazionale porta all’unanime severità di condanna del gas, ed è su questo punto che il post poggiava. In quanto al fatto che gli effetti del gas siano variabili al variare della dose inalata, non vedo quale peso abbiano come argomento quando si parla – come nel post – di dosi mortali.
      Vengo infine alla Gavlak. Non è dell’AP, ma ha collaborato con l’AP? Ben venga il distinguo, ma non vedo quanto conti rispetto a ciò che ho affermato: «Al momento la notizia della Gavlak non ha trovato smentita». Vuole sia più preciso? Io non ne ho trovato in giro, e la cautela del Guardian non mina la veridicità di ciò che la Gavlak scrive. È lei, piuttosto, che mi sembra trarne – capziosamente, in realtà – conclusioni affrettate e un po’ troppo strumentalmente anodine. Di fatto chi si prepara a punire il dittatore siriano, che a mio parere doveva essere punito almeno un anno fa, e si prepara a farlo perché egli avrebbe usato il gas, non fa chiarezza rivelando le prove che dichiara di avere a suo carico, né fa sgombro il campo dalla possibilità che i responsabili della strage del 21 agosto siano proprio i ribelli ai quali si intende dare una mano sul campo. Non sarebbe la prima volta che da premesse zoppicanti si arrivi ad un esito zoppo. E qui mi fa piacere che anche lei convenga. Saluti.

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    2. Commento anonimamente perché lei ne dà la possibilità, non so se perché la tecnica non le permette di fare altrimenti, e dunque si rassegni a che questo continui ad accadere e gestisca ogni caso come meglio crede (come già fa). Nessuna medaglietta da appuntare a nessun petto, anche perché non saprei proprio in quali arene potrei far sfoggio della divisa oltre che in questa stessa in cui stiamo discutendo, né chissà quale dolore se non avessi visto pubblicato il commento. Leggo che alla fin fine su una cosa siamo d'accordo: che prove sufficienti in un senso o nell'altro non ce ne sono, e che quindi parlare di un'ammissione di colpevolezza da parte dei ribelli, e non di vaghe testimonianze raccolte sul campo e non verificate, è come minimo una grossolana esagerazione che lei utilizza strumentalmente per sorreggere la sua tesi. E anche la sopravvalutazione della Gavlak mira a questo: suggerire che fino a "smentita", i colpevoli sono i ribelli e si finge di non vederlo. Per il resto, ha abituato i suoi lettori a ben maggiore precisione, di contenuti e di argomentazione, e non averla trovata in questo post mi ha spinto a una replica un po' infiammata. Se l'ho urtata me ne scuso. Saluti a lei.

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    3. @Luigi Castaldi
      "a parità di efficacia programmata ed eventualmente ottenuta, l’esplosivo lascia un pur minimo scampo e il gas no. D’altronde è proprio questo che in sede internazionale porta all’unanime severità di condanna del gas"

      Mi permetto di correggere in parte questa affermazione, le due motivazioni principali che portano alla condanna delle armi "chimiche" sono
      - la loro inefficacia tattica contro un qualsiasi esercito un minimo organizzato il ché le porta ad essere utilizzabili più contro obiettivi civili che contro target militari
      - la loro "economicità di sterminio": cioé se ad esempio voglio eliminare un'intera città usando i gas posso farlo agevolmente e in poco tempo, con armi convenzionali sono costretto ad uno sforzo militare intenso e prolungato

      Pritcher

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  3. Si ma gli F35 per adesso non gli abbiamo e quindi tutti a digiunare :-)

    Frank77

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  4. mah. Non c'ho capito una mazza di quello che sta accadendo in Siria. Avevo un amico siriano, molto osservante (come osservava lui i culi delle donne, nessuno mai), sempre ubriaco, il cui ramadan durava circa 15 minuti, che da un po' di anni, tornato a casa, protestava contro Assad, e me ne parlava. Perchè un pochetto laico era e la cosa gli piaceva, ma voleva pure la libertà vera, la dittatura lo infastidiva parecchio.
    Ora, pur avendolo perso di vista, tramite social noto che la sua verve di protesta non è terminata, però pare che tra questi ribelli quelli moderati siano i Fratelli Musulmani. Però è vero che il nemico del mio nemico è mio amico. Finche il mio nemico campa, quantomeno.
    Quindi non capisco, mi pare un altro Egitto, dove un sacco di ragazzi c'hanno rimesso le penne per la democrazia, poi alle elezioni il popolo ha votato il Bersani di turno e i baldi ragazzotti sembravano essersela presa in quel posto.
    Se in Siria dovessero barattare una dittatura con la sharia, mah.

    E capisco ancora meno Obama. Passi che doveva chiudere Guantanamo ed è ancora lì. Passi che l'ultimo presidente degli USA che non ha bombardato qualcuno o promosso un colpo di stato sfugge alla mia memoria. Ma o si interveniva dall'inizio, oppure la vignetta postata più su da giorgian c'azzecca.
    E coi recenti precedenti USA, il sospetto che si voglia eliminare qualcosa di scomodo usando un pretesto è fortino, se il 12/9 eravamo tutti americani, adesso il (legittimo) sospetto regna sovrano. Per cui, vada come vada, Obama ci farà comunque una figura di merda.

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  5. Io questo post lo condivido tutto, dalla prima all'ultima parola.

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  6. Mi ha lasciato moooolto perplesso la sicumera nell'affermare "che la morte da inalazione di gas neurotossici è estremamente rapida e praticamente indolore" basandosi esclusivamente sull'apparenza di alcuni cadaveri in fotografia.
    In rete ho trovato tutt'altra opinione:
    http://www.businessinsider.com/dying-chemical-weapons-incredibly-painful-scary-2013-8

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    1. Descrizione pittoresca ma poco rispondente alla realtà dei fatti. Come tutte le sostanze ad azione anticolinesterasica e antiacetilcolesterasica - e le sostanze che anche se impropriamente vengono detti "gas" (in realtà si tratta di "vapori") nervini, tra cui il sarin, appartengono a questa categoria - l'azione letale è sostanzialmente dovuta al blocco delle attività neurali che regolano attività cardiaca e respirazione. Nulla di paragonabile ad essere arso, schiacciato, smembrato, ecc.

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    2. la mia personale sensazione e' che la morte per sarin sia, di norma, rapida e relativamente indolore.

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  7. c'è da dire poi che è già saltato fuori che kerry ha strobazzato come prova del massacro una foto di cadaveri scattata in irak nel 2003. annamo bbene...

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  8. Già lo scorso maggio Carla Del Ponte, già procuratore capo del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, aveva formulato accuse nei confronti dei ribelli per l'uso di armi chimiche. Fu smentita dalla Commissione Onu (http://www.corriere.it/esteri/13_maggio_06/siria-del-ponte-armi-chimiche-usate-da-ribelli_3b5234e0-b636-11e2-9456-8f00d48981dc.shtml). Ora la Gavlak ribadisce le accuse. Mi chiedo cosa abbiano in mano realmente gli americani, perché stavolta Obama rischia di fare una figura di merda planetaria. Non si può far altro che attendere la relazione degli agenti Onu.

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    1. Chiedo scusa per la ripetizione di "già" all'esordio del commento. Svista.

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  9. Credo che il problema non vada posto, né in questo caso né in nessun altro che mi possa venire in mente ad eccezione della risposta a un attacco, in termini di "guerra giusta" ma in quelli, più modesti, di "guerra sensata". In altre parole, non si tratterebbe di fornire motivazioni moralmente condivisibili per una guerra, quanto di capirle se intervenire o meno abbia senso per una serie di scopi politici, militari e financo economici: in altre parole, per prima cosa cercare di capire cosa sta succedendo, cosa si vuole ottenere, come ottenerlo, quale prezzo per ottenerlo possa essere accettabile e se tale rapporto tra fini e mezzi abbia concrete possibilità di essere efficiente.
    A mio parere, quello che sta avvenendo in Siria è in larga parte una guerra per procura tra Iran e Arabia Saudita per l'egemonia nell'area: indipendentemente da chi siano davvero l'Esercito libero siriano e il regime di Assad, ormai entrambi i contendenti si reggono soltanto grazie all'aiuto di queste potenze esterne, come ha dimostrato con chiarezza il cambiamento delle sotri della guerra avvenuto dopo il massiccio ingresso di Hezbollah nella partita.
    Per semplificare al massimo, oggi il conflitto è essenzialmente tra Hezbollah e salafiti, e la vittoria di una delle parti trasformerebbe inevitabilmente la Siria in un regime clericofascista pronto a scatenare una nuova guerra arabo-israeliana, o in un regime clericofascista che trasformi la Siria in un puttanaio di ogni traffico di armi, denaro da riciclare e professionisti del terrorismo internazionale.
    Nessuno dei due risultati è auspicabile; il bello è che su questo sono tutti d'accordo: tanto il variegato blocco occidentale, che vede con legittimo orrore entrambi gli esiti, quanto la Russia, che preferisce che resti una ferita aperta a suppurare in una parte vitale del mondo su cui non esercita alcuna rilevante influenza diretta, né per gli stessi contendenti iraniani o sauditi, che richiederebbero di ritrovarsi con una vittoria troppo ingombrante da gestire.
    Di conseguenza, la cosa migliore che possa accadere è l'indefinito prolungarsi del conflitto, con buona pace della popolazione siriana; del resto, una delle funzioni precipue delle popolazioni, all'interno della politica internazionale, è la loro sacrificabilità. Ne deriva che, ora che le forze del regime sembrano vincere, sarebbe opportuno dar loro qualche bella botta decisa, approfittando del fatto che si tratta di masse di manovra attivamente impiegate sul campo, con catene di comando baricentriche, infrastrutture chiave e così via: tutta roba che sembra fatta apposta per essere colpita con qualche missile ben tirato, altro che i Talebani o gli insurgent iracheni. Così, con pochi colpi mirati, si otterrebbe il risultato di riequilibrare il conflitto, prolungandolo ulteriormente, con un intervento mirato, senza cauti propri e con pochi morti anche tra i cattivi e la popolazione civile. In questo quadro, la storia delle armi chimiche serve a fornire la giusta motivazione, o l'opportuno pretesto, per un intervento reso necessario innanzitutto da un sano calcolo di Realpolitik.

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    1. Quindi, sostanzialmente, Obama rischierebbe un altro Iraq per prolungare la guerra? Non capisco...

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    2. @Marcello non c'e' nessun Iraq in vista nel senso bushiano del termine perche' Obama ha escluso la presenza di truppe al suolo. C'e' un precedente poco noto della vicenda irakena ed e' l'Operazione Desert Fox con la quale Clinton indeboli' in modo cosi' forte l'apparato militare ed il prestigio (di fronte ai suoi stessi generali) che stava rischiando la deposizione. Tutto questo si scopri dopo la seconda disastrosa guerra irakena (quella di Bush piccolo, per intenderci). SE gli analisti militari avessero fatto bene il loro mestiere e l'Amministrazione americana svolto bene (ma esiste un bene in politica?) il proprio compito si sarebbero risparmiate due guerre almeno. Per il resto in tema di politica estera, nonostante i tentennamenti, molto piu affidabili di Democratici.

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    3. ... accidenti come ho scritto male l'intervento... ovviamente era Saddam a rischiare la deposizione, non Clinton... e molto piu' affidabili i Democratici rispetto i Repubblicani. Grazie per la pazienza accordatami.

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  10. Perché un altro Iraq? Non c'è un progetto di regime change, né la previsione di un intervento di terra. Semmai, il precedente di riferimento può essere il Kossovo, o la Libia. Solo che, secondo le dichiarazioni USA e per una serie di considerazioni pratiche, immagino che in questo caso ci si limiti a poche azioni, giusto il necessario per impedire ad Assad di vincere la guerra. In altre parole, si tratta di invertire l'inerzia della guerra, con un intervento che indebolisca il contendente attualmente più forte.
    Non voglio entrare in eccessivi tecnicismi, ma una faccenda del genere sarebbe facilmente gestibile in un contesto di questo tipo. Semmai, l'incognita, e non un'incognita da poco, sta nell'efficacia dei nuovi sistemi di difesa aerea russi, che potrebbe essere tale da far fare una bella figuraccia ai sistemi d'arma americani. Chiaro che per i russi sarebbe un bel colpaccio, perché sarebbe una straordinaria pubblicità per la loro industria degli armamenti, vale a dire per il loro settore di maggior successo nel commercio estero.

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    1. Con "un altro Iraq" mi riferivo alle cause che spingono Obama a intervenire. Hai scritto: "In questo quadro, la storia delle armi chimiche serve a fornire la giusta motivazione...". Ora, che sia in realtà una guerra tra sunniti e sciiti - o Arabia Saudita e Iran - per il controllo dell'area è chiaro, ma (soprattutto dopo il 2003) non puoi buttarti in un conflitto aggrappandoti ad accuse ancora da verificare. Tanto più se esiste il sospetto che siano stati proprio i ribelli a usare il sarin. Fui un sostenitore dell'intervento in Libia, specialmente dopo che Gheddafi disse di voler distruggere Bengasi (senza supporto di armi chimiche) e muoveva già soldati e mercenari per farlo davvero. Quando Assad fece la stessa cosa con Homs nessuno si mosse. Dopo due anni di massacri, se vuoi metterci il becco devi dire perché e percome. E devi essere più che convincente. Ecco tutto.

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    2. Mi sembra che il paragone con l'Iraq non regga neanche su questo punto: in quel caso, proprio perché l'obiettivo era l'invasione e il regime change, fu necessario impostare tutto il teatrino delle WMD, con Powell ad agitare la provetta di latte condensato alle Nazioni Unite. Qui si tratta di sganciare qualche bomba e basta il consenso del Congresso, peraltro già ottenuto.

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    3. Come volevasi dimostrare, la motivazione non era secondaria.

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    4. Chapeau ai russi. Dopo Snowden, è la loro seconda grande vittoria di quest'anno.
      I tedeschi, che da quando hanno smesso di far guerre son diventati furbi, hanno capito da tempo che bisogna fare asse con Mosca.

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  11. Quoto Urzidil e domando: se non ho capito male, Israele teme più la vittoria di Assad rispetto a quella dei suoi oppositori? E se sì, di conseguenza, l'intervento degli Stati Uniti (a mio avviso sbagliato) è determinato anche da questo fattore?

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    1. Sì, penso che Obama subisca forti sollecitazioni e condizionamenti all'interno del suo Paese:
      http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/05/siria-pressioni-dei-gruppi-pro-israele-su-obama-per-attaccare-damasco/702367/
      Mi dispiace molto per lui: è una figura che amo, e temo che con la Siria si stia cacciando in un vicolo cieco.
      I rischi che tutto sfugga alle previsioni e ai calcoli di tutti sono, a mio avviso, altissimi:
      Qui un approfondimento:
      http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/03/siria-spettro-della-guerra-mondiale-e-quello-concreto-della-guerra-commerciale/699326/

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    2. La lobby ebraica è decisamente sopravvalutata. Il suo potere è essenzialmente di interdizione, vale a dire è capace di impedire che gli Stati Uniti intervengano in modo sfavorevole a Israele e alle sue politiche più deteriori. Da qui a essere in grado di sollecitare un intervento diretto, ce ne corre eccome. Il caso del nucleare iraniano è emblematico, credo.
      Semmai, sarebbe probabile una certa influenza della lobby saudita, che è assai forte e ha guidato la politica americana in medio oriente per tutti gli ultimi anni.
      Mi stupisce però che ci sia ancora chi ama Obama, quando dovrebbe essere ormai evidente che il residente super politicamente corretto ha svolto due ruoli essenziali:
      1. Ha permesso agli USA di esportare in tutto il mondo la sua crisi del 2008, in particolare a danno dell'Europa, trasformando un crack del sistema bancario americano dovuto a una bolla immobiliare e finanziaria in un problema del debito sovrano dei paesi europei, con le conseguenze che sappiamo. Chi attacca la Merkel e le politiche di austerità mentre continua a provare affetto, stima e simpatia per Obama mostra di aver capito assai poco.
      2. In nome della chiusura delle avventure belliche del suo predecessore, ha popolato il mondo di droni armati, con cui compie uno sproposito di uccisioni extragiudiziarie a settimana, sotto la sua diretta responsabilità, di fatto militarizzando il ruolo della presidenza degli Stati Uniti. Chi ama Obama ed è pronto a stracciarsi le vesti ogni volta che Israele interviene a Gaza dopo una pioggia di Qassam e altre amenità dimostra di aver capito assi poco.

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    3. Il nostro debito pubblico era già a livelli record prima del 2008. Così come quello di altri Stati europei. Non sono un economista, mi limito a leggere, ma è la prima volta che sento un abbozzo d'analisi del genere. Non credo che la colpa ricada suObama se tutto il mondo investì in subprime che poi ebbero un tracollo; è stato un effetto domino.

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    4. Sottoscrivo il suo commento.
      Obama ha ereditato una situazione disastrosa, lascito esclusivo del suo predecessore.
      La crisi finanziaria statunitense, approdata da noi in Europa nel 2008, è dovuta unicamente alla politica sciagurata di Bush.

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    5. Con una riflessione piu' profonda e ben sintetizzata da urzidil Israele potrebbe avere maggiori convenienze dalla sconfitta di Assad, per contro con un ben identificato governo e' possibile intavolare trattative e stringere accordi... molto piu' difficile con dei comitati di salvezza pubblica. Detto questo ho visto su un sito d'informazione della comunita' dell'intelligence israeliana una vignetta in cui c'era un PRIMA dell'attacco con Obama in elmetto e un DOPO l'attacco con Netanyahu in elmetto. Facile capirne il senso, le azioni degli USA in questo contesto storico e geografico finiscono per mettere sotto pressione Israele. Onestamente negli USA non noto un particolare attivismo da parte degli ambienti filoisraeliani per l'intervento.

      P.S.: il Fatto Quotidiano sta alla politica estera come Topolino alla Criminologia ed il Commissario Basettoni alla Catturandi.

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  12. Che bello dividere il mondo in buoni e cattivi, vorrei tanto essere capace di farlo anch'io. Faccio notare, per la cronaca, che il programma di riacquisto dei titoli tossici detenuti da banche private (i famosi subprime e i relativi derivati), vale a dire il TARP, è stato delineato da W e applicato, con considerevoli ampliamenti, da Obama. Per "considerevole" intendo il passaggio da 747 a 900 miliardi di dollari. Tutto questo senza fare nulla per rafforzare la regolamentazione delle banche e prevenire un'altra bolla.
    In pratica, la soluzione adottata è stata quella di rifinanziare le perdite degli operatori creditizi con denaro pubblico senza chiedere nulla in cambio, con buona pace del "moral hazard". Il risultato di queste misure, e dei 787 miliardi del famoso pacchetto di stimolo (di cui 452 miliardi in sgravi fiscali, alla faccia della discontinuità con il programma economico di W), è stato una forte impennata del debito pubblico americano, a cui ha fatto seguito un sistema di controllo della spesa diretta che, di fatto, ha cancellato tutti gli investimenti in infrastrutture, istruzione, assistenza sanitaria, ricerca e solidarietà sociale contenuti nel pacchetto di stimolo.
    Il dato più importante, però, è che questo disastro dei conti pubblici americani avrebbe messo a rischio la credibilità del debito pubblico, svalutando il dollaro e riducendo il valore degli asset delle banche USA. Per questo è stato necessario indebolire il debito pubblico europeo, permettendo alla finanza americana di mettersi al sicuro. Qui è entrata in gioco la santa alleanza tra le agenzie di rating (che hanno svalutato il debito pubblico europeo proteggendo quello americano), della Fed (che ha continuato a immettere liquidità nel sistema finanziario) e della presidenza e del Dipartimento del Tesoro, che hanno fornito le coperture politiche necessarie.
    Il resto del mondo, che detiene la maggior parte del debito pubblico americano, ha dovuto accettare quella che, nei fatti, è stata un'operazione di svalutazione bella e buona. I soli che avrebbero potuto dire o fare qualcosa, vale a dire gli europei, si sono trovati di fronte a un attacco speculativo sull'euro, che è partito da condizioni periferiche oggettivamente patologiche, ma che si è infranto contro la solidità finanziaria dei Paesi "core".

    Ricordiamoci che McCain aveva promesso una revisione al ribasso del programma TARP e nessun pacchetto di stimolo: non ci sarebbe stato il disastro dell'esportazione del debito pubblico americano e del relativo crollo della disponibilità finanziaria in Europa, ma un bel programma di austerity interno, che avrebbe segnato un netto cambiamento di rotta rispetto agli anni di W.

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  13. Per inciso:
    1) In cosa, nello specifico, avrei diviso "il mondo in buoni e cattivi"?
    2)"... vorrei tanto essere capace di farlo anch'io". Ti sottovaluti; lo hai fatto molto bene nel tuo post precedente, tutto concentrato in un 'elogio al contrario' del Presidente americano.

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  14. 1. Non mi riferivo a lei, ma alla sua sodale Annamaria, piena di sentimenti amorosi verso l'attuale presidente.
    2. La ringrazio degli elogi, ma non ho mai pensato né affermato che Obama sia cattivo, solo che ha gestito la crisi finanziaria in modo assai svantaggioso per l'Europa.
    3. Ho cercato di rispondere nel merito. Cortesia vorrebbe che si facesse altrettanto.

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  15. http://www.repubblica.it/esteri/2013/09/09/news/quirico_finte_esecuzioni-66170486/?ref=HRER3-1

    Saluti

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  16. considerare una notizia valida in assenza di smentita è fare pessimo giornalismo; comunque, è stata smentita

    http://original.antiwar.com/dale-gavlak/2013/08/30/syrians-in-ghouta-claim-saudi-supplied-rebels-behind-chemical-attack/

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    1. Non faccio giornalismo, commento notizie. Quelle che ai giornalisti che le mettono in giro spetterebbe verificare prima di metterle in giro. Posso limitarmi solo ad aggiornare il post con la sua segnalazione. Anche se in realtà il post sollevava un'altra questione, ben oltre quella relativa a chi fossero i responsabili l'attacco chimico. Mi stia buonino, dunque, e giù quel dito da pedagogo.

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