Torno sulla faccia tosta delle gerarchie ecclesiastiche che dall’inizio di quest’anno, 150° dall’Unità d’Italia, cercano di rifilarci la schifosissima menzogna che il processo di unificazione nazionale ebbe il contributo anche della Chiesa. Ci torno perché, se si fa passare questa bugia, proveranno a farci credere che fu Pio IX a partire da Quarto, sbarcare a Marsala, ecc. Me ne dà occasione il resoconto che zenit.org ci offre del convegno, tenutosi a Roma il 26 maggio, su “Il contributo dei cattolici all’Unità d’Italia”, organizzato dalla fondazione Italia Protagonista, che fa capo ad autorevoli ex colonnelli di Gianfranco Fini, oggi neo caporalmaggiori di Silvio Berlusconi, e dall’associazione cristianista Cuore Azzurro, della quale è presidente – Dio, com’è piccolo il mondo! – l’autore dell’articolo su zenit.org. Ce la suoniamo e ce la cantiamo da soli, insomma, e il ritornello ripete che l’Unità d’Italia ebbe il contributo dei cattolici.
Ora, qui ci troviamo di fronte a una questione delicata. Per intenderci, è la stessa di quando si cerca di dimostrare che Pio XII fosse grande amico dei ebrei portando come prova il fatto che sette preti e cinque suore salvarono un tot di ebrei prima e dopo il 1943, come se il suo silenzio sul rastrellamento del Ghetto di Roma e la deportazione degli ebrei che i nazisti gli facevano sotto il naso sia da considerare un dettaglio. Mutatis mutandis, pare che siano stati identificati alcuni cattolici fra quanti volevano un’Italia unita.
Non bisogna avere pregiudizi: vediamo che si sono detti, i signori convegnisti, così vediamo di cosa si sono convinti e, soprattutto, di cosa vorrebbero convincerci.
“«C’è un rapporto inscindibile tra l’Unità d’Italia e storia del cattolicesimo», lo ha affermato monsignor Rino Fisichella. Ribaltando i luoghi comuni che indicano l’Unità d’Italia come una guerra contro il Vaticano, il Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione ha spiegato che «ne è passata di acqua sotto i ponti da quando un frate francescano fra Giacomo da Poirino venne sospeso a divinis con la colpa di essere andato al capezzale di Cavour e di averlo confessato in punto di morte»”.
Passaggio davvero interessante: pare che, passando, l’acqua abbia cambiato i ponti. Cavour scomunicato dalla massima autorità della Chiesa cattolica al pari di chiunque volle e fece l’Unità d’Italia, sospeso a divinis – sempre dalla massima autorità della Chiesa cattolica – il frate che si era azzardato a somministrargli gli estremi sacramenti, ma è passato tanto tempo, possiamo chiudere un occhio sull’accaduto, minimizzarne il senso. Sì, sembrerebbe proprio che la Chiesa fosse aspramente ostile a un’Italia unita, ma sono passati 150 anni, il tempo che fa di una inoppugnabile realtà storica un luogo comune.
«È vero – concede Sua Eccellenza – il non expedit è un fatto storico, ma nella Chiesa c’erano anche gruppi che lavoravano per la riconciliazione, i cosiddetti ‘cattolici transigenti’». Eccoli qui! Ecco gli immancabili equipollenti dei preti e delle suore che diedero aiuto a questo o a quell’ebreo! E chi furono – quanti furono – questi ‘cattolici transigenti’?
Lucetta Scaraffia ha provato ha indicarli nei membri di quelle “congregazioni di vita attiva, soprattutto quelle di origine piemontese come i salesiani e le figlie di Maria Ausiliatrice, o le suore carcerarie della marchesa di Barolo, [che] hanno realizzato una collaborazione fattiva con i governi che si sono susseguiti al potere nei primi decenni dell’Italia unita”. Sì, ma appunto dopo l’Unità d’Italia. Ma prima? Quanti e quali furono i cattolici che, sbattendosene della massima autorità della Chiesa cattolica, si spesero per l’Unità d’Italia? Lo ha detto il senatore Stefano De Lillo, dopo un breve inciso del senatore Maurizio Gasparri, per il quale “senza la religione cattolica, l’Italia non sarebbe quello che oggi è”. Chiuso l’inciso con un “grazie al cazzo”, veniamo a De Lillo, il quale non ha saputo fare più di due nomi: Antonio Rosmini e Silvio Pellico.
“Di Pellico il senatore De Lillo ha ricordato la grandezza umana e culturale. I suoi libri più famosi Le mie prigioni e I doveri degli italiani sono stati tradotti in più di 269 lingue, e sono ancora le opere italiane più diffuse al mondo. Per il senatore De Lillo «l’eroismo e i valori espressi nella battaglia per la libertà e per il rispetto dei diritti umani di Pellico è paragonabile a quelli del Mahatma Ghandi per l’India e di Nelson Mandela per il Sudafrica»”.
Sì, tutto perfetto, ma stiamo parlando dello stesso Pellico messo in galera dagli austriaci alleati col Papato contro l’Unità d’Italia? Rosmini, poi. Parliamo del Rosmini le cui opere furono messe all’Indice dal Sant’Uffizio?