venerdì 28 maggio 2010

Con l'8xmille alla Chiesa cattolica avete fatto tanto, per i soliti


Per il 2010, l’8xmille porta alla Chiesa cattolica 1.067.032.535 euro, e la Cei rende noto che 450.000.000 saranno destinati alle esigenze di culto, 357.000.000 al sostentamento del clero e solo 230.000.000 (un quinto del totale) a “interventi caritativi”, mentre 30.000.000 vengono accantonati.

Il Mussolini che Dell'Utri dà da bere a Berlusconi





Lasciamo la plebe di sinistra a strepitare tutto il suo sdegno screziandolo di amarissimo sarcasmo, e la plebe di destra a godersi il suo idolo che cita “un grande e potente dittatore, cioè Benito Mussolini”, sottoscrivendo. Cerchiamo di ragionare sgombrando il campo dai pregiudizi di chi vuole Silvio Berlusconi eterna vittima di maliziosi fraintendimenti e di chi lo dà per pazzo fottuto o finissimo criminale: entriamo nel merito.
La frase di Benito Mussolini che ha citato al vertice dell’Ocse sarebbe – ha detto – “nei suoi diari”, che “ho letto recentemente”. Di grazia, quali diari? Tutti i diari finora dichiarati di Mussolini sono stati indubitabilmente dimostrati falsi. Quale di questi falsi contiene la frase citata (se dal falso è stata citata in modo fedele)?
Impossibile dirlo con certezza, ma è molto probabile che si tratti dei falsi diari di Mussolini di cui Marcello Dell’Utri disse di essere in possesso nel 2007: indubitabilmente dimostrati falsi, da subito, perché contenenti nomi errati, errori grammaticali, discordanze cronologiche e – soprattutto – interi brani molto, troppo somiglianti a passi di articoli pubblicati sui quotidiani dell’epoca. Uno per tutti, cito Luciano Canfora (Tutti gli errori di un falsarioCorriere della Sera, 16.2.2007).
Dell’Utri non replicò e i diari non furono pubblicati come aveva annunciato, anzi, per qualche tempo non vi fece più cenno. Fino a qualche mese fa, quando ne parlò in una conferenza a margine di una Sagra del Risotto (Isola della Scala, 29.9.2009) e, ancora, due o tre settimane fa, in un’intervista concessa a El Mundo, come se quelle agende, che ha sempre dichiarato di aver acquistato dal figlio di un partigiano, fossero autentiche. Come tali le avrà date a bere a Berlusconi, e Berlusconi se l’è bevute.
Qui, se volete, potete lasciarvi andare a qualche battutina, ma io andrei avanti.

La caratteristica dei falsi diari di Mussolini che Dell’Utri ripropone come veri è quella di presentarci un dittatore buono, molto socialista, per nulla antisemita, abbastanza anticlericale, discretamente simpatico e – soprattutto – assai poco dittatore. La frase citata da Berlusconi starebbe a meraviglia in tale contesto: “Dicono che ho potere, ma io non ho nessun potere, forse ce l’hanno i gerarchi, ma non io. Io posso solo decidere se far andare il mio cavallo a destra o a sinistra, ma nient’altro”. Qui, però, bisogna lasciar cadere la questione della dimostrata falsità dei diari e cercare di spiegarci perché la frase in oggetto l’abbia tanto colpito.
Penso che la ragione sia autoevidente: “colui che era considerato come un grande e potente dittatore” in realtà non lo era, o comunque non si sentiva affatto tale (il che perorebbe attenuante in sede di giudizio storico). Il Mussolini in cui Berlusconi si specchia non si sentiva padrone del carro, ma solo cocchiere.
Nonostante tutto – folle plaudenti e controllo di ogni apparato dello stato – questo Mussolini, in cui a ragione Dell’Utri pensa che Berlusconi possa e voglia specchiarsi, è un buon diavolo: i suoi errori – se ve ne sono stati – hanno semmai avuto origine nel non aver potuto avere il pieno controllo sugli eventi. Insomma, Berlusconi torna a sognare il presidenzialismo come proprietà del paese, e siamo al prolungamento del decisionismo aziendale in politica.
Fin qui niente di nuovo. Il fatto è che mai specchio fu scelto così male: Mussolini ridusse da subito i suoi ministri e gli alti gerarchi del regime a semplici esecutori della sua volontà, al punto da ritenere inutili perfino le riunioni del Gran Consiglio, che sospese del tutto il 7 dicembre 1939, e per quasi quattro anni, fino alla fatale e ultima seduta del 25 luglio 1943.

giovedì 27 maggio 2010

Quasi un Saviano


Il passato di Sua Eminenza è diventato un poco imbarazzante, ultimamente. Ma non per colpa sua, poverino. È che sul suo curriculum ha la presidenza del Comitato organizzatore del Giubileo del 2000, che fece la fortuna mondana dei Bertolaso e dei Balducci: anche se sulla sua rettitudine c’è scommetterci, si sa, il mondo è cattivo e ci mette niente a tirarti dentro. Idem per quel piacere fatto a Lunardi in via dei Prefetti, nel 2004, perché un’azione buona fatta un ministro viene subito fraintesa. Idem per lo spoiling che potrebbe venirgli dal cardinale Sodano, di cui avrebbe dovuto prendere il posto alla Segreteria di Stato, e che lo fece presidente del Comitato, e che a quei tempi era un vero e proprio vicepadreterno, ma che oggi è un pochino in disgrazia (un nipote troppo disinvolto negli affari, legami troppo stretti con padre Maciel, bordate dal cardinale Schoenberg, ecc.) Insomma, il cardinale Crescenzio Sepe ha uno stramaledetto bisogno di far capire al mondo che con tutta questa gentaglia non c’entra niente – incrociati per caso, scurdammoce ’o passato – perché di suo è un paladino della legalità, e voilà, quasi un Saviano.

[...]

«Ci si devono abituare»

Per Alfio, che me lo segnala, è “un atto di estrema e vigliacca malvagità”. Concordo, ma non mi scandalizzo quanto lui.

Em Portugal


La Madonna assicurò alla piccola Lucia: “Em Portugal se conservará sempre o dogma da fé, etc.”, e a leggere ‘sto pozzo delle meraviglie che è il libro di José T. Martín de Agar (I Concordati dal 2000 al 2009, Libr. Ed. Vat. 2010) si scopre una parte di quell’“etc.” nella Conventio inter Apostolicam Sedem et Rem Publicam Lusitanam (pagg. 243-261), che poi sarebbe il Concordato del 2004 tra Vaticano e Repubblica del Portogallo.
Si scopre all’articolo 5: “Gli ecclesiastici non possono essere interrogati dai magistrati o da altre autorità in merito a fatti e cose di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero [por motivo do seu ministério]. Mica per cose di cui siano venuti a conoscenza in confessione, no, ma per ragione del loro ministero, che in un vescovo, per esempio, è anche la gestione della diocesi. In Portogallo, insomma, oltre al dogma della fede, si conserverà anche la libertà del vescovo di coprire il prete pedofilo che gli abbia rivelato di aver commesso abusi a danno di minori, sempre.

Bene, parliamo di quel mostro di Ugolino della Gherardesca...


Si può riassumere la Divina Commedia in tre righe o in cento lunghi pezzulli, uno ogni canto. Posso riassumerla anche copia-incollandola per intero, senza metterci virgolette, levando ciò che a mio parere è irrilevante e infilandoci un commento in parallelo. Chi mi vorrà negare un commento alla Divina Commedia? Senza prestabilire come e quanto io debba riassumerla, posso ricavarne un riassunto più lungo del testo, e che lo includa a brani. Insomma, “per riassunto” mi fa una pippa.

Diaconi


Su Avvenire parla Marco Ermes Luparia, il diacono-psichiatra che cura (anche) i preti pedofili: articolo imperdibile, sul quale tornerò ancora. Per il momento registriamo un dato che, da fonte tanto autorevole, ha enorme valore: il 2% dei preti ha il vizietto. Inciso: a fronte del 2‰ che si riscontra fra i laici. A questo punto sarebbe interessante il parere di un diacono-epidemiologo.

mercoledì 26 maggio 2010

Obama ha compiuto il miracolo


Per dover riassumere in modo così grossolano, un angolino di una pagina interna, per giunta pari, era il posto giusto. In realtà – ne parlavamo qui – le cose non stanno esattamente così: l’avvocatura della Casa Bianca esprime un parere, ma a decidere sarà la Corte Suprema, e non è detto che recepirà quegli argomenti. Di poi, è il Papa, in quanto capo di stato estero, a godere di immunità, non già la Santa Sede.

Sì, ma per l’occhio che scorre distrattamente sulla pag. 16 di Avvenire e coglie solo il titolo, Obama ha compiuto il miracolo.

La mappa degli abusi sessuali della Chiesa

Parliamo solo di quello che si sa, e del 1994 ad oggi (Il Post).

Una specie di immunità per il Segretario di Stato

“Qualcuno è caduto, sorpreso, dalle nuvole; qualcun altro ha tentato della facile ironia; altri ancora ha completamente manipolato il dato reale, affermando che se dovesse passare così com’è il disegno di legge in materia di intercettazioni, la magistratura dovrebbe, tra l’altro, chiedere l’autorizzazione al vescovo per poter intercettare un prete. La realtà è tutt’altra. Le modifiche all’articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del vigente codice di procedura penale, previste dal disegno di legge, sono nient’altro che la chiarificazione di una disposizione concordataria, e precisamente dell’articolo 2 lettera b) del Protocollo addizionale all’Accordo di Villa Madama del 1984, secondo cui «la Repubblica italiana assicura che l’autorità giudiziaria darà comunicazione all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici»”
Giuseppe Dalla Torre, Avvenire, 26.5.2010

Ha ragione, il Dalla Torre, e a fagiolo casca uno dei volumi che consigliavo qui sotto.


Quando il religioso è un prete, bisogna dare comunicazione al vescovo. Quando è un vescovo, si deve darne comunicazione al Segretario di Stato. Ma se ad essere oggetto di azione penale dovesse essere il Segretario di Stato, chi dovrebbe averne comunicazione? Non c’è scritto, e questo s’offre come inevitabile buco procedurale: il Segretario di Stato gode di immunità comunque, anche se non è scritto da nessuna parte, perché in Cassazione sarà sempre assolto, per omissione di notifica all’autorità ecclesiastica competente, che non è specificata.
Se all’azione penale a carico del religioso indagato/fermato/arrestato deve seguire la notifica all’autorità ecclesiastica dalla quale dipende, e questa notifica assume forma di garanzia, è incostituzionale che ne goda l’ultimo pretonzolo e un Bertone no. Ergo, qualsiasi azione penale a carico del Segretario di Stato parte zoppa, e inciampa in Cassazione: una specie di immunità, appunto.
Dal Segretario di Stato in su, c’è l’immunità dovuta al capo di stato estero.

Consigli per gli acquisti


José T. Martín de Agar, I Concordati dal 2000 al 2009, Libreria Editrice Vaticana 2010 (pagg. 318 - € 25,00)
Raccolta dei testi ufficiali di Concordati, Accordi, Convenzioni e Protocolli siglati nell’ultimo decennio tra Santa Sede e Albania, Andorra, Austria, Bosnia-Erzegovina, Brasile, Filippine, ecc. (con testi originali).

Gerd Theissen, Vissuti e comportamenti dei primi cristiani, Queriniana 2010 (pagg. 684 - € 65,00)
Tra le righe, un ricco album psicopatologico. Quasi trenta pagine di voci bibliografiche che da sole valgono metà del prezzo.

“È quello che stanno facendo anche gli altri paesi europei…”

Bonaiuti e Cicchitto, ieri, insistevano sulla europeità della manovra. Ora, sì, gli altri paesi europei stanno facendo una manovra finanziaria come la sta facendo l’Italia, ma non è la stessa manovra. L’omissione del distinguo pare intenzionale e strumentale, almeno quanto quella, ormai nei fatti, stile inconfondibile della cricca, tra l’urgenza e l’emergenza. Ciò che urge non necessariamente emerge, e viceversa.

Angelucci, chiesto il sequestro di sei cliniche: "Prestazioni irregolari o inesistenti" (la Repubblica, 25.5.2010)


Come se quelle fornite dai suoi giornali fossero genuine.

Atrox vs. Fuffi


Non c’è paragone rispetto ai tempi in cui si vedeva scorrere sangue e nell’aria c’era quel bel puzzo di carne bruciata: le contese di natura teologica ed ecclesiologica somigliano sempre più a squallide lotte clandestine di pitbull, quando va bene. Quando va male, oggi, tutto può ridursi solo a un Atrox vs. Fuffi: il dobermann ringhia, il barboncino guaisce e la questione è chiusa.
Posso capire chi preferisce il wrestling e si tiene alla larga dalle polemiche tra cattolico e cattolico: l’esito non è scontato e gli argomenti usati sul ring hanno un’intrinseca onestà intellettuale. Invece, tra cattolici tradizionalisti e cattolici progressisti – i tempi ci passano questo – ormai siamo al punto più basso della lunga storia di sgozzamenti tra cattolici, e nemmeno ci si sgozza più: si abbaia, si sbava, si mostrano i denti, e vince chi riesce a intimidire l’altro (*).
Ho detto “tra cattolici tradizionalisti e cattolici progressisti”, ma devo rettificare: per progressista può intendersi chiunque non sia abbastanza tradizionalista o mostri anche solo tolleranza verso i progressisti o addirittura non abbastanza intolleranza.

(*) Indispensabile la lettura dei commenti ai post linkati.


martedì 25 maggio 2010

Il furto e l'inganno



La tabella riportata qui sopra è relativa ai rimborsi delle elezioni politiche del 2008. Non è stato difficile trovarla in rete, e mi pare non sia difficile ricavarne due dati macroscopici: (1) la spesa elettorale accertata è sempre inferiore a quella dichiarata; (2a) pressoché tutti i partiti (fa eccezione il Psi, ma qui ci risparmiamo le ovvie battute) hanno un rimborso assai superiore alla spesa dichiarata; (2b) questo rimborso è di gran lunga superiore alla spesa accertata (talvolta enormemente superiore, come nel caso della Lega: circa 3 milioni di euro di spese accertate e oltre 41 milioni di rimborso).
Mi pare evidente che la formula “rimborso elettorale” sia sineddoche: i partiti rubano e ingannano insieme, cioè truffano. Inoltre, lo fanno in compiaciuto disprezzo per i loro elettori, gli stessi che nel 1993 espressero parere referendario contrario al finanziamento pubblico dei partiti.

Nella bozza della manovra di cui si parla in queste ore si legge un capitolato dal bel titolo: “Riduzione dei costi degli apparati politici”. Uno rimane positivamente impressionato. Poi va al dettaglio e al paragrafo relativo ai “rimborsi elettorali” trova: “Dimezzato il contributo di 1 euro quale moltiplicatore per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati”.
Significa che sono dimezzati i rimborsi? Vediamo un po’ rispetto a cosa: “Nel 1999, [...] i «rimborsi elettorali» [...] furono portati in un sol colpo da 800 a 4.000 lire. [...] Nel 2002, [...] si passò da 4.000 lire a 5 euro a legislatura (1 euro l’anno [quello cui si fa riferimento della bozza]) per ogni italiano iscritto alle liste elettorali di Montecitorio [...] Totale, 20 euro a cranio per ogni quinquennio, indipendentemente da quanti davvero vanno a votare. E siccome gli iscritti alle liste elettorali di Montecitorio sono 50 milioni tondi, la bolletta che gli italiani pagano ai partiti ha raggiunto la cifra stratosferica di un miliardo di euro per cinque anni: 200 milioni l’anno. Con l’aggiunta di un simpatico bonus, introdotto, anch’esso alla chetichella, nel2oo6. Nel caso di fine anticipata della legislatura, infatti, i contributi elettorali continuano a correre. Per il triennio che si conclude nel 2011, quindi, razione doppia per Camera e Senato. E invece di 200 milioni, eccone 300” (Sergio Rizzo - Corriere della Sera, 25.5.2010).

Ciò detto, la manovra dimezzerà i rimborsi? Continuerà ad esserci furto; in quanto all’inganno, resterà intatto per oltre il 70% e per il restante 30% sarà coperto da un altro inganno.

Non è tutto bigottume quello che fa ridere



Galileo Galilei scriveva in modo maledettamente semplice, e in più era testardo. Non al punto da farsi ammazzare, certo, però su quella questioncella dell’eliocentrismo ci andò vicino. Niccolò Copernico era diverso. Sapeva – o forse sarebbe meglio dire: intuiva – che a turbare l’universo tolemaico si rischiava grosso con le gerarchie ecclesiastiche, sicché tenne per sé e pochi intimi i risultati delle sue ricerche, evitando di darli alle stampe fin quando gli fu possibile, anzi, avendo scrupolosa cura nello sminuire l’entità di quella “rivoluzione” che poi avrebbe preso il suo nome. Il libro con il quale sarebbe divenuto famoso, il De revolutionibus orbium coelestium, quello nel quale il geocentrismo andava a farsi benedire, fu pubblicato poco prima della sua morte ed ebbe la sorte che solitamente toccava a tutto ciò che non piaceva alla Chiesa di Roma, finendo nell’Index librorum prohibitorum a Summo Pontifice, la lista della roba da bruciare, nel 1616.

Qui mi fermo, perché storie come queste mi fanno perdere la calma, e la scrittura mi si increspa, e mi prende una gran voglia di menar le mani. E quindi lascio continuare a Giuseppe Longo, che scrive di scienze per il giornale dei vescovi e proprio oggi dava conto della “completa riabilitazione” di Copernico da parte della Chiesa di Roma, tre giorni fa: “Nel corso della cerimonia il primate polacco Józef Zycinski ha deplorato «gli eccessi di zelo dei difensori della Chiesa» [e] ha dichiarato che la Chiesa cattolica è fiera che Copernico abbia lasciato alla città [Frombork] un grande lascito, fatto di «duro lavoro, di devozione e soprattutto di genio scientifico». Così, 467 anni dopo la morte, Copernico è stato completamente riabilitato”.

È l’umorismo involontario d’un bigotto o la sottilissima ironia d’un laicista che da gran figlio di puttana è riuscito ad infiltrarsi – chissà come – nel ventre molle dell’editoria cattolica? La chiusa fa propendere per la seconda ipotesi: “Si aggiunge un tassello importante al mosaico che sta configurando una progressiva convergenza tra le conquiste della scienza e la posizione della Chiesa”.
“Progressiva convergenza”, solo un gran figlio di puttana può nascondersi così bene.

Il caso Boffo ha lasciato il segno ad Avvenire



“Berlusconi sostiene di non aver mai avuto neppure paura che la magistratura potesse stroncargli la carriera politica...”.
Aspetta, “aver avuto paura” è irrispettoso, meglio “aver temuto”
Ma “paura” resta. Quella del giornalista.

Il grilletto


Nella prolusione con la quale ha aperto l’Assemblea generale della Cei, ieri, il presidente Angelo Bagnasco ha ripreso l’argomento usato da Francesco D’Agostino in un editoriale dedicato al 150° dell’Unità d’Italia (Avvenire, 5.5.2010), che ho già commentato (qui).
Dalla banale distinzione tra stato e nazione, D’Agostino arrivava a questo: “L’Italia, da un punto di vista culturale, artistico, linguistico e soprattutto religioso, era già unita da secoli e secoli [prima del 1861]; e qui, come ho già scritto, andava sottolineato il “soprattutto”, nel quale è posta la tesi che una nazione trovi identità “soprattutto” nel culto religioso che nella sua storia si ritrova vincente sugli altri. Il che implica due assunti: che nazioni tradizionalmente multiconfessionali come quella indiana sia “meno nazione” di quella italiana, la quale invece è tanto monoconfessionale da aver avuto fino all’altrieri addirittura una propria religione di stato, e proprio nel cattolicesimo, che era religione di stato addirittura nel Regno di Savoia; in secondo luogo, che l’Unità d’Italia sia evento notarile sul piano storico, perché “già molto, molto prima di costituirsi in Stato unitario, l’Italia si era già costituita, attraverso la sua lingua, i suoi costumi, la sua arte, la sua religione in nazione e tra le più antiche d’Europa”.
In questo secondo assunto è posta un’ulteriore tesi – a corollario della prima, o forse tesi autonoma, chissà – per la quale l’Italia non esiste se non nell’omogeneità di lingua, costumi, arte e religione, tutta roba più affine al sangue che al suolo. O a un suolo culturalmente egemonizzato.
Tutto questo, in Bagnasco, assume forma di manifesto: “I credenti in Cristo continueranno a sentirsi, oggi come ieri, tra i soci fondatori di questo paese”.

Com’è che questa nazione così antica, identitariamente così cristiana, è arrivata così tardi a darsi uno stato unitario? Chi vi si è opposto? E com’è che proprio il Papato, vertice del cristianesimo, è stato così a lungo ostile a questa unità, prima, durante e dopo? È evidente: prima, durante e dopo, quella Unità d’Italia non piaceva al Papa, per il semplice fatto che sanciva sul piano politico l’egemonia papale sull’Italia.
Ma, insomma, questa nazione italiana – che è cosa “soprattutto religiosa”, non dimentichiamo – voleva o non voleva l’unità statuale? Sì, ma probabilmente la voleva sotto il Papa. Non voleva l’annessione dello Stato Pontificio al Regno di Savoia, semmai il contrario. Poi, dopo un mezzo secolo e più, si è rassegnata a tenersi uno stato laico, rinunciando al Papa-Re. Non c’è contraddizione?
Bagnasco non teme le contraddizioni: “La questione in particolare dei rapporti tra Stato e Chiesa, e di conseguenza l’esplicazione di una autentica laicità, è stata per noi italiani una vicenda forse un po’ più complessa che per altri, costata dibattiti e lacerazioni che hanno tormentato le coscienze più vigili; ma oggi − per i termini in cui è definita (cfr Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana di modifica al Concordato Lateranense, 18 febbraio 1984) − essa si presenta come un approdo di generale soddisfazione”.
Tutte le contraddizioni? Finiscono in Concordato. E tuttavia sia chiaro: “È «l’interiore unità» e la consistenza spirituale del paese ciò che a noi vescovi oggi preme”. È il grilletto che vi si dovrebbe premere.

lunedì 24 maggio 2010