Alberto Ronchey scrive che “niente obbligava le autorità italiane a disporre opere pubbliche come quelle pretese dalla controparte vaticana in vista del Giubileo”, e come esempi cita “il temerario sottopasso di Castel Sant’Angelo e il raddoppio della galleria Principe Amedeo come il parcheggio da scavare sotto il Gianicolo e altro ancora” [1]; e cita “Concordato tra Chiesa e Stato del 1929, primo articolo, secondo comma” [2] e “Concordato del 1984, secondo articolo, quarto comma” [3] per far presente che allo Stato non toccava alcun obbligo di spesa.
E però sappiamo che il denaro pubblico è per sua natura smanioso di finire nelle tasche dei furbi e cerca occasioni di grandi opere, che necessitano di grande spesa: più grossa è la spesa, più cresce la smania, più furbi la soddisfano. O riduciamo al minimo il denaro pubblico, e impariamo ad essere liberali, o ammazziamo i furbi, e ci facciamo giacobini, oppure – e questa è la tipica soluzione all’italiana – cerchiamo di prendere la cosa come naturale, da governare entro i limiti di una normale corruzione di fondo, redarguendo qua e là gli eccessi di avidità, favorendo nei limiti del possibile una fertilità del sistema di corruttela, fino a capillarizzarla in familismo amorale, passando per l’amor di campanile…
Scusate, mi stavo facendo prendere dall’entusiasmo, è che venivo fresco fresco dalla lettura di un manifesto di questa terza via all’italiana: “Per parafrasare l’epico [epico] gesto di Craxi alla Camera nell’aprile del 1993, quando chiese ai deputati di alzare la mano se in grado di giurare che i loro partiti non erano mai stati finanziati in modo irregolare o illegale, permettetemi di dire: alzi la mano quel sindaco, quel pubblico amministratore, quel funzionario di destra, di centro, di sinistra, del sud e del nord, d’Italia o d’Europa, che non abbia favorito lobbies di potere nel settore amministrativo di sua pertinenza e non ne abbia ricevuto in cambio favori, in convergenza di interessi legale, magari, ma certo secondo questo metro non legittima. Alzi la mano che gliela taglio. [In pratica: così fan tutti, ergo è cosa naturale. E tuttavia, sì, converrà che la corruzione sia saggiamente governata.] L’unico modo di ridurre il peso delle cricche, senza pretendere moralisticamente [moralisticamente] di eliminarle, è una legislazione semplificata e severa, una buona cultura del pubblico capace di imporre il disprezzo invece dell’ammirazione per i comportamenti antisociali, un esercizio decisionista dell’autorità sotto la sorveglianza della stampa e dell’opinione pubblica. [E la legge-bavaglio?] La strada del terrore giudiziario, della forzatura di legalità, porta – come avvenuto per le inchieste sulla corruzione di Milano – in un vicolo cieco. O peggio” [4].
Sì, ma peggio per chi? Per chi né vuole prevenirla, né vuole eliminarla, la corruzione. Per chi la ritiene fisiologicamente sostenibile, se funzionale alla fisiologia del sistema. Tutt’è prendersi cura del sistema.
E guardiamolo da vicino, il sistema. Almeno in quel braccio mosso dalla leva del Giubileo del 2000: “Non si conquista la rielezione a sindaco di Roma senza rapporti stretti con il Vaticano,il Vicariato, lo stesso Papa che concede una visita benedicente in Campidoglio, l’influente cardinale Silvestrini che ha benedetto le nozze in chiesa di Francesco Rutelli e consorte dopo nove anni di unione civile, il volontariato cattolico e le associazioni confessionali di base. Certo, le alte sfere vaticane chiedevano all’amministrazione capitolina grandi lavori pubblici per il Giubileo e il sindaco ha potuto mantenere solo in minima parte le sue promesse. Ma l’intesa, malgrado il malumore di qualche inflessibile prelato, resiste a qualsiasi prova o disavventura. […] Il sindaco rieletto viene anche nominato Comitato straordinario del governo a Roma per il Giubileo” [5].
Il braccio della leva va articolandosi attorno a Rutelli: “Sono le grandi opere per l’Anno Santo la fucina da cui nasce il «sistema Balducci». All’epoca del Grande Giubileo del 2000 Angelo Balducci, Gentiluomo di Sua Santità e consultore del dicastero vaticano delle Missioni, è provveditore alle opere pubbliche del Lazio e lavora in stretto coordinamento con il commissario straordinario per il Giubileo, Guido Bertolaso. Entrambi hanno come riferimento il sindaco di Roma, Francesco Rutelli, regista laico dell’Anno Santo e il suo «omologo» nei Sacri Palazzi, Crescenzio Sepe, segretario generale del Comitato organizzatore del Giubileo. A completare la «task-force» rutelliana per l’Anno Santo sono gli attuali parlamentari Paolo Gentiloni e Luigi Zanda” [6].
“Niente obbligava le autorità italiane a disporre opere pubbliche come quelle pretese dalla controparte vaticana in vista del Giubileo”, scrive Ronchey, ma “alzi la mano quel sindaco, quel pubblico amministratore, quel funzionario di destra, di centro, di sinistra, del sud e del nord, d’Italia o d’Europa, che non abbia favorito lobbies di potere nel settore amministrativo di sua pertinenza e non ne abbia ricevuto in cambio favori”, alzi la mano, e c’è un arcitaliano che gliela taglia. La leva è naturale e il braccio, poi, può tornare utile di sindaco in sindaco, di amministratore in amministratore, di funzionario in funzionario – di destra, di centro, di sinistra, che importa? – nell’autoperpetuarsi del sistema.
[1] Alberto Ronchey, Accadde a Roma nell’anno 2000, Garzanti 2000 – pagg. 19-20
[2] “In considerazione del carattere sacro della Città Eterna, sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico e meta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto con detto carattere”.
[3] “La Repubblica italiana riconosce il particolare significato che Roma, sede vescovile del Sommo Pontefice, ha per la cattolicità”
[4] Giuliano Ferrara, Il Foglio, 21.6.2010
[5] Alberto Ronchey, op. cit., pagg. 23-24
[6] Giacomo Galeazzi, La Stampa, 13.2.2010