Il grosso della “sporcizia” che Joseph Ratzinger rimproverava alla Chiesa, al Colosseo, il 25 marzo 2005, era il carrierismo, non la pedofilia, così ci suggerisce il vaticanista che fino a l’altrieri ha lodato la determinazione mostrata da Benedetto XVI nel far pulizia della “sporcizia” della pedofilia, suggerendoci che fossero gli abusi sessuali su minori il grosso di quella, almeno per Joseph Ratzinger, fin dal 2005. E qui, signor vaticanista, dobbiamo metterci d’accordo: a ogni comandamento che i preti si mettono sotto i piedi – prima il sesto, poi il settimo, il prossimo sarà l’ottavo? – non possiamo cambiare esegesi di quella cazzo di Nona Meditazione. Una volta per tutte: cos’era più sporco, per l’aspirante papa, stuprare bambini o intrallazzare?
Andiamo alla fonte? Andiamoci. “Non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”.
Indubbiamente, sì, è “sporcizia” che calza meglio addosso ad un intrallazzatore. Ma allora perché ci è stato fatto credere che Joseph Ratzinger ce l’avesse soprattutto con i pedofili? Sarà mica che al prossimo scandalo – chessò, traffico internazionale di droga – scopriamo che “sporcizia” dovesse correttamente tradursi “eroina”?
Decidiamo una volta per tutte: se non è di tutto un gran pattume, la Chiesa, dove troviamo il grosso nella differenziale?
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