Immaginate d’essere un marziano a Roma, però in incognito. E immaginate d’essere piovuto in Piazza San Pietro nel corso della messa che sta chiudendo l’Anno Sacerdotale: migliaia di preti, venuti lì da ogni parte del mondo. Naturalmente, da marziano, vi è oscuro il senso del termine, ma intuite che quei tizi assai diversi fra di loro per colore, forma e peso abbiano una cosa in comune che peculiarmente li contraddistingue sopra ogni cosa, e vi chiedete cosa.
Non avete che da porgere uno dei vostri sei meati uditivi, parla il loro boss: “Il sacerdote non è semplicemente il detentore di un ufficio, come quelli di cui ogni società ha bisogno affinché in essa possano essere adempiute certe funzioni. Egli invece fa qualcosa che nessun essere umano può fare da sé: pronuncia in nome di Cristo la parola dell’assoluzione dai nostri peccati e cambia così, a partire da Dio, la situazione della nostra vita. Pronuncia sulle offerte del pane e del vino le parole di ringraziamento di Cristo che sono parole di transustanziazione – parole che rendono presente lui stesso, il Risorto, il suo corpo e suo sangue, e trasformano così gli elementi del mondo: parole che spalancano il mondo a Dio e lo congiungono a lui”.
Facciamo conto che su Marte siate tipi perspicacissimi e che questo vi sia bastato a cogliere l’essenza del cattolicesimo: vi rimane comunque un buco: cosa fa speciale questo umano detto prete? “Dio si serve di un povero uomo – dice per colmarvelo – al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore”, sì, ma perché proprio di lui? Perché lui ci si sente portato: sente che Dio stesso lo chiama a fare quel “qualcosa che nessun essere umano può fare da sé”. Ma l’onnipotente – chiederete voi – non poteva dotarne ogni essere umano? Obiezione tipicamente marziana che sulla Terra non ha senso: noi siamo fatti così, tendiamo a delegare le questioni personali, anche il rapporto con Dio, quando siamo credenti, e soprattutto quello, quando siamo cattolici.
Altra obiezione senza senso, almeno qui da noi, è quella relativa a cosa dia la garanzia che un prete sia indispensabile nel rapporto con Dio, a cosa certifichi l’indispensabilità di quelle “parole che spalancano il mondo a Dio e lo congiungono a lui”: è la stessa sua vocazione, ne fa garanzia un altro prete che lo fa prete.
Su Marte la chiamate tautologia e non l’avete in buona considerazione, ma qui da noi è il non plus ultra: con le tautologie riusciamo a costruire l’inverosimile e, più è inverosimile, più la tautologia ci sembra spiegar tutto. Dunque non vi stupite più di tanto se sentite: “Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua, questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola «sacerdozio»...”; si tratterebbe dell’audacia dei sacerdoti, ma la tautologia la fa diventare “audacia di Dio”.
E allora non state a strabuzzare il vostro papillario ottico se il papa esprime “gratitudine per il fatto che Egli si affidi alla nostra debolezza” come se la vocazione fosse – di per se stessa – prova provata di un forza nel debole, di una virtù nel fetente e di una grazia nell’ordinato: su Marte fate come vi pare, qui da noi usa così.
“È successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio – dice – siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti, soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario. Anche noi chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più; promettere che nell’ammissione al ministero sacerdotale e nella formazione durante il cammino di preparazione ad esso faremo tutto ciò che possiamo per vagliare l’autenticità della vocazione e che vogliamo ancora di più accompagnare i sacerdoti nel loro cammino, affinché il Signore li protegga e li custodisca in situazioni penose e nei pericoli della vita”.
Su Marte ci sarebbe una contraddizione, so bene: il prete, che prima, anche se debole, trovava ogni sua forza nella vocazione e nel fatto che questa fosse certificata come genuina da un altro prete, non essendo fin lì venuto alla luce alcun abuso da lui compiuto su un minore, qui – di colpo – perderebbe ogni forza e la sua debolezza porrebbe dubbi sulla stessa autenticità della sua vocazione. Contraddizione su Marte, forse, qui da noi è solo apparente: la vocazione è autentica fino a quando non è più autentica, e nell’un caso e nell’altro a stabilirlo è un altro prete. In definitiva, l’autenticità della vocazione è garantita per ciascun prete dall’insieme dei preti.
“Se l’Anno Sacerdotale avesse dovuto essere una glorificazione della nostra personale prestazione umana, sarebbe stato distrutto da queste vicende”, e qui sembrerebbe che i preti non siano mera corporazione: “dono di Dio”, piuttosto. E però questo “dono di Dio”, che “rende concreto in questo mondo il suo amore” anche “attraverso tutta la debolezza umana” dei “vasi di creta” che sceglie, non è più tale solo quando la corporazione svuota il vaso, sicché “consideriamo quanto è avvenuto quale compito di purificazione”. La corporazione resta pulita disfandosi dei membri di cui gli abusi siano venuti alla luce: per tutti gli altri fa garanzia la vocazione, in assoluto.
Com’è da voi su Marte? Avete anche da voi una corporazione che si occupa del vostro rapporto con Dio? Anche da voi ciascun membro di questa corporazione offre garanzie da sé, in forza della vocazione? E accade anche da voi che queste garanzie perdano valore solo quando (e se) la corporazione gliene sottrae l’autentica? Insomma, avete pure voi un Dio così corporativo?
La preclara Gilda dei Maghi
RispondiEliminadelle magie virtuali
virtuale fa ammenda
delle fattuali magagne
modesta si prostra
a Cristi d'aria o vernice
orgogliosa s'esalta
sui cristi di misera carne.
malvino sei immenso.
RispondiEliminachiesa oltre che corporativa anche parastatale (8 per mille, seppure in crollo netto)
Ma in fondo si sono sempre presa cura dei bambini, qualche secolo fa li compravano dal popolo che affamavano e li mettevano al sicuro nella cc, e per evitargli guai li castravano...
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