In relazione a un post del 9 maggio (Avido, l’ebreo), nel quale affermavo che l’antisemitismo razziale ha radici nell’antigiudaismo teologico che ha il primo teorizzatore in Giovanni Crisostomo, un lettore mi scrive per chiedermi in cosa abbia radice l’antigiudaismo teologico, proponendo come ipotesi il materiale che lo stesso Giovanni Crisostomo trae dai Vangeli, dagli Atti degli Apostoli e dalle Lettere di Paolo. Non sono della stessa idea: l’uso di questo materiale, nelle sue otto omelie adversus judeos, è palesemente strumentale (come abbondantemente dimostrato da Jules M. Isaac in Jésus et Israël). L’antigiudaismo nasce tra il III e il IV secolo: nella letteratura antecedente a questo periodo non vi sono “insegnamenti al disprezzo” degli ebrei e, anzi, almeno fino a Paolo, gli ebrei continuano ad essere “popolo eletto” anche non avendo riconosciuto in Cristo il Messia. Proprio partendo dalle Lettere di Paolo, in Jeshù ha-nozerì, Joseph G. Klausner arriva a dimostrare che fra i primi cristiani, almeno fino al I/II secolo, fosse opinione corrente che gli ebrei avessero consegnato Gesù a Pilato solo per sottrarsi alle conseguenze che sarebbero potute venire dai romani in reazione a ciò che l’insegnamento di Cristo faceva fraintendersi come movimento di resistenza all’occupazione. Lo studio di Klausner mi pare convincente e basta una lettura della Lettera ai Romani (3, 1-2; 9, 4; 11, 1; 11, 11-12; 11, 29) per constatare che in Paolo v’è intento di proselitismo verso gli ebrei, ma mai una chiara accusa di deicidio. Come e perché sia nato l’antigiudaismo cristiano è faccenda complicatissima, ma è proprio il fatto che se ne abbiano le prime tracce nel III/IV secolo che può spiegarlo: è il momento in cui il cristianesimo diventa religione di stato e Gerusalemme comincia ad essere trasformata lentamente in città bizantina, con qualche resistenza da parte degli ebrei...
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