venerdì 18 giugno 2010

La privacy, quando ci pare


Il Foglio ha scoperto la sacralità della privacy. Quando si tratta di piazzare un manipolo di ciellini in un centro per l’interruzione volontaria di gravidanza, passi. Quando si tratta di piazzare i body scanner negli aeroporti, pure. Ma quando si tratta di tutelare i momenti di intimità tra Agostino Saccà e Silvio Berlusconi, la privacy è cosa sacra: “basilare diritto del cittadino”, così recita l’appello in prima pagina.
In calce trovi la firma di Pierluigi Battista, che sui body scanner non più di sei mesi fa scriveva: “C’è sempre qualcosa di imbarazzante nello sguardo altrui che oltrepassa la soglia della pelle di ciascuno, scavalca la frontiera dell’invisibile che ciascuno di noi comprensibilmente custodisce come una sfera inviolabile. Ma non si rendono conto che quella frontiera è già stata sgretolata da intrusioni forse più immateriali ma non meno invadenti, prepotenti, arroganti. E allora perché allarmarsi proprio quando, in cambio di un momentaneo passaggio sotto l’occhio tecnologico che guarda nel corpo, si può incrementare la ragionevole certezza che il tuo viaggio non sia l’ultimo della vita?” (Corriere della Sera, 7.1.2010). Mi pare che la questione fosse ben posta: la privacy dell’individuo contro la sicurezza della collettività. Ma la collettività non ha alcun diritto di difendersi dalla corruzione? Spesso non fa più danni più di un attentato?
Appello in difesa del “diritto alla riservatezza”, contro quanto arrivi a “interferire nelle vite degli altri”, fino a “penetrare nei luoghi più reconditi e sacri del privato”: e sta sulla prima pagina di un giornale che invocava la presenza dei volontari del Movimento per la Vita alla Mangiagalli di Milano, a ravanare nelle ragioni che lì portavano una donna ad abortire.
Appello in nome di un “principio liberale”, perché, quando si tratta di parare il culo ai suoi compari, Giuliano Ferrara adora il liberalismo. Neanche gli salta per la testa l’idea di far risalire la nascita dell’“intimità” a punto in cui la necessità di coprirsi è tutt’uno con la coscienza del peccato (Gen 3, 8-11): il peccato, qui, non c’entra.
Ed ecco, dunque, che quel tanto vagheggiato progetto di società da rieducare alla morale giudaico-cristiana di colpo può fare a meno del concetto di peccato: almeno ai suoi compari spetta una zona franca, quella dell’inviolabile privato. Sul privato dei poveri cristi, invece, quello che riguarda l’intimità dei loro corpi e delle loro vite, Il Foglio non fa sconti: è roba di interesse pubblico.


A parte
Sugli appelli in generale, e su quelli de Il Foglio in particolare, una parola definitiva di Leonardo Sciascia (Luca Massaro).

3 commenti:

  1. Le virgole nei titoli, quando ci pare.

    (se mi posso permettere)

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  2. Si sa : i maiali sono più "uguali" delle bestie qualunque.

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