mercoledì 30 giugno 2010

È morto pure


Dalla neutra posizione di chi non ha mai provato né troppa simpatia né troppo antipatia nei confronti di Pietro Taricone, giudico esagerata tutta questa simpatia post mortem. Non è solo per l’effetto-morte, che risaputamente rende più simpatico chiunque, dev’esserci dell’altro. Se qui, contrariamente a quanto accade solitamente (fisiologicamente, direi), nessuno s’azzarda a dire: “Da vivo mi stava sul cazzo”, dev’esserci dell’altro. Ma lo dico da subito: non posso farlo io: l’ho già detto: non ho mai provato né troppa simpatia né troppo antipatia per il morto: non posso sforzarmi adesso. Anche per risparmiare energie – soffro molto l’afa – mi limiterei ad azzardare alcune ipotesi sul perché di tanta simpatia.
Ma vorrei cominciare da lontano.

Non c’è da stupirsi che qui da noi, in Italia, il personaggio pubblico venga indicato spessissimo col nome di battesimo piuttosto che col cognome: a qualsiasi livello – Alfredino, Tommy, Eluana, Rosa e Olindo, ma anche Vasco, Marco, Silvio – ci piace familiarizzare. Mai visto niente di simile sui media del resto del mondo, ma forse giro poco.
Riducendo il personaggio pubblico a persona familiare – senza far altro che tentare – pensiamo di fargli una cortesia. In realtà gliela facciamo, ma senza sapere se sia desiderata, e facendogliela pagare: da quel momento in poi, qualunque sia il segno della vicenda di cui il personaggio pubblico è protagonista, gli è riservato il trattamento che riserviamo agli intimi.
È un modo per entrare nella conoscenza delle vicende di rilievo pubblico: riduciamo lo spazio pubblico – senza far altro che tentare – ad ambiente familiare.

Venendo a noi: mai sentiti tanti “Pietro”, ora, laddove il normale “Taricone” era quasi d’obbligo, ieri. Il “Pietro” era dei fan e dei parenti, al massimo della Bignardi, ora è di tutti. È solo la morte ad aver consentito a Pietro Taricone una perfetta familiarità: nel cognome, che suonava pure da soprannome, residuavano le zone di ambiguità che scoraggiavano dall’eccessiva familiarità, sicché “Taricone”, oggi, sembra poco adeguato e, come liberato da ogni ambiguità, abbiamo “Pietro”.
Non che Pietro Taricone non ci avesse provato, anzi, poverino, ci teneva tanto, ma partiva svantaggiato, con l’essere entrato nello spazio pubblico col più ambiguo dei ruoli: la rappresentazione della naturalità, che poi fu il gioco di stare in una casa di vetro.
Probabilmente il concetto di intimità è cambiato dal Grande Fratello in poi, almeno un poco, e Pietro Taricone pare aver finalmente toccato una condizione che ci è familiare: è morto pure.

2 commenti:

  1. Ho scritto il post di oggi senza aver letto questo qua. Mi creda.
    Stia bene, un caro saluto.
    Ghino La Ganga

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  2. ieri leggendola ho adorato questa
    "Ma che so, avevo fatto tanti concorsi per entrare ovunque, in polizia, in comune, pure un provino per Nino D'Angelo. Ma l'unico posto dove m'hanno preso è stato il Grande Fratello"

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