La nota sulla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli diffusa ieri dalla Sala Stampa Vaticana viene letta un po’ da tutti come pressoché esplicita ammissione della Santa Sede che la gestione del cardinale Crescenzio Sepe non sarebbe stata in tutto accorta. Non è in discussione se lo sia stata o no, ma se nel testo vi sia questa ammissione. E io non ce la trovo.
Il passaggio che la conterrebbe sarebbe il seguente: “La Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ricava le sue risorse principalmente dalla colletta della Giornata missionaria mondiale, interamente distribuita tramite le Pontificie Opere Missionarie nazionali, e, in secondo luogo, dai redditi del proprio patrimonio finanziario ed immobiliare. Il patrimonio si è formato nel corso dei decenni grazie a numerose donazioni di benefattori di ogni ceto, che hanno inteso lasciare parte dei loro beni a servizio della causa dell’evangelizzazione. La valorizzazione di tale patrimonio è naturalmente un compito impegnativo e complesso, che si deve avvalere della consulenza di persone esperte sotto diversi profili professionali e che, come tutte le operazioni finanziarie, può essere esposto anche ad errori di valutazione e alle fluttuazioni del mercato internazionale. Cionondimeno, a testimonianza dello sforzo per una corretta gestione amministrativa e della crescente generosità dei cattolici, tale patrimonio ha continuato ad incrementarsi”.
“Può essere esposto… cionondimeno…”: fin qui, stando al testo, la possibilità di errori non si sarebbe realizzata e se ne dà il merito a una “corretta gestione amministrativa”, la stessa che fu formalmente riconosciuta al cardinale Sepe al termine del suo mandato.
E dunque dove si leggerebbe l’ammissione che Sua Eminenza abbia commesso errori?
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