Giovanni Paolo II non voleva che sulla Humanae vitae di Paolo VI restassero quei dubbi che avevano portato perfino alti prelati e qualche teologo di peso a contestarne l’autorità, sicché ne ribadì con forza i contenuti nella sua Evangelium vitae. Lo fece con tanta forza – afferma il cardinale Carlo Maria Martini (Conversazioni notturne a Gerusalemme, Mondadori 2008), citato da Paolo Rodari (Il Foglio, 25.6.2010) – che “pare avesse perfino pensato a una dichiarazione che godesse il privilegio dell’infallibilità papale”.
Ora è evidente che Sua Eminenza sia fra quanti ritengono che il Papa non parli necessariamente ex cathedra quando scrive un’enciclica. Non è mia intenzione entrare nel merito, andremmo troppo lontano da una questione che qui intendo circoscrivere a un solo punto: oltre al farci un pensierino, Giovanni Paolo II non l’ha fatto?
“Con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore, è riaffermata dalla Sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal Magistero ordinario e universale” (Evangelium vitae, 57). È azzardato leggervi un “qui sto parlando ex cathedra”?
Si dice che solo la materia dogmatica è quella data ex cathedra, ma allora come spiegare il riferimento che in chiusa alla suddetta formula rimanda ad una Costituzione dogmatica (Lumen gentium, 25)?
Ancora: cosa significa “ex cathedra” per quel Concilio Vaticano I che ha sancito il dogma dell’infallibilità papale? Significa: “Quando nell’esercizio del Suo Ufficio di pastore [l’enciclica non è un momento pastorale?] e Maestro di tutti i cristiani, con la sua somma Apostolica Autorità dichiara che una dottrina concernente la fede o la vita morale [l’aborto non vi attiene?] dev’essere considerata vincolante da tutta la Chiesa, in forza dell’assistenza divina conferitagli dal beato Pietro [Giovanni Paolo II non la richiama?], [con] quella infallibilità, della quale il divino Redentore volle munire la sua Chiesa nelle decisioni riguardanti la dottrina della fede e dei costumi” (Pastor aeternus, IV).
Giovanni Paolo II parlò ex cathedra, anche se Martini, forse inconsapevolmente, vuol darci a bere che vi abbia rinunciato, servendosi dell’inconsapevole Rodari.
paolo settimo? :-)
RispondiEliminaGrazie.
RispondiEliminaNel 1998 -Wojtyla regnante- il Prefetto Ratzinger già ribadì il carattere infallibile di questo tipo di pronunciamenti papali, e portò ad esempio proprio un punto dell'Evangelium Vitae: la condanna dell'eutanasia [Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio fidei, Congregazione per la dottrina della fede, 29 giugno 1998].
RispondiElimina"Si può anche richiamare la dottrina circa l'illiceità della eutanasia, insegnata nell'Enciclica Evangelium vitae. Confermando che l'eutanasia è «una grave violazione della legge di Dio», il Papa dichiara che «tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal magistero ordinario e universale»"
E questo era uno degli "esempi di dottrine morali insegnate come definitive dal magistero ordinario e universale della Chiesa", a cui "ogni credente, pertanto, è tenuto a prestare (...) il suo assenso fermo e definitivo, fondato sulla fede nell'assistenza dello Spirito santo al magistero della Chiesa, e sulla dottrina cattolica dell'infallibilità del magistero in queste materie.
L'infallibilità del pronunciamento circa l'aborto nella Evanglium Vitae è dunque indiscutibile. Che Martini si fotta.
Però, Malvino, questo non significa necessariamente che il polacco parlò "ex cathedra".
Sempre dallo stesso documento:
"Il magistero della Chiesa, comunque, insegna una dottrina da credere come divinamente rivelata (1º comma) o da ritenere in maniera definitiva (2º comma), con un atto definitorio oppure non definitorio. Nel caso di un atto definitorio, viene definita solennemente una verità con un pronunciamento «ex cathedra» da parte del Romano Pontefice o con l'intervento di un concilio ecumenico. Nel caso di un atto non definitorio, viene insegnata infallibilmente una dottrina dal magistero ordinario e universale dei Vescovi sparsi per il mondo in comunione con il Successore di Pietro. Tale dottrina può essere CONFERMATA o riaffermata dal Romano Pontefice, anche senza ricorrere a una definizione solenne, dichiarando esplicitamente che essa appartiene all'insegnamento del MAGISTERO ORDINARIO E UNIVERSALE come verità divinamente rivelata (1º comma) o come verità della dottrina cattolica (2º comma). Di conseguenza, quando su una dottrina non esiste un giudizio nella forma solenne di una definizione, ma questa dottrina, appartenente al patrimonio del depositum fidei, è insegnata dal magistero ordinario e universale - che include necessariamente quello del Papa -, essa allora è da intendersi come proposta infallibilmente. La dichiarazione di conferma o riaffermazione da parte del Romano Pontefice in questo caso non è un nuovo atto di dogmatizzazione, ma l'attestazione formale di una verità già posseduta e infallibilmente trasmessa dalla Chiesa."
I termini che ho evidenziato sono esattamente quelli usati nella Evangelium Vitae:
"Con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, CONFERMO che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore, è riaffermata dalla Sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal MAGISTERO ORDINARIO E UNIVERSALE."
Infallibile sì, ma non "ex cathedra". Questa la mia interpretazione.
@ écr.l'inf.
RispondiEliminaChe mi pare interessante. Il fatto è che la formula "ex cathedra" è in realtà già superata nel IV della Pastor aeternus: la usiamo - tutti - per definire un livello di comunicazione piuttosto che un suo momento. Grazie.