Tre donne intorno al cor mi son venute,
e seggonsi di fore,
ché dentro siede Amore,
lo quale è in segnoria de la mia vita...
“Tutto inizia il 29 settembre 2003, quando il premier va in tv per illustrare il suo progetto di riforma delle pensioni. Ad annunciare il suo intervento è Virginia Sanjust, 26 anni, tre lingue parlate fluentemente, e alle spalle una famiglia di attrici (la madre è Antonellina Interlenghi) e di aristocratici romani. In quei mesi Virginia, che pure è separata, dorme spesso nella grande casa di Campo de’ Fiori che il marito [Federico Armati, dipendente del Sisde] ha preso in affitto dalla Banca di Roma e dove vive loro figlio. Berlusconi appena vede Virginia in tv le invia un mazzo gigante di gardenie e rose, accompagnato da un biglietto gentile: «Un debutto storico a reti unificate evviva e complimenti». Poi la invita a colazione a Palazzo Chigi. Dopo il pranzo con Letta e Tremonti, […] il discorso scivola su soldi e lavoro. Virginia ha qualche difficoltà economica, Berlusconi però la trova professionalmente capace e bellissima. Immediatamente le annuncia l’intenzione di farla entrare tra i portavoce di Palazzo Chigi. Convoca un segretario e fa prendere gli estremi del suo curriculum. Il decreto è pronto per la firma di Letta: «Il presidente del Consiglio dei ministri [...] vista l'esigenza di avvalersi della collaborazione della signora Virginia Sanjust di Teulada in qualità di esperto, nell’ambito dell’ufficio stampa [...] decreta: è conferito l’incarico di esperto per il periodo 20 ottobre-31 dicembre 2003. […]». […] Il premier accompagna il regalo pubblico con uno privato: un bracciale di brillanti di Damiani. I problemi nascono nel febbraio del 2004, quando Il Messaggero scrive: «Berlusconi ha proposto a Virginia di diventare la donna immagine di Forza Italia». Segue un’interrogazione parlamentare e una smentita. La notizia è imprecisa. Palazzo Chigi corre comunque ai ripari. Il decreto […] viene ritirato: un autista del Cavaliere si fa consegnare da Virginia la copia in suo possesso. L'annunciatrice, d’altro canto, non ne ha più bisogno. In Rai sta facendo carriera: è stata appena promossa a conduttrice del programma Oltremoda. E anche per lo 007 le cose si sono messe bene. Il 13 novembre 2003 il Sisde lo ha promosso. Virginia, in quei mesi, vive un mondo da favola: vede spesso Berlusconi, riceve regali su regali (a volte in denaro), e per contraccambiare prepara collezioni di cd musicali per lui. La ragazza però ha un problema: è affascinata dal mondo della new age, frequenta guru e comunità pseudo-religiose sparse tra Asia, America e Italia. […] Armati non vede di buon occhio la svolta mistica dell’ex moglie, è preoccupato per il suo stato di salute e per le troppe telefonate del Cavaliere. Nega il permesso al figlio di andare con la madre in una comunità piemontese. Nel braccio di ferro però c’è una novità: Armati è sempre stato la parte forte della coppia (ha un lavoro da 4.500 euro al mese, una casa, una famiglia solida alle spalle, un padre magistrato) e ora si ritrova improvvisamente debole. La ruota gira: il 20 marzo 2006 lo 007 è trasferito dal Sisde alla Cassazione. Lo stipendio crolla a 1.700 euro al mese. Il 30 marzo 2006 deve prendere servizio alla Corte e usa i dieci giorni rimasti per reagire contro chi, forse a torto, ritiene sia il mandante del trasferimento. Il 21 e il 28 marzo incontra la moglie e le chiede di intervenire su Berlusconi perché, se non fosse rimasto ai servizi segreti, avrebbe presentato una denuncia contro di lui rivelando anche il rapporto tra il Cavaliere e la Sanjust. […] [Le dice:] «Tutto deve essere fatto entro giovedì 30 marzo perché altrimenti denuncio tutto». Berlusconi si rabbuia. […] A 24 ore dallo scadere dell’ultimatum la questione si sistema. «Nella mattinata del 29 marzo 2006 – scrive Armati – sono stato convocato dal capo del personale del Sisde il quale mi rendeva noto che era stata richiesta la mia professionalità al Cesis». […] Lo stipendio di Armati è salvo. L’onore di Berlusconi anche. […] I rapporti tra Berlusconi e Virginia Sanjust […] continuano almeno fino all’estate [2007]”.
“Silvio Berlusconi esce indenne da un altro processo: quello aperto a suo carico dal Tribunale dei ministri di Roma per «abuso d’ufficio e maltrattamenti commessi da soggetto investito di autorità» (cioè per mobbing) ai danni di un agente del Sisde, Federico Armati […] Il 26 gennaio i giudici […] hanno archiviato il caso, accogliendo le due richieste avanzate dal pm il 13 febbraio e il 6 novembre 2008. Il processo era proseguito nonostante la legge Alfano, che copre soltanto i reati contestati alle alte cariche dello Stato al di fuori dell’esercizio delle funzioni, ma non quelli «funzionali». E il Cavaliere era indagato, appunto, per aver abusato del suo potere in veste di capo del governo. Secondo i giudici, «la notizia di reato a carico del Presidente del Consiglio in carica all’epoca dei fatti, Berlusconi Silvio, deve ritenersi nel suo complesso infondata o comunque non supportata da idonei elementi atti a sostenere l’accusa in un eventuale giudizio di merito, per cui ne va disposta l’archiviazione». La motivazione, logicamente faticosa e scritta in un italiano incerto, lardellato di errori grammaticali e sintattici, dichiara dimostrata soltanto la «stretta relazione intrecciata» dal Cavaliere con Virginia, peraltro ormai stranota da quando i giornali pubblicarono la denuncia di Armati. […] [Il dispositivo di archiviazione motivava in questo modo:] i trasferimenti di Armati furono siglati da Mori, Del Mese e Letta (peraltro «delegato dal premier»), e non da Berlusconi, anche se costoro erano «in linea puramente teorica influenzabili» dal Cavaliere. […] È vero che Berlusconi visti i suoi legami con la Sanjust, poteva aver interesse ad assecondarne i capricci; ma la nuova legge sull’abuso d’ufficio gli avrebbe imposto di astenersi dal decidere sull’ex marito della donna solo «in presenza di un interesse proprio o di un proprio congiunto», appartenente alla sua «cerchia familiare, nella quale non può essere ricompresa anche la persona che, sebbene priva di legami parentali col pubblico ufficiale, abbia con quest’ultimo instaurato uno stretto legame». […] Ergo, il Tribunale dei ministri «dichiara non doversi promuovere l’azione penale nei confronti di Berlusconi Silvio»”.
“Il tuo metodo è sempre quello: buttare lì quello che può funzionare sul piano della comunicazione, e giocare sulla confusione. Del resto, cosa facevi a scuola? Eravamo al liceo «Lucrezio Caro» a Roma, nell’anno scolastico 1969/70. Tu facevi la terza liceo, io ero ai primi anni di insegnamento. Quando entrai in classe il primo giorno mi trovai di fronte 10 studenti con il distintivo di Mao. Erano del gruppo «Servire il popolo». Pensavo che da loro avrei potuto avere contestazioni, perciò concordai un programma di storia che li potesse interessare. Ma mi sbagliavo, durante l’anno questi «maoisti» si rivelarono studenti modello, mentre le difficoltà vennero da te, che eri della Fgci, se non sbaglio. Tutto per te era occasione di disturbo, ti piaceva creare confusione, paralizzare l’attività didattica. Avevi un amico del Fronte della gioventù e vi divertivate a lanciare richiami da un capo all’altro della classe: tu gridavi qualche slogan, e lui rispondeva «eia eia alalà». Ogni occasione era buona, per te, per dichiarare «corteo interno» e far uscire gli studenti dalla aule. Non hai mai studiato, per tutto l’anno, fidando su quel «capitale culturale» trasmessoti dalla famiglia. Caro Giuliano, eri così, e anche se hai cambiato campo, idee, collocazione politica, in realtà non sei cambiato. La differenza è che allora tutto era ancora possibile” (Maurizio Lichter, il manifesto, 29.1.2008).