Per mercoledì era attesa la “rivoluzione liberale”, la “frustata all’economia”, il “piano di crescita”, tutta roba che Ferrara aveva costruito come diversivo per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dal “culo flaccido” di Berlusconi. Martedì esprimevo qualche dubbio al riguardo e dicevo: “Se la rivoluzione è rimandata, è tutta colpa di Tremonti…”.
Beh, niente “frustata”, “rivoluzione” manco per il cazzo, la “crescita” non per ora: naturalmente, tutta colpa di Tremonti.
Poco male, era solo un diversivo e, d’altra parte, ne è subito pronto un altro: il mutanda-party.
Non è un caso se Berlusconi ha sempre rifiutato i consigli di Ferrara e ora gli sta affidando la cura della fatale contingenza: come inventore di diversivi, Ferrara è insuperabile.
“Il tuo metodo è sempre quello: buttare lì quello che può funzionare sul piano della comunicazione, e giocare sulla confusione. Del resto, cosa facevi a scuola? Eravamo al liceo «Lucrezio Caro» a Roma, nell’anno scolastico 1969/70. Tu facevi la terza liceo, io ero ai primi anni di insegnamento. Quando entrai in classe il primo giorno mi trovai di fronte 10 studenti con il distintivo di Mao. Erano del gruppo «Servire il popolo». Pensavo che da loro avrei potuto avere contestazioni, perciò concordai un programma di storia che li potesse interessare. Ma mi sbagliavo, durante l’anno questi «maoisti» si rivelarono studenti modello, mentre le difficoltà vennero da te, che eri della Fgci, se non sbaglio. Tutto per te era occasione di disturbo, ti piaceva creare confusione, paralizzare l’attività didattica. Avevi un amico del Fronte della gioventù e vi divertivate a lanciare richiami da un capo all’altro della classe: tu gridavi qualche slogan, e lui rispondeva «eia eia alalà». Ogni occasione era buona, per te, per dichiarare «corteo interno» e far uscire gli studenti dalla aule. Non hai mai studiato, per tutto l’anno, fidando su quel «capitale culturale» trasmessoti dalla famiglia. Caro Giuliano, eri così, e anche se hai cambiato campo, idee, collocazione politica, in realtà non sei cambiato. La differenza è che allora tutto era ancora possibile” (Maurizio Lichter, il manifesto, 29.1.2008).
Un buon impresario come Berlusconi sa riconoscere i talenti dei suoi dipendenti e valorizzarli secondo l’occasione.
"Ci saranno solo centocinquanta mutande diverse e colorate. Perché lo slogan della nostra manifestazione è: siamo in mutande, ma vivi."
RispondiEliminaTra le ospiti dell'inopinata festicciola dell'oratorio Assuntina Morresi, lei che scrive boiate su Avvenire sull'etica, la religione, i diritti civili giustamente negati e la necessità di un forte impegno cattolico, lei che difese il diritto alla "non vita" di Eluana.
Ecco, siamo in mutande, ma vivi e in caso Assuntina passa a sostituire l'elastico delle mutande a tutti, pur di lasciarli vivi in mutande.
Posso dire "che schifo queste ipocrite del cazzo"? L'ho detto.
E' tutta una scusa per vedere il perizoma della Santanchè...
RispondiEliminava bene il perizoma della Santanchè, basta che non sia la santanchè in perizoma
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